A Torino è stato un derby da bomba. E non perché la Juventus
è stata sconfitta, ma per l’ordigno fatto esplodere nella curva. Quella del 26
aprile è stata un’altra domenica di guerriglia, con assalti ai pullman, sei
arresti, quindici denunce e un lungo strascico di polemiche tra presidenti di
società e vertici della Figc, pronti a beccarsi l’un l’altro ma non a trovare
una soluzione al male che soffoca lo sport più amato dagli Italiani. In cinque
anni gli stadi del nostro Paese hanno perso un milione e duecentomila
spettatori. In Germania ogni partita raccoglie in media 43 mila persone, in
Inghilterra più di 36 mila, in Spagna 27 mila mentre il pubblico della nostra
Serie A nello scorso campionato è crollato a 23 mila presenze. E’ indubbio che
l’incapacità di garantire l’ordine pubblico negli stadi e intorno agli stadi
tenga lontano le famiglie dalle tribune. Proprio dopo il ferimento letale di
Ciro Esposito il ministro dell’Interno Angelino Alfano aveva annunciato la reazione
dello Stato, con misure più incisive per proteggere la serenità dello
spettacolo e l’estensione della sicurezza anche all’area esterna degli
impianti, dove si registra il 69 per cento dei disordini. Ma tutto questo a
Torino in occasione di un evento caldo come il derby non si è visto. Così come
resta forte il cordone ombelicale tra le società e gruppi di ultrà sempre più
violenti, che sono in osmosi con vere organizzazioni criminali o formazioni
politiche estreme. Ciro Esposito è stato ricordato dalla sua fidanzata con
queste parole: “Era un ragazzo non un ultrà. Allo stadio cantava, ballava, si
divertiva. Questo era il suo tifo, l’entusiasmo per la sua squadra. Sotterrate
la violenza, basta dolore”. Un appello caduto nel vuoto.
Lirio Abbate – Tifo violento – L’Espresso – 7 maggio 2015
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