“La Politica E’ L’Arte di servirsi degli uomini facendo loro
intendere di servirli”. Parto da questa osservazione sagace e drammatica
dell’intellettuale svizzero Louis Dumur per raccontare ciò che sta accadendo in
India, sotto lo sguardo indifferente del resto del mondo. Il governo indiano ha
approvato un emendamento al Child Labour Prohibition Act che di fatto proibiva
il lavoro minorile a vantaggio di un percorso scolastico certo e più duraturo,
e lo ha fatto con due motivazioni sulle quali dovremmo raccogliere tempo e
approfondire. La prima è di carattere pratico: il lavoro minorile, secondo il
ministero del Lavoro indiano Bandaru Dattatreya, aiuterà le famiglie più
indigenti a uscire da una situazione di estrema povertà. Il secondo è
un’assurdità spacciata per buon senso: il lavoro minorile darà ai bambini
quello “spirito imprenditoriale” necessario nel loro futuro di lavoratori. Sul
piatto della bilancia da un lato l’istruzione e politiche di welfare su cui non
è possibile – o almeno non dovrebbe esserlo – effettuare tagli, dall’altro un impoverimento del
mercato del lavoro che si sta spacciando per necessario, anzi benefico. E se da
un lato, in un paese popoloso come l’India, dove spessissimo il lavoro minorile
non viene denunciao anzi caldeggiato, è molto difficile dare cifre, dall’altro
è pur vero che dal 2001 a oggi il numero di bambini costretti a lavorare era
notevolmente diminuito da 12,6 milioni a 4,3 milioni nel 2014 anche grazie a
una legge introdotta nel 2009 che prevede educazione obbligatoria e soprattutto
gratuita fino ai 14 anni. Ecco, l’emendamento appena approvato, va esattamente
nella direzione opposta, spostando la lancetta dei diritti umani indietro di un
decennio e soprattutto allontanando definitivamente la possibilità di
emancipazione delle classi sociali più povere – i dalit – e delle minoranze da sempre marginalizzate e costrette ai
lavori più umili. (..). Tutto Questo non dovrebbe suscitare l’interesse e
l’indignazione solo delle organizzazioni umanitarie che si occupano di
garantire i diritti dei minori, ma dovrebbe essere centrale nel dibattito
politico soprattutto delle sinistre di tutto il mondo, che hanno ormai abdicato
totalmente al loro principale compito. quello di battersi perché vi siano
ovunque condizioni di lavoro dignitose e un salario minimo garantito. La Risposta Politica unitaria a un
mercato senza regole non può essere più uno statalismo radicale e nemmeno il
controllo dei prezzi, ma un vincolo che preveda l’impossibilità di importare e
acquistare prodotti provenienti da paesi che non garantiscono salari minimi
dignitosi, che consentano il lavoro minorile. Mentre scrivo mi viene in mente
un documentario di Luigi Comencini del 1970 “I bambini e noi – La fatica” che
racconta la storia sconosciuta dei calani, bambini venduti al lavoro agricolo
per un sacco di grano a Benevento. Era una sorta di “attrazione” cittadina, ci
si riuniva nella piazza accanto al Duomo, piazza Orsini e lì,nel giorno
dell’Assunta, per secoli si è svolta la pubblica vendita di mano d’opera
agricola. A denunciare questa pratica fu per la prima volta nel 1950 un
articolo che lo descriveva come un vero e proprio mercato della carne umana.
Tutto questo ci sembra lontano, foto e frammenti di video in bianco e nero a segnare
la distanza temporale, eppure accade in un mondo che è il nostro, che è ancora
più vicino perché l’economia mondiale non è a compartimenti stagni, ma tutto
ciò accade in India ha effetti sulla nostra vita. Mancanza di democrazia in
India e lavoro minorile non pesano nel dibattito italiano. Li crediamo lontani?
Nulla di più falso: questi meccanismi sono a un passo dal ritornare nel nostro
Sud e non solo.
Roberto Saviano – L’antitaliano – www.lespresso.it – 28 maggio 2015 -
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