Come trasformare il
male in bene: è da giorni che Matteo Renzi si arrovella su questo dilemma. Come fronteggiare la
sentenza sulle pensioni numero 70 del 2015 della Corte costituzionale firmata
dalla giudice Silvana Sciarra eletta un autunno dal Pd e dal Movimento 5 Stelle
e tramutarla in un vantaggio politico. “Una sciagura”, raccontano i renziani
nei giorni dell’incertezza. Che però può diventare il remake dell’operazione 80
euro, il film di maggior successo girato finora dal regista di Palazzo Chigi.
La pronuncia della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il blocco degli
indicizzazioni delle pensioni deciso dal governo di Mario Monti nel 2011 ha
mandato in tilt la perfetta macchina comunicativa del governo Renzi, già costretta
per la prima volta sulla difensiva dalle proteste nel mondo della scuola, tra
sindacati e insegnanti. Il buco di bilancio, con stime incerte: da cinque a
tredici miliardi di euro. Cinque milioni di pensionati che aspettano le scelte
del governo: la Corte costituzionale ha riconosciuto che il loro diritto a
conservare il potere di acquisto della pensione è stato “irragionevolmente
sacrificato in nome di eisgenze finanziarie non illustrate in dettaglio”. Il
ministero dell’Economia fa capire che non tutti i pensionati potranno essere
risarciti. E per risolvere il rebus, i tecnici di via XX Settembre pensano agli
strumenti tradizionali: spalmare gli arretrati su più anni, restituire
l’ammanco a rate, dividere i pensionati per quote, per fasce di reddito, contenere
i danni. (..) Questa volta è più difficile, perché comunque bisogna operare per
scontentare qualcuno: le fasce più alte di reddito, i pensionati che con il
vecchio metodo retributivo hanno portato a casa un reddito lontano dai
contributi effettivamente versati. Una manovra delicata, perché nell’idea di
Renzi vanno centrati due obiettivi non facili da tenere insieme: l’inevitabile
equilibrio dei conti pubblici, certo. E al tempo stesso non abbandonare il ceto
medio, il blocco sociale di riferimento conquistato un anno fa con il decreto
sugli 80 euro e con le elezioni europee, tutelare i ceti più bassi da non
consegnare alla vigilia del voto regionale all’area della rabbia o della
protesta, a Beppe Grillo e a Matteo Salvini, non inseguire soluzioni da governo
tecnico, non dimenticare mai che quello di Renzi è un governo politico che
guarda al consenso. Per questo la necessità, l’obbligo di restituire i soldi
perduti in questi re anni nei piani di Renzi va capovolta nella possibilità di
dare un segnale alla platea di chi finora era rimasto escluso dal bonus di un
anno fa. I pensionati più poveri, con pensioni inferiori ai duemila euro al
mese, cui rimborsare una cifra che potrebbe avvicinarsi ai mitici 8° euro al
mese, quasi a mantenere la promessa fatta da Renzi nel 2014, gli 80 euro anche
per i pensionati (e per le partite Iva). In un secondo momento intervenire
sulle disparità più clamorose, sulle pensioni più ricche e più lontane dai
contributi effettivamente versati. Ma per questa misura, forse, è meglio
rimandare tutto a dopo il voto regionale.
Marco Damilano – L’Espresso – 21 maggio 2015
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