Siamo stati per anni il
Paese più indipendente del mondo, insieme al Brasile, dove il Berlusconi
locale, Collor de Mello, è durato assai meno. Ora l’oggettiva noia dell’offerta
televisiva, uguale a se stessa da una vita, e il soporifero allineamento
dell’informazione – per distinguere un tg dall’altro ormai bisogna guardare il logo – sono
d’aiuto a disintossicarsi. Tolti film e sport, per molti gli appuntamenti da
non perdere si riducono a pochi e per alcuni a uno solo, Crozza nel Paese delle Meraviglie: è una meraviglia vera che sia sopravissuto un
personaggio così talentuoso e intelligente, tanto da migliorare anno dopo anno,
in controtendenza rispetto alla generale perdita di idee e di senso. In Italia
si tende spesso a sottovalutare non solo e non tanto quello che siamo, ma
quello che siamo stati. Nelle polemiche sulla scuola, per dire, quasi nessuno
ha ricordato che la scuola pubblica italiana, con i suoi limiti, è stata a
lungo una delle migliori del mondo. Così si tende a dimenticare che anche la tv
italiana è stata un fattore di straordinario progresso per il Paese. Se oggi
entrambe sono decadute non è certo colpa do chi vi lavora, semmai dei continui
interventi politici. In un Paese che storicamente ha sempre avuto una finta
satira di regime, la tv pubblica, nonostante una censura occhiuta, ha
contribuito a diffondere il gusto per la libera satira delle grandi democrazie.
Fin dai tempi di Vianello e Tognazzi, poi attraverso Dario Fo e Franca Rame, e
poi il primo Roberto Benigni del leggendario Tele Vacca , le bande di Renzo Arbore fino alla tv delle ragazze e
all’Ottavo Nano di Serena Dandini,
con i fratelli Guzzanti, Neri Marcorè e tanti altri. Di tanto genio satirico
oggi Maurizio Crozza è il degno erede e al tempo stesso un grande innovatore.
Crozza non fa vecchia satira di costume, non fa tradizionale satira politica e
non usa ringare le masse. In realtà fa tutto questo insieme: si è inventato un
genere nuovo mescolando strumenti diversi, così come alcuni fra i migliori
scrittori contemporanei hanno reinventato la narrativa lavorando sui
confini fra romanzo e inchiesta
giornalistica. Le maschere di Crozza, da Razzi a Marchionne, non sono caricature
divertenti o peggio imitazioni buffe di tipi d’attualità, piuttosto autentiche
folgorazioni antropologiche, più vere dell’originale. Tanto da condizionarlo.
Alla fine sono gli imitati a inseguire l’imitatore. Perché in fondo è
l’imitazione di Crozza ad aver conferito loro un senso. E’ quasi una missione,
quella di Maurizio, riempire il vuoto della televisione e dei personaggi che la
popolano.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 22
maggio 2015 -
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