Come sarà il cibo del futuro? Mangeremo microalghe? O, se ci
va proprio male, batteri e insetti? Si parlerà (ma non si degusterà) anche di
questo al Future Food District, uno dei padiglioni clou dell’Expo milanese,
6.500 mq che nascono dalla collaborazione tra l’italiana Coop e l’americano Mit
Senseable City Lab, con lo studio Carlo Ratti Associati. Ma attenzione: sarà un
vero e proprio supermercato, non un laboratorio. Oltre 1500 prodotti da
stabilimenti italiani “comunicheranno” informazioni su di sé, basterà un nostro
semplice gesto. Giù, perché in futuro potrebbero essere i prodotti stessi – la
pasta che arriva da Napoli o dalle Marche, il vino dal Piemonte o dalla Sicilia
– a raccontarci le loro storie, direttamente dagli scaffali. Potremo scoprire
tutto di una mela, garantiscono al Future Food District: l’albero da cui è
stata raccolta, i trattamenti che ha subito. E’ il possibile futuro del retail. E le alghe e gli insetti? Ci
saranno, secondo la Società Umanitaria, storica fondazione milanese già
presente all’Esposizione Universale del 1906. Perché, visto l’aumento previsto
dalla popolazione mondiale, 1,8 mq a testa per produrre il cibo necessario per
sfamare tutti saranno davvero pochi. Ci aiuteranno larve, vermi e altri insetti
(1900 specie commestibili), ricchi di fibre, acidi grassi, oligoelementi;
allevamenti così low tech da essere facilmente realizzabili anche nei paesi più
poveri. E poi batteri e micro-alghe; macchine foto sintetiche in grado di
fornire elementi nutrizionali, e di assorbire CO2 dall’atmosfera urbana. Lo
scopriremo nella piazza del FFD, dentro la Urban Algae Canopy, progettata da
ecoLogicStudio: un padiglione interattivo per la coltivazione urbana di
microalghe, prototipo di un futuro biodigitale per la città. E non è un film di
Hollywood.
Lisa Corva – News – Donna di Repubblica – 2 maggio 2015 -
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