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martedì 12 maggio 2015

Lo Sapevate Che: A ognuno il suo Dio? Così si fa solo confusione...



Ho solo 17 anni, la mia cultura e la mia esperienza non sono ampie, ma una cosa devo dirla: Dio non è morto. Vive nelle persone che mi circondano, nei libri (non necessariamente di argomento cristiano) che leggo, Dio è evidente nell’arte e negli occhi della gente che come me non ha smesso di cercarlo. - Floriana D’Alessandro – florianadalessandro17@gmail.com
La dottoressa Gianotti dalla Gruber spiega che la particella di Dio è quella che ha costruito l’universo e noi stessi. Poi alla domanda se crede in Dio, risponde sì. Ma a quale Dio? Quello che ha costruito lì universo, o chi altro - luciosaorin@gmail.com
Lei dice che, dopo la “morte di Dio”, l’uomo “ha qualche chance ancora, che non può essere affidata come un tempo alla provvidenza, ma a un impegno collettivo e su vasta scala per l’educazione dell’uomo”. (..) un lieto messaggio, proclama ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista e mette in libertà gli oppressi (Luca 4,18-19)? E’ il messaggio dell’amore dell’uomo per un altro uomo.  - Vettore Lucianol.vettore12@gmail.com
Lei sostiene che se togliessimo oggi la parola Dio dai discorsi capiremmo benissimo il mondo in cui viviamo e che la religione è un evento pre-razionale. (..) e la razionalità è solo utile strumento per costruire oggetti attività che lei chiama “tecnica”? - Paolo Pasquinipaolosenior27@gmail.com
Ma come si fa a discutere di Dio con coloro che credono in Dio, se ciascuno di loro, con la parola “dio”, pensa una cosa diversa? Qui non mi riferisco al fatto che il Dio dei cristiani non è il Dio degli Ebrei o dei musulmani o degli induisti o dei taoisti – e l’elenco potrebbe proseguire per quante sono le religioni nel mondo – ma al fatto che all’interno del cristianesimo stesso ciascuno si è costruito un Dio personale che risponde alle sue esigenze psicologiche, le quali, essendo diverse da individuo a individuo, creano tanti volti di Dio quanti sono i sentimenti e i pensieri che lo riguardano. Vede Floriana, la sua lettera mi ha molto commosso per la partecipazione con cui discute di Dio, ma il suo Dio, che lei trova “nei libri che legge, nell’arte, negli occhi di chi non ha smesso di cercarlo”, le assicuro che non è il Dio della dottoressa Gianotti, che alla Gruber che l’intervistava spiegava che la “particella di Dio” è quella che ha costruito l’universo e noi stessi. E questo Dio, di cui parla l’astrofisica Fabiola Gianotti a partire dal suo sapere, non è il Dio che, “incarnandosi nel Vangelo di Gesù, annuncia ai poveri un lieto messaggio, proclama ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, mette in libertà gli oppressi”. E questo Dio, così descritto da Luciano Vettore, non è neppure il Dio di Paolo Pasquini, secondo il quale Dio è la risposta agli aspetti pre-razionali dell’uomo, molto più significativi e importanti della sua razionalità che ha messo capo alla scienza e alla tecnica. Allora di chi parliamo quando parliamo di Dio? Aristotele ci ha insegnato che è possibile discutere solo quando le parole hanno un significato univoco, ma se ciascuno con la parola “Dio” pensa quel che gli pare, su Dio non si può discutere, né vale la propria testimonianza, perché questa non testimonia nulla di Dio, ma unicamente dell’idea che ci siamo fatti di Lui o del nostro sentimento che ha bisogno di lui. E allora al silenzio di Dio non c’è altra risposta che il nostro silenzio, che forse è l’atto più rispettoso che si può avere nei confronti di questo Nome, in cui probabilmente si riflette l’essenza dell’uomo, che non si accontenta mai dell’esistente, ma è incessantemente sospinto verso una trascendenza, un superamento continuo di sé.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 9 maggio 2015

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