Ho solo 17 anni, la mia cultura e la mia esperienza non sono
ampie, ma una cosa devo dirla: Dio non è morto. Vive nelle persone che mi
circondano, nei libri (non necessariamente di argomento cristiano) che leggo,
Dio è evidente nell’arte e negli occhi della gente che come me non ha smesso di
cercarlo. - Floriana D’Alessandro – florianadalessandro17@gmail.com
La dottoressa Gianotti dalla Gruber spiega che la particella
di Dio è quella che ha costruito l’universo e noi stessi. Poi alla domanda se
crede in Dio, risponde sì. Ma a quale Dio? Quello che ha costruito lì universo,
o chi altro - luciosaorin@gmail.com
Lei dice che, dopo la “morte di Dio”, l’uomo “ha qualche
chance ancora, che non può essere affidata come un tempo alla provvidenza, ma a
un impegno collettivo e su vasta scala per l’educazione dell’uomo”. (..) un
lieto messaggio, proclama ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista e
mette in libertà gli oppressi (Luca 4,18-19)? E’ il messaggio dell’amore
dell’uomo per un altro uomo. - Vettore Luciano – l.vettore12@gmail.com
Lei sostiene che se togliessimo oggi la parola Dio dai
discorsi capiremmo benissimo il mondo in cui viviamo e che la religione è un
evento pre-razionale. (..) e la razionalità è solo utile strumento per
costruire oggetti attività che lei chiama “tecnica”? - Paolo Pasquini – paolosenior27@gmail.com
Ma come si fa a discutere di Dio con coloro che credono in
Dio, se ciascuno di loro, con la parola “dio”, pensa una cosa diversa? Qui non
mi riferisco al fatto che il Dio dei cristiani non è il Dio degli Ebrei o dei
musulmani o degli induisti o dei taoisti – e l’elenco potrebbe proseguire per
quante sono le religioni nel mondo – ma al fatto che all’interno del
cristianesimo stesso ciascuno si è costruito un Dio personale che risponde alle
sue esigenze psicologiche, le quali, essendo diverse da individuo a individuo,
creano tanti volti di Dio quanti sono i sentimenti e i pensieri che lo
riguardano. Vede Floriana, la sua lettera mi ha molto commosso per la
partecipazione con cui discute di Dio, ma il suo Dio, che lei trova “nei libri
che legge, nell’arte, negli occhi di chi non ha smesso di cercarlo”, le
assicuro che non è il Dio della dottoressa Gianotti, che alla Gruber che
l’intervistava spiegava che la “particella di Dio” è quella che ha costruito l’universo
e noi stessi. E questo Dio, di cui parla l’astrofisica Fabiola Gianotti a
partire dal suo sapere, non è il Dio che, “incarnandosi nel Vangelo di Gesù,
annuncia ai poveri un lieto messaggio, proclama ai prigionieri la liberazione e
ai ciechi la vista, mette in libertà gli oppressi”. E questo Dio, così
descritto da Luciano Vettore, non è neppure il Dio di Paolo Pasquini, secondo
il quale Dio è la risposta agli aspetti pre-razionali dell’uomo, molto più
significativi e importanti della sua razionalità che ha messo capo alla scienza
e alla tecnica. Allora di chi parliamo quando parliamo di Dio? Aristotele ci ha
insegnato che è possibile discutere solo quando le parole hanno un significato
univoco, ma se ciascuno con la parola “Dio” pensa quel che gli pare, su Dio non
si può discutere, né vale la propria testimonianza, perché questa non
testimonia nulla di Dio, ma unicamente dell’idea che ci siamo fatti di Lui o
del nostro sentimento che ha bisogno di lui. E allora al silenzio di Dio non
c’è altra risposta che il nostro silenzio, che forse è l’atto più rispettoso
che si può avere nei confronti di questo Nome, in cui probabilmente si riflette
l’essenza dell’uomo, che non si accontenta mai dell’esistente, ma è
incessantemente sospinto verso una trascendenza, un superamento continuo di sé.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 9 maggio 2015
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