Sarebbe Certo Bello che il
Vaticano attraverso le iniziative apostoliche e altre strutture, si adoperasse
per l’accoglienza e il riconoscimento giuridico dei profughi delle tante guerre
e carestie in atto, destinati in gran parte alle vessazioni e ai rischi mortali
della migrazione forzata. Tanto più che la Santa Sede non aderisce agli accordi
di Dublino ma ha firmato la Convenzione di Ginevra. La proposta è dunque per
molteplici ragioni condivisibile, oltre che realizzabile sotto il profilo
giuridico. Ciò non toglie che, di fronte all’enorme tragedia dell’immigrazione,
non può essere solo la Chiesa a levare la propria voce. Papa Francesco è stato
finora la figura che nel modo più chiaro, forte e libero da interessi che non
siano quelli della dignità umana, si è espresso sull’inaccettabile destino di
questi fratelli, “uomini e donne come noi, in cerca della felicità”. Ma sarebbe
sbagliato, oltre che comodo, sovraccaricare la Sua figura di ogni nostra
aspettativa. Il problema dell’immigrazione è, come giustamente si dice,
epocale, a patto di riconoscere in questa parola gli enormi disastri provocati
da un modello politico-economico che ha distrutto l’idea di uguale dignità e
scavato un solco profondissimo fra la ricchezza e la povertà. Un Modello Che non
va solo corretto nei suoi meccanismi economici, ma ripensato nei suoi
presupposti culturali, pena il diventare complici delle sofferenze che produce.
Quelle morti nel deserto e in mare sono l’effetto di un generale naufragio delle
coscienze, della volontà diffusa di non vedere, di voltarci dall’altra parte,
di guardare a queste tragedie con fatalismo, rassegnazione, se non con
indifferenza e cinismo, come dimostrano l’ostilità e il riaffiorante razzismo.
Così come è effetto del vuoto della politica, di misure esitanti o piratesche,
lo sfruttamento mafioso delle speranze, il turpe traffico che garantisce alle
organizzazioni criminali ingenti profitti. In questo scenario, al di là
dell’impegno di Francesco e della Chiesa, è la politica che deve dimostrare più
coraggio, più determinazione, ma anche lungimiranza e sintonia umana col dramma
in atto. Aumentare i fondi dell’operazione “Triton” – unica misura concreta
scaturita dal vertice europeo della scorsa settimana – è un modo un po’ ambiguo
di mostrare buona volontà senza andare a fondo del problema, che non può essere
ridotto al pattugliamento delle coste e dei mari. Di fronte a drammi come
quelli dei naufragi delle speranze e della dignità, non si può usare un
linguaggio a metà fra il lessico economico e quello militare. Le persone non
sono né cifre, né problemi. Volteremo pagina solo quando prenderemo coscienza
che la nostra speranza ha proprio il volto dei profughi e degli immigrati a cui
non abbiamo ancora saputo dare un’accoglienza degna di questo nome.
Luigi Ciotti – L’esodo – L’Espresso del 7 maggio 2015 -
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