In Wall Street: il
denaro non dorme mai, il bel seguito del leggendario primo Wall Street di
Oliver Stone, c’è un dialogo che bisognerebbe proiettare ai vertici
internazionali sull’economia. Il giovane broker preoccupato dalle voci di
dissesto della banca d’affari in cui lavora, chiede all’anziano boss: “Ma allora
falliremo?”. “Fai la domanda sbagliata, ragazzo”. “E allora qual è la domanda
giusta”. “Chi non fallirà?”. la vicenda è evidentemente ispirata al fallimento
della Lehman Brothers che nel 2008 scatenò, in maniera del tutto imprevista, la
crisi dell’economia globale nella quale ci dibattiamo ancor oggi. Ma si può
applicare per quasi tutte le storie di oggi, a cominciare dal caso della
Grecia. Non voglio entrare nel merito dei partiti pro o contro che si sono
formati intorno alla lunga e travagliata trattativa fra istituzioni europee e
nuovo governo greco. Piuttosto allargare soltanto lo sguardo. Si discute ogni
giorno, sulla stampa mondiale, del caso di un piccolo Paese con una
trascurabile economia – appena il 2 per cento del Pil europeo – che è
schiacciata da un debito pubblico di 300 miliardi, il 170 per cento del Pil
nazionale, ed è dunque considerato per questo a un passo dal fallimento. Ora,
se passiamo dal locale al globale, il caso greco non è così estremo. Il debito
pubblico del Pianeta ha sfondato ormai la soglia dei 100 miliardi di dollari,
mentre il prodotto interno loro del mondo è di soli 70 mila miliardi. Quindi il
mondo intero è indebitato oltre il 140 per cento del Pil, una soglia che
qualsiasi agenzia di rating giudicherebbe un punto di non ritorno. Dall’inizio
della crisi e anche prima, assistiamo a un altro grandioso fenomeno, di segno
del tutto opposto: un arricchimento privato senza precedenti nella storia.
Secondo il Global Wealth Report 2014 del Credit Suisse, la più attendibile
ricerca del settore, la ricchezza globale privata ha raggiunto nel 2013
l’incredibile cifra di 263 mila miliardi, più del doppio dei 117 mila miliardi
del 2000. Una crescita senza precedenti, così come non ha confronti con il
passato la concentrazione di questa ricchezza: il 41 per cento nelle mani
dell’1 per cento della popolazione: l’86 per cento detenuto dal 10 per cento; e
soltanto l’1 per cento nella metà più povera del Pianeta. Basta allora mettere
in relazione tutte queste cifre per disegnare il quadro della crisi. Una
ricchezza privata che aumenta e si concentra a una velocità mai registrata
nella storia del capitalismo, un debito pubblico che esplode ovunque e
soprattutto nelle aree più povere. Per arrivare alla domanda giusta: “Chi non
fallirà?”.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 8
maggio 2015 -
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