L’Italia non avrà mai una destra normale. Quella che,
con non poca enfasi, viene definita repubblicana, costituzionale, europea.
Saldamente al governo nei paesi occidentali a noi vicini. No, non cìè bisogno
di scomodare la Germania di Angela Merkel, sono tedeschi e quindi per noi
inimitabili. O gli inglesi di David Cameron, hanno una consuetudine con la
democrazia parlamentare antica di 350 anni e nessuno sulle isole britanniche si
scandalizza se il premier dà vita a un governo monocolore pur avendo preso
“solo” il 37 per cento dei voti; con il fresco Italicum qui da noi invece
bisognerà superare la soglia del 40 per evitare il ballottaggio tra le due
liste meglio piazzate, tanto per dire…Insomma basterebbe guardare alla più
latina Spagna dove Mariano Rajov mescolando rigore lacrime e sangue e riforme
spinte sta imprimendo al paese una crescita economica inimmaginabile in Italia:
quasi due punti e mezzo quest’anno. Lì, dove la dittatura – quella vera e
feroce – l’hanno subita davvero fino a 40 anni fa, non trova voce un Brunetta
toreador, urlante contro la deriva autoritaria. In Italia la destra post
berlusconiana è la caricatura di se stessa. Frantumata, inutilmente aggressiva,
senza leadership. Punita oltre i suoi demeriti, enormi, da quel quattro per
cento raccattato da Forza Italia nelle elezioni comunali di Trento, lì dove
fioriva la Biancofiore (intesa come Micaela, fedele deputata azzurra). (..)
Oggi quell’eredità avvelenata è raccolta dalla Lega di Matteo Salvini,
ambizioni nazionali ma capacità di governare al massimo il Lombardo-Veneto. E
comunque per tenere le due regioni deve affidarsi a due veterani come Roberto
Maroni, già navigato ministro dell’Interno, e Luca Zaia, dall’incancellabile
impronta democristiana. (..). Salvini Dunque si manifesta come la malattia senile
del berlusconismo. Cannibalizza quel che resta di Forza Italia, pianta
bandierine in luoghi insperati, come è accaduto nel novembre scorso alle
regionali dell’Emilia Romagna. Ma per ora, nonostante l’alleanza co il francese Front National di Marine Le Pen,
è fuori da qualsiasi prospettiva di governo prossimo futuro. Restano così in
palla i forzisti di lotta e di sottogoverno. Il già citato Renato Brunetta. O
l’onnipresente Maurizio Gasparri.(..). Finche Renzi ha tenuto in vita il patto del
Nazareno, Forza Italia ha avuto uno scopo: per condizionare il processo
riformatore del premier. Scopo annullato con il suicidio politico realizzato
dall’autoesclusione nell’elezione di Mattarella presidente. E’ talmente
evidente la confusione in quella parte del campo che “il Foglio”, versione
Claudio Cerasa, ha ripreso giorno dopo giorno a dar loro lezioni di politica.
Con scarso profitto per ora. L’assenza di una destra realmente di governo,
conservatrice e moderata sta costruendo con determinata lucidità. Viene meno un
contrappeso parlamentare rappresentato da un’opposizione alternativa al Partito
di Renzi. Sembra un paradosso, ma la destra che non c’è può rivelarsi un
problema per lo stesso inquilino di Palazzo Chigi. Incoraggia demagoghi e
populisti vecchi e nuovi. E dà spazio a quella che il segretario del Pd chiama
sprezzante la sinistra masochista. L’unica in fondo capace di rianimare il suo
contrario: la destra masochista.
Luigi Vicinanza – Editoriale www.lespresso.it
- @vicinanzal – 21 maggio 2015 -
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