Senato Eletto o
Negletto? Dopo il
successo dell’Italicum, è questa l’ultima sfida che attende il generale Renzi.
Ed è una sfida cruciale: per lui, ma soprattutto per la democrazia italiana.
Perché, diciamolo: la nuova legge elettorale non è esattamente un elisir di
lunga vita democratica. Premia la maggioranza, però castiga la minoranza, la
spappola in tanti partitini, tutti
quelli che supereranno la piccola boa del 3 per cento. Trovandosi poi di fronte
un partitone, dato che il premio va in tasca alla lista, non alla coalizione.
Sicchè dal nostro bipolarismo imperfetto rischiamo di passare mani e piedi a un
monopartitismo perfetto, senza controlli, senza contrappesi. Da qui
l’importanza del nuovo Senato. Dopotutto, anche il bicameralismo paritario
offriva una garanzia, nel bene e nel male: quante leggi ad personam avrebbe
incassato Berlusconi, senza la diga del Senato? Se adesso ci rinunciamo, se la
seconda Camera diventa una Camera secondaria, perderemo un’altra difesa. Eppure
l’orizzonte è questo. Senatori eletti fra i propri membri dai consigli
regionali, che per giunta andranno a lavorare gratis. Chi ne avrà la
tentazione? E chi supererà la selezione? I trombati a una poltrona d’assessore,
oppure chi ha qualche conto in sospeso con le toghe. Nel nuovo Senato non ti
pagano, ma almeno non t’arrestano. (..) D’altronde è stata questa, fin da
subito, la parola d’ordine dei ri-costituenti: il Senato? Famolo strano. E via
con l’idea bislacca dei 21 senatori nominati dal Colle, l’equivalente di due
gruppi parlamentari. Via con il balletto dei numeri sui sindaci in Senato:
prima 108, poi 60, adesso 22. L’unica decisione irrevocabile era che i senatori
fossero eletti dagli eletti, non dagli elettori. Ora, però, vacilla anche
quest’ultimo proposito. Sembra che Renzi sia disponibile a concedere l’elezione
diretta del Senato, per riappacificarsi con la minoranza Pd. (..). E del resto
un Senato non elettivo costituisce la regola in Europa: funziona così in
Germania, Regno Unito, Francia, Olanda, Austria, e almeno parzialmente in
Spagna e in Belgio. Dov’è, Allora, Lo Snodo? Nelle competenze, nei poteri.
Occorre rafforzarli, perché fin qui il Senato si disegna come un organo d’alta
consulenza, una sorta di Cnel in abito da sera. Serve perciò investirlo di una
missione, d’un ruolo costituzionale. E tale ruolo non può che incidere sulle
garanzie di cui il nostro sistema si è andato impoverendo. Significa, per
esempio, dotare il Senato del potere di nomina delle authority, dei membri del
Csm, dei giudici costituzionali. Significa assegnargli un parere vincolante
sulle nomine dei dirigenti apicali dello Stato. Significa, più in generale,
attribuirgli ogni decisione sulla quale i deputati versino in conflitto
d’interessi: dalle immunità alla verifica delle elezioni, dalla legge
elettorale al finanziamento dei partiti. E significa affidargli poteri
d’inchiesta e di controllo sul governo. Ma Questa Somma di funzioni non può venire esercitata
dai consiglieri regionali, non foss’altro perché a quel punto il Senato non
sarebbe più una cinghia di collegamento fra lo Stato e le regioni. Le
competenze dipendono dalla composizione: se il Senato diventa un organo di
garanzia, dovrà ospitare persone che ci garantiscano. Ecco perciò la scelta cui
verranno chiamati i senatori, cui adesso tocca in terza lettura la riforma. E
speriamo che il Senato sia assennato.
Michele Ainis – Legge e libertà www.lespresso.it – michele.ainis@uniroma3.it -14
maggio 2015
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