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martedì 30 aprile 2019

Lo Sapevate Che: Cultura: L'area archeologica di Pompei ed Ercolano è una fotografia della società e della cultura di un momento storico che non ha equivalenti al mondo.


Pompei in particolare racchiude sotto un unico nome due città diverse tra loro. La Pompei antica, nata nel IX secolo a.C., è stata completamente sepolta dall’eruzione del Vesuvio nell’agosto del 79 d.C. Riportata alla luce nel 1748, è stata inserita nell’albo dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO nel 1997 insieme a Ercolano e Oplontis. La nuova Pompei invece, nata nel 1928 grazie all’Avvocato Beato Bartolo Longo, è la parte più moderna della città in cui l’influenza della religione cristiana si riflette in innumerevoli espressioni artistiche. 

L’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. è stata al centro di diverse opere artistiche e letterarie. Uno dei più celebri dipinti ispirati all’eruzione è Gli ultimi giorni di Pompei, dipinto tra il 1827 e 1833 del pittore russo Karl Pavlovic Brjullov e ispirato a sua volta dall’omonima opera di Giovanni Pacini.
Gli Scavi archeologici di Pompei ed Ercolano 
Famosi a livello internazionale, gli scavi di Pompei e di Ercolano sono gli unici siti archeologici al mondo in grado di restituire al visitatore una chiara descrizione di un centro abitato romano. L’intero sito archeologico deve il suo eccezionale stato di conservazione alle modalità con cui è stato sepolto. Tonnellate di ceneri, pomici e lapilli l’hanno ricoperto sotto uno strato di oltre 6 metri preservandolo dal deperimento causato dal tempo. Gli scavi hanno portato alla luce una città cristallizzata nel tempo o meglio, fissata per sempre come in un’istantanea fotografica, ad una lontana mattina del 79 d.C.
La maggior parte dei reperti ritrovati include affreschi, mosaici, statue e suppellettili di vario genere che oggi sono conservati presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. I ritrovamenti hanno permesso di comprendere meglio le abitudini alimentari, i costumi e le tradizioni di oltre duemila anni fa.
Gli scavi di Pompei sono oggi il secondo sito italiano per numero di visitatori con un’affluenza di circa due milioni di persone l’anno.

L’Anfiteatro
L’anfiteatro rappresenta una struttura unica nel suo genere nonché’ uno dei più antichi anfiteatri al mondo. Costruito intorno al 70 a.C. da Gaio Quinzio Valgo e Marco Porci , veniva utilizzato esclusivamente per giochi circensi e combattimenti tra i gladiatori. Per questo motivo si decise di costruirlo nella zona sud-est dell’antica Pompei, in modo da non intralciare la vita quotidiana della città considerando il gran numero di persone che prendeva parte agli spettacoli.
Guardando dall’esterno, la parte inferiore dell’anfiteatro è formata da archi ciechi in pietra, dove i mercanti, durante gli spettacoli, erano soliti vendere la loro mercanzia. L’accesso all’anfiteatro avveniva tramite una galleria che collegava i quattro diversi ingressi con l’interno, solo due dei quali però davano direttamente sull’arena. L’intera circonferenza dell’anfiteatro è delimitata da un parapetto alto circa due metri, un tempo decorato con affreschi, oggi andati perduti, che raffiguravano duelli tra gladiatori.

Il Foro Triangolare
Incastonato tra il mare e il fiume, il Foro faceva parte di un’area più ampia che includeva la zona dei teatri e dei templi. La struttura costituita da un porticato di novanta colonne doriche, era il cuore della città e il centro politico, economico e religioso nel quale si svolgevano dibattiti, manifestazioni e contrattazioni commerciali.

Le Ville Vesuviane de “Il Miglio d’Oro”

Le Ville Vesuviane sono un complesso di circa 123 dimore del XVIII secolo, per lo più situate sull’attuale Corso Resina, parte dell’antica via delle Calabria. Il tratto in questione è denominato il “Miglio d’oro” in virtu’ della presenza di questo patrimonio artistico unico nel suo genere. Ercolano in particolare, possiede alcuni degli esempi più belli di ville settecentesche tra cui Villa Campolieto, Villa Favorita, Villa Durante, Villa Aprile, Villa Signorini e molte altre.
La Villa dei Papiri 
La Villa dei Papiri, dalla quale fu recuperato un favoloso tesoro di sculture, è una villa sontuosa e molto ampia. Si estende infatti, per più di 250 metri parallelamente alla linea del litorale. Per l’inconsueto gusto artistico e letterario scelto del proprietario, era di per sé un vero e proprio museo d’arte. Il famoso filosofo epicureo, Filodemo, la scelse come una biblioteca per i propri scritti proprio per la sua stravagante bellezza.
Le Necropoli di Pompei 
Nel rispetto della legge romana che imponeva la costruzione dei cimiteri all’esterno delle mura della città, le Necropoli di Pompei sorgono in prossimità della porta d’ingresso della città antica. Fino ad oggi, sono state esplorate sei differenti necropoli, alcune di piccole dimensioni, altre, come quella di Porta Ercolano, di Porta Nocera e del Fondo Pacifico contenenti un maggior numero di tombe.
Il Parco Nazionale del Vesuvio 
Nato nel 1995, il Parco si sviluppa tutt’attorno al vulcano Vesuvio. Il territorio, ricco di bellezze storiche e naturalistiche, vanta una produzione agricola unica per varietà e originalità di sapori. Il Parco è stato istituito al fine di salvaguardare i valori del territorio, di applicare metodi idonei a realizzare una corretta integrazione tra uomo e ambiente, di promuovere attività di educazione ambientale e di ricerca scientifica.
La cucina
Le olive nere in agrodolce, di solito servite come antipasto nei ristoranti pompeiani, hanno un sapore molto particolare in quanto al gusto salato delle olive nere si accosta il sapore dolce della salsa che lo accompagna. Questo piatto della Pompei romana era usato prevalentemente come sistema di conservazione delle olive durante il periodo invernale. 


È un piatto molto raffinato, ottimo per le grandi occasioni e molto amato dai pompeani. Il segreto di questa ricetta un particolare procedimento di cottura in modo tale da far rimanere i polpi teneri anche dopo la cottura. L’accostamento con le mandorle tostate infine, regala un sapore unico e particolare.
  
Testimonianza storica del famoso gastronomo romano Apicio, il pane adipatus è considerato l’antenato del Tortano napoletano. Prodotto tipico della cucina pompeiana, è oggi possibile assaggiarlo solo in pochi locali specializzati nella produzione. Il pane adipatus, fatto con impasto di farina bianca, strutto e maiale, assume una forma di pagnotta circolare sulla quale sono tracciate alcune linee incrociate tra loro.

Speciale: Piatti con...proteina!...


Tarte Tatin con Frittata di Cipolle Rosse
Per 6 persone

8 uova, 2 cucchiai di farina, latte, parmigiano grattugiato, 350 gr di cipolle rosse, zucchero di canna, aceto di riso, burro, sale, pepe

Sbucciare e tagliare a spicchi sottili le cipolle.
Mettere in una padella 30 gr di burro a scaldare e passarvi le cipolle, insaporirle con sale e pepe e cuocerle a fuoco moderato per 5 minuti. Bagnarle con un bicchierino di aceto e lasciare evaporare a fuoco forte per qualche istante.
In una terrina battere le uova con sale e pepe, unire i 2 cucchiai di farina, 50 gr di parmigiano grattugiato e 4 cucchiai di latte. Mescolare bene. Spolverizzare una pirofila rotonda di circa 23 cm di diametro bene imburrato, con 2 cucchiai di zucchero di canna. Porlo con lo spargifiamma sul fuoco e farlo leggermente caramellare. Toglierlo dal fuoco e distribuire sul caramello le cipolle e lasciare raffreddare il tutto.
Versare il composto di uova preparate sulle cipolle e fare cuocere la preparazione in forno preriscaldato a 200° per 20 minuti. A cottura ultimata, sformare la tarte tatin su un piatto di portata capovolgendo la pirofila e servire subito. Delizioso!...


Mozzarella Caprese fritta
Per 4 persone

Mozzarella gr 300, pane grattugiato gr 280, farina 60 gr, pomodori a grappolo 350 gr, uova 3, una manciatina di foglie di basilico, olio evo, sale. Per accompagnare, insalata stagionale.

Tagliare la mozzarella a fette spesse mezzo cm. e metterle in un colapasta a perdere l’acqua di vegetazione.
Tagliare a fette regolari anche i pomodori.
Iniziare la composizione: alternare pomodori e mozzarella formando 4 strati e inserendo in ogni strato le foglie di basilico, lavate e asciugate. Avvolgere quindi ciascuna composizione nella carta da cucina, in modo da asciugare la residua umidità. Passare ognuna prima nella farina e poi nell’uovo sbattuto e infine nel pane grattugiato. Ripetere ancora un secondo passaggio nell’uovo e nel pane.
In una padella con olio evo in ebollizione, farle friggere da entrambi le parti e poi asciugare il grasso in eccesso su carta assorbente da cucina. Salare e servire accompagnando con insalata stagionale. Mamma mia….che delizia!


Roast Beef al forno accompagnato da Salsa Inglese
Per 6 persone

1 kg e 200 gr di taglio per roast beef o controfiletto, vino bianco secco, rosmarino, olio, sale e pepe.

Eliminate, se necessario, il grasso in eccesso, lasciando lo strato sottile più superficiale. Strofinate tutto il pezzo di carne con sale fino (ne serve almeno un cucchiaino colmo per ogni chilo di carne), quindi pepate senza eccedere. Lavate e asciugate un ramo di rosmarino, togliete le foglioline e tritatele finemente con la mezzaluna. Spargete il trito su tutta la carne.
Ungete una teglia da forno con 1 cucchiaio d’olio. Preriscaldate il forno a 240°. Infornate il roast beef. Fatelo rosolare per una decina di minuti, girandolo una volta. Abbassate la temperatura del forno a 180° e cuocete per 20 minuti. Ogni tanto bagnate la carne con il suo sugo. Se serve, unite il vino bianco.
Estraete l’arrosto e sistematelo su una griglia, con un peso sopra. Lasciatelo raffreddare. In questo modo si eliminerà il sangue rimasto nella carne. Tagliate il roast beef a fette sottili con un coltello ben affilato. Mettetelo su un piatto da portata e servitelo freddo, con un contorno di insalatina di stagione o patate. Accompagnare con la salsa Inglese che segue.


Salsa Inglese per Roast-Beef, Yorshire Pudding
Per 4 persone

115 gr di farina, 2 uova, 3 dl di latte, burro, sale.

Setacciate la farina in una ciotola, unite una presa di sale e fatevi un incavo nel centro. Sgusciatevi 2 uova, unite 3 dl di latte, amalgamate il tutto con una forchetta e fate riposare la pastella per un’ora in luogo fresco.
Versate 4 cucchiai di burro fuso caldo in uno stampo rettangolare di 25 cm per 30 e trasferitevi la pastella. Cuocete il pudding per 20 minuti in forno preriscaldato a 220°.

lunedì 29 aprile 2019

Lo Sapevate Che: Cultura in pillole: Come eliminare le formiche che entrano in casa...


Trucchi naturali e non per sbarazzarsi definitivamente di questi fastidiosi insetti

ELIMINARE LE FORMICHE
In estate oltre alle zanzare, ci sono altri insetti fastidiosi che possono tornare alla carica: sono in molti a dover eliminare le formiche dalla propria abitazione. La stanza più colpita è sicuramente la cucina, poiché qui la formica trova i residui di cibo da portare alla sua regina e alle larve nel nido. Non sottovalutate dunque anche la presenza di una singola formica! Se troverà qualcosa di dolce, tornerà alla carica seguita da una schiera di fidate compagne.
CONOSCI IL TUO NEMICO
Solitamente le formiche costruiscono nidi sotto pavimentazioni, patii, muri, vasi, prati. Sono attratte dai cibi, in particolare appiccicosi e zuccherini, facendosi strada attraverso fessure e sotto le soglie delle porte. Il primo consiglio che possiamo darvi è dunque quello di mantenere le superfici e i pavimenti puliti. Conserviamo altresì bevande e alimenti aperti in frigorifero. Evitiamo di lasciare dolci, prodotti da forno e frutta sul tavolo, anche se coperta da un tovagliolo o nella fruttiera.
PRODOTTI PER ELIMINARE LE FORMICHE 
Se, nonostante la nostra pulizia della casa, gli insetti tendono a tornare, ovviamente bisogna armarsi di prodotti specifici. Esistono vari tipi di insetticidi, spray, schiuma e gel, in commercio. Sarà bene spruzzare questi prodotti lungo le soglie delle porte e all’incrocio tra muri e pavimenti. Se abbiamo individuato il nido o il percorso della formica, bisognerà procedere a spruzzare l’insetticida anche lì. Non dimenticate anche i davanzali ed eventuali fessure, anche di areazione, sui muri. Esistono infine delle scatolette anti-formiche molto efficaci, simili a quelle utilizzate per gli scarafaggi. 
RIMEDI NATURALI
  
Per chi non volesse utilizzare insetticidi e prodotti chimici, esistono anche dei rimedi naturali per eliminare le formiche. Ad esempio, spargere in cucina, nei punti critici, bucce di cetrioli: un ortaggio che le formiche detestano. Anche la menta non è amata da questi insetti, dunque le sue foglie o delle bustine di tè aromatizzato possono essere utili. Altrettanto odiati dalle formiche sono gli aromi di caffè, cannella e aceto.

Speciale: Primi piatti con legumi e proteine!...


Zuppa di Piselli
Per 4 persone

400 gr di piselli freschi sgranati, una cipolla, 3 fette di bacon, 1 lt di brodo vegetale, 100 gr di Emmental, 40 gr di burro, sale e pepe.

Tritate finemente una cipolla e fatela dorare in una casseruola con 40 grammi di burro, unite 3 fettine di bacon tritato e dopo 5 minuti, 400 gr. di piselli e 1 lt. di brodo vegetale. Salate, pepate e cuocete per 30 minuti. Passate tutto al mixer. Spolverizzate con 100 gr. di Emmental grattugiato. Servite con crostoni di pane.


Zuppa di Pollo, Piselli e Asparagi
Per 4 persone

2 filetti di pollo, 600 gr di asparagi, 200 gr di piselli freschi (peso già sgusciato), 3 cucchiai di limone, 150 gr di conchigliette da minestrina, 1 spicchio d’aglio, 4 bicchieri di brodo vegetale (anche ottenuto col dado e a piacere con dado al pollo), olio evo, sale. Per la guarnizione foglie di cerfoglio e fette di limone. Fette di pane casareccio tostato.

Pulire e lavare gli asparagi. Eliminare la parte più dura e tagliarli a striscioline per lungo.
Far cuocere i filetti di pollo nel brodo con lo spicchio d’aglio schiacciato per 15 minuti. Aggiungere la pastina. Estrarre i filetti di pollo e tenerli da parte. Aggiungere le striscioline di asparagi nel brodo bollente e far cuocere per 5 minuti. Rimettere i filetti di pollo tagliati a piccoli tocchetti. Far bollire per 3 minuti. Unire 2 cucchiai di olio evo. Regolare di sale e pepe e unire i tre cucchiai di limone e le foglioline di cerfoglio. Mescolare delicatamente.
Servire in scodelle appoggiate su un piatto guarnito con limone a fette e cerfoglio. Accompagnare con fette di pane casareccio tostato.


Crema di Asparagi e Gamberetti
Per 4 persone

Un mazzo di asparagi da ½ kg, 250 gr di gamberetti congelati, 100 gr di panna, 750 gr di brodo vegetale, 1 scalogno, burro, sale e pepe.


Scongelare i gamberetti.
Togliere agli asparagi la parte dura, lavarli bene, tagliarli a tocchetti e rosolarli in una padella con 100 gr di burro e lo scalogno finemente affettato, per un paio di minuti. Salare, pepare e tenere da parte alcune punte di asparago. Unire la panna, farla addensare e completare aggiungendo il brodo vegetale bollente. Far cuocere per 10 minuti.
Poi frullare il tutto. Se dovesse essere troppo densa, diluire la crema con un poco di brodo. Unire ora anche i gamberetti e le punte tenute da parte. Lasciare sul fuoco ancora tre minuti e servire.

domenica 28 aprile 2019

Lo Sapevate Che: cultura: SAN GENNARO, DAL MARTIRIO AL MIRACOLO DEL SANGUE: LE COSE DA SAPERE...


È uno dei Santi più amati grazie anche alla fede calorosa dei napoletani che lo hanno eletto a patrono della città dopo averla salvata da pestilenze ed eruzioni del Vesuvio. Vescovo di Benevento, amato da cristiani e pagani, fu martirizzato sotto Diocleziano. Il miracolo della liquefazione del sangue avviene tre volte l’anno nella città partenopea


CHI ERA SAN GENNARO?
Gennaro nacque a Napoli, nella seconda metà del III secolo, e fu eletto vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani. La vicenda del suo martirio si inserisce nel contesto delle persecuzioni anti cristiane di Diocleziano. Egli conosceva il diacono Sosso (o Sossio) che guidava la comunità cristiana di Miseno e che fu incarcerato dal giudice Dragonio, proconsole della Campania. Gennaro saputo dell'arresto di Sosso, volle recarsi insieme a due compagni, Festo e Desiderio a portargli il suo conforto in carcere. Dragonio informato della sua presenza e intromissione, fece arrestare anche loro tre, provocando le proteste di Procolo, diacono di Pozzuoli e di due fedeli cristiani della stessa città, Eutiche ed Acuzio. Anche questi tre furono arrestati e condannati insieme agli altri a morire nell'anfiteatro, ancora oggi esistente, per essere sbranati dagli orsi. Ma durante i preparativi il proconsole Dragonio, si accorse che il popolo dimostrava simpatia verso i prigionieri e quindi prevedendo disordini durante i cosiddetti giochi, cambiò decisione e il 19 settembre del 305 fece decapitare i prigionieri.

  
COSA SIGNIFICA IL NOME GENNARO?
  
Assai diffuso in Campania e anche nel Sud Italia, risale al latino “Ianuarius” derivato da “Ianus”’ (Giano) il dio bifronte delle chiavi del cielo, dell’inizio dell’anno e del passaggio delle porte e delle case. Il nome era in genere attribuito ai bambini nati nel mese di gennaio “Ianuarius”, undicesimo mese dell’anno secondo il calendario romano, ma il primo dopo la riforma del II secolo d.C. Gennaro appartenne alla gens Ianuaria, perché Ianuarius che significa “consacrato al dio Ianus” non era il suo nome, che non ci è pervenuto, ma il gentilizio corrispondente al nostro cognome.

  
QUALI SONO LE FONTI DELLA SUA BIOGRAFIA?
Vi sono ben sette antichi ‘Atti’, ‘Passio’, ‘Vitae’, che parlano di Gennaro, fra i più celebri gli “Atti Bolognesi” e gli “Atti Vaticani”. Da questi documenti si apprende che Gennaro nato a Napoli (?) nella seconda metà del III secolo, fu eletto vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani per la cura, che impiegava nelle opere di carità a tutti indistintamente; si era nel primo periodo dell’impero di Diocleziano (243-313), il quale permise ai cristiani di occupare anche posti di prestigio e una certa libertà di culto.

  
COME NASCE LA TRADIZIONE DEL SANGUE DI SAN GENNARO?
  
Durante il trasporto delle reliquie di San Gennaro a Napoli, la suddetta Eusebia o altra donna, alla quale le aveva affidate prima di morire, consegnò al vescovo le due ampolline contenenti il sangue del martire; a ricordo delle tappe della solenne traslazione vennero erette due cappelle: S. Gennariello al Vomero e San Gennaro ad Antignano. Il culto per il santo vescovo si diffuse fortemente con il trascorrere del tempo, per cui fu necessario l’ampliamento della catacomba. Affreschi, iscrizioni, mosaici e dipinti, rinvenuti nel cimitero sotterraneo, dimostrano che il culto del martire era vivo sin dal V secolo, tanto è vero che molti cristiani volevano essere seppelliti accanto a lui e le loro tombe erano ornate di sue immagini. Va notato che già nel V secolo il martire Gennaro era considerato ‘santo’ secondo l’antica usanza ecclesiastica, canonizzazione poi confermata da papa Sisto V nel 1586. La tomba divenne come già detto, meta di continui pellegrinaggi per i grandi prodigi che gli venivano attribuiti; nel 472 ad esempio, in occasione di una violenta eruzione del Vesuvio, i napoletani accorsero in massa nella catacomba per chiedere la sua intercessione, iniziando così l’abitudine ad invocarlo nei terremoti e nelle eruzioni, e mentre aumentava il culto per s. Gennaro, diminuiva man mano quello per s. Agrippino vescovo, fino allora patrono della città di Napoli; dal 472 san Gennaro cominciò ad assumere il rango di patrono principale della città.


QUALI SONO LE VICENDE PRINCIPALI DELLA STORIA DELLE RELIQUIE?
Durante un’altra eruzione nel 512, fu lo stesso vescovo di Napoli, Stefano I, ad iniziare le preghiere propiziatorie; dopo fece costruire in suo onore, accanto alla basilica costantiniana di S. Restituta (prima cattedrale di Napoli), una chiesa detta Stefania, sulla quale verso la fine del secolo XIII, venne eretto il Duomo; riponendo nella cripta il cranio e la teca con le ampolle del sangue. Questa provvidenziale decisione, preservò le suddette reliquie, dal furto operato dal longobardo Sicone, che durante l’assedio di Napoli dell’831, penetrò nelle catacombe, allora fuori della cinta muraria della città, asportando le altre ossa del santo che furono portate a Benevento, sede del ducato longobardo. Le ossa restarono in questa città fino al 1156, quando vennero traslate nel santuario di Montevergine (AV), dove rimasero per tre secoli, addirittura se ne perdettero le tracce, finché durante alcuni scavi effettuati nel 1480, casualmente furono ritrovate sotto l’altare maggiore, insieme a quelle di altri santi, ma ben individuate da una lamina di piombo con il nome. Il 13 gennaio 1492, dopo interminabili discussioni e trattative con i monaci dell’abbazia verginiana, le ossa furono riportate a Napoli nel succorpo del Duomo ed unite al capo ed alle ampolle. Intanto le ossa del cranio erano state sistemate in un preziosissimo busto d’argento, opera di tre orafi provenzali, dono di Carlo II d’Angiò nel 1305, al Duomo di Napoli. Successivamente nel 1646 il busto d’argento con il cranio e le ormai famose ampolline col sangue, furono poste nella nuova artistica Cappella del Tesoro, ricca di capolavori d’arte d’ogni genere. Le ampolle erano state incastonate in una teca preziosa fatta realizzare da Roberto d’Angiò, in un periodo imprecisato del suo lungo regno (1309-1343). La teca assunse l’aspetto attuale nel XVII secolo, racchiuse fra due vetri circolari di circa dodici centimetri di diametro, vi sono le due ampolline, una più grande di forma ellittica schiacciata, ripiena per circa il 60% di sangue e quella più piccola cilindrica con solo alcune macchie rosso-brunastre sulle pareti; la liquefazione del sangue avviene solo in quella più grande. Le altre reliquie poste in un’antica anfora, sono rimaste nella cripta del Duomo, su cui s’innalza l’abside e l’altare maggiore della grande Cattedrale.


QUANDO IL SANGUE SI SCIOLSE LA PRIMA VOLTA?
  
Secondo un antico documento, è avvenuto per la prima volta nel lontano 17 agosto 1389; non è escluso, perché non documentato, che sia avvenuto anche in precedenza.

  
QUANTE VOLTE AVVIENE IL MIRACOLO DI SAN GENNARO?
Tre volte l’anno; nel primo sabato di maggio, in cui il busto ornato di preziosissimi paramenti vescovili e il reliquiario con la teca e le ampolle, vengono portati in processione, insieme ai busti d’argento dei numerosi santi compatroni di Napoli, anch’essi esposti nella suddetta Cappella del Tesoro, dal Duomo alla Basilica di S. Chiara, in ricordo della prima traslazione da Pozzuoli a Napoli, e qui dopo le rituali preghiere, avviene la liquefazione del sangue raggrumito; la seconda avviene il 19 settembre, ricorrenza della decapitazione, una volta avveniva nella Cappella del Tesoro, ma per il gran numero di fedeli, il busto e le reliquie sono oggi esposte sull’altare maggiore del Duomo, dove anche qui dopo ripetute preghiere, con la presenza del cardinale arcivescovo, autorità civili e fedeli, avviene il prodigio tra il tripudio generale. Avvenuta la liquefazione la teca sorretta dall’arcivescovo, viene mostrata quasi capovolgendola ai fedeli e al bacio dei più vicini; il sangue rimane sciolto per tutta l’ottava successiva e i fedeli sono ammessi a vedere da vicini la teca e baciarla con un prelato che la muove per far constatare la liquidità, dopo gli otto giorni viene di nuovo riposta nella nicchia e chiusa a chiave. Una terza liquefazione avviene il 16 dicembre “festa del patrocinio di s. Gennaro”, in memoria della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccata dopo le invocazioni al santo. Il prodigio così puntuale, non è sempre avvenuto, esiste un diario dei Canonici del Duomo che riporta nei secoli, anche le volte che il sangue non si è sciolto, oppure con ore e giorni di ritardo, oppure a volte è stato trovato già liquefatto quando sono state aperte
  
QUAL È IL SIGNIFICATO RELIGIOSO DEL MIRACOLO?
  
«I miracoli», ha affermato don Nicola Bux, teologo della Diocesi di Bari e consultore alle Congregazioni delle Cause dei santi, «sono uno strumento per richiamare l'uomo a principi più alti. Lo scioglimento del sangue di Gennaro non è l'unico fra i santi. Vanno citati due casi entrambi vicino Napoli. Si tratta di San Pantaleone a Ravello e San Lorenzo ad Amaseno, in provincia di Frosinone. Nell'antichità i cristiani recuperavano il sangue di chi era stato ucciso nel nome di Cristo conservandolo in ampolle. È un'abitudine che viene riferita negli “Atti dei Martiri”. E qui veniamo al significato della parola “martire”, dal greco “testimone”. In questo caso “testimone di Cristo”. Colui che ha lasciato lo uccidessero pur di non rinnegare Dio è un martire. Un testimone. Tertulliano nel III secolo dopo Cristo scrive che “Il sangue dei martiri ha una virtù particolare: è seme di nuovi cristiani”. Quindi, il rinnovarsi del miracolo di San Gennaro fa germogliare la Fede. La reversibilità, da stato solido a liquido, del sangue di Gennaro è qualcosa di vivificante».

COS'È IL TESORO DI SAN GENNARO?
Oggi custodito in un caveau di una banca, essendo ingente e preziosissimo, è l’insieme dei doni fatti al santo patrono da sovrani, nobili e quanti altri abbiano ricevuto grazie per sua intercessione, o alla loro persona e famiglia o alla città stessa. Le chiavi della nicchia, sono conservate dalla Deputazione del Tesoro di S. Gennaro, da secoli composta da nobili e illustri personaggi napoletani con a capo il sindaco della città.

Speciale: Oggi la Pasqua rumena: il menù per la giornata!


Insalata russa rumena, ricetta Rumena
Per 8 persone

4 patate grosse, 4 carote, 1 vasetto di cetriolini, 1 scatola di pisellini al naturale, ½ petto di pollo (o 400 gr di petto di tacchino, o una fetta spessa di prosciutto cotto da 250 gr.), 1 spicchio d’aglio, 1 tuorlo crudo e 3 tuorli duri, limone, senape, olio, sale.

Per guarnire 10 olive nere snocciolate, 1 cetriolo, un ciuffo di prezzemolo, 1 falda di peperone rosso e 1 giallo sott’aceto.

Lavare le verdure e farle bollire in acqua per 25 minuti, (le carote con la buccia). Pelare le carote e le patate e ridurle a piccolissimi dadini.
Scolare i cetrioli e i piselli (che vanno anche sciacquati sotto l’acqua e scolati), tagliarli a dadini. Mettere tutto in una terrina.
Fare arrosto il petto di pollo con 2 cucchiai di olio e 1 spicchio d’aglio. Lasciarlo raffreddare e tagliarlo a piccoli dadini, unirlo alle verdure, mescolando bene, unire 2 cucchiai di senape piccante e salare q.b. e mescolare bene.
In una scodella schiacciare i tuorli di uovo duri con i rebbi di una forchetta, aggiungere il tuorlo crudo e amalgamare ben. Unire ½ lt di olio a filo, succo di ½ limone, sale q.b.
Aggiungere ¾ di maionese al composto di verdure e carne mescolare accuratamente e sistemare su un piatto ovale di portata.
Ricoprire superficie e lati con la maionese e guarnire a piacere e fantasia con la a disposizione.


Sformato di frittura di Agnello, ricetta Rumena
Per 6 persone

Una frittura completa di agnello di ½ kg, un mazzo di cipollotti con la parte verde, 3 etti di erbette, 4 uova, pangrattato, olio, sale, pepe.
Lavare la frittura, pulirla dalle parti nervose e ridurla a pezzetti. Lavare i cipollotti e tagliarli finemente, con la parte verde.
Mettere 2 cucchiai di olio in una padella e fare appassire il trito di cipollotti, scolarli e metterli in una terrina. Fare soffriggere la frittura nella medesima padella di cottura dei cipollotti per 5 minuti, mescolandola. Salare e pepare.
Scottare in acqua salata bollente le erbette lavate e pulite. Strizzarle e frullarle. Aggiungerle ai cipollotti.
Frullare la frittura e unire anche questa al composto.
Battere leggermente 2 uova e un pizzico di sale, amalgamarle al composto. Mescolare bene e regolare di sale e pepe.
In una pirofila rettangolare unta di olio e spolverata di pangrattato, versare il composto, livellarlo. Sbattere le uova residue con un pizzico di sale e versarle sul composto. Mettere in forno preriscaldato a 180° per 30 minuti. Servirlo freddo nel contenitore di cottura.

VARIANTE: in mancanza di frittura di agnello, si può realizzare lo sformato usando 500 gr di fegato di vitello o maiale e gli stessi ingredienti della ricetta.


Minestra con Polpettine, Ciorba de Perisoare, ricetta Rumena
Per 6 persone

½ kg di carne per bollito, 2 carote, 2 cipolle, 1 peperone giallo o rosso, prezzemolo, polpa di pomodoro, succo di un limone, pepe macinato, peperoncino in polvere, panna, sale.

Per le polpettine: 1 scalogno, prezzemolo, 2 etti di carne tritata di vitello, 50 gr di riso crudo, 1 uovo, poco sale, pepe.
Mettere a cuocere la carne per bollito in 2 lt di acqua, in una capiente casseruola. Aggiungere le carote, le cipolle e il peperone, tagliati a pezzi piccolissimi. Salare.
Far cuocere per un’ora dolcemente a pentola coperta.
Nel mentre mettere la carne in una ciotola, unire prezzemolo e scalogno tritati finemente, l’uovo, il riso, sale e pepe, amalgamare bene.
Aggiungere alla minestra 100 gr di polpa di pomodoro, il succo del limone. Unire le polpettine, pepare, far ancora cuocere per 15 minuti, unire il prezzemolo tritato. Si serve, calda, volendo con l’aggiunta di peperoncino e panna.


Involtini di Cavolo rumeni, Sarmali ricetta Rumena
Per 6 persone

1 kg di cavolo verza, 2 etti di carne tritata di vitello, 2 etti di carne tritata di maiale, 1 etto di riso Originario, 2 cipolle, 1 carota piccola, 1 uovo, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 3 etti di passata di pomodoro, ½ lt di brodo vegetale, olio, sale, pepe.

Sfogliare il cavolo. Lavare le foglie. Portare ad ebollizione in una casseruola, abbondante acqua salata. Fare scottare le foglie per 3 minuti, poche per volta. Metterle in uno scolapasta a colare.
Preparare l’impasto: tritare finemente 1 cipolla e la carota e fare dorare il trito in una padella con 3 cucchiai d’olio, aggiungere il riso, fare insaporire e togliere dal fuoco. In una ciotola amalgamare le due carni con l’uovo leggermente battuto, un pizzico di sale e pepe. Unire il composto nel riso e amalgamare bene il tutto, regolando di sale. Togliere alle foglie di cavolo le nervature dure e riempire ciascuna foglia con un cucchiaio del ripieno, richiudendo bene le foglie ad involtino. Sistemare gli involtini in un tegame in un solo strato e coprirli con il brodo vegetale caldo, a cui avrete mescolato il passato di pomodoro. Lasciare cuocere a tegame coperto e a fuoco moderato, per mezz’ora dopo l’inizio dall’ebollizione. Servirli caldi o tiepidi (in genere accompagnati da polenta).


Pasca: Il dolce rumeno tipico pasquale
Per 6 persone

450 gr di farina, 100 gr di zucchero semolato, 125 gr di yogurt bianco intero, un uovo, 150 gr di margarina, buccia grattugiata di un limone, una bustina di lievito per dolci, un pizzico di sale.

In una terrina mettere la farina e tutti gli altri ingredienti (la margarina o se preferite il burro ammorbidito). Lavorare bene il tutto con le mani fino a formare un impasto compatto.
Ungere una pirofila rotonda con burro e sistemarvi il composto livellandolo. Fare cuore in forno preriscaldato a 180 gradi per un’ora. Sformare, lasciar raffreddare e servirlo a fette accompagnato da panna.

Caffè Rumeno, ricetta Rumena
Per 1 persona

1 tazzina d’acqua, 1 cucchiaino di zucchero, 1,1 ½ cucchiaino di caffè.

Mettere l’acqua e lo zucchero nel bricco e portare a bollore e togliere dal fuoco. Aggiungere il caffè, mescolare, coprire col coperchio e lasciare riposare qualche minuto. Versare nella tazza facendo attenzione a non mescolare per non versare la posa sul fondo.

Buona Pasqua rumena!

sabato 27 aprile 2019

Lo Sapevate Che: cultura in pillole: Carenza di ferro, i segnali allarmanti da non sottovalutare...


Palpitazioni e pelle secca sono solo alcuni dei sintomi che invitano a controllare i livelli di ferro nel sangue: i consigli di Greg Weatherhead

Spesso, quando si effettuano le analisi del sangue, si presta molta attenzione a monitorare i livelli di ferro, una sostanza fondamentale per il benessere dell’organismo. Non è raro esserne carenti: il Government’s Scientific Advisory Committee on Nutrition rivela che le donne di età compresa tra 35 e 49 anni, le ragazze tra 15 e 18 anni, i bambini tra 1 e 2 anni e gli uomini di età superiore ai 65 anni sono i soggetti più a rischio. A contribuire alla carenza di ferro, stando a quanto riporta il Daily Mail, potrebbe essere il continuo aumento di cambi di alimentazioni a favore di diete vegetariane e vegane.
Carenza di ferro, le cause
 L’aumento vertiginoso della popolarità delle diete vegane e vegetali è uno dei fattori chiave per cui sempre più persone si trovano carenti di nutrienti”- ha affermato all’Healthista il nutrizionista Greg Weatherhead. “Mentre ha i suoi vantaggi, come abbassare la pressione sanguigna e il colesterolo, l’eliminazione di interi gruppi alimentari dalla dieta elimina anche i nutrienti essenziali”. Coloro che promuovono una dieta vegana o vegetariana hanno l’obbligo di sottolineare la necessità di ovviare alla rimozione di alcuni importanti gruppi di alimenti con lintroduzione di nutrienti sostitutivi.
 Le dosi consigliate dal British Dietetic Association
 Quale sarebbe il nostro fabbisogno quotidiano di ferro? Secondo la British Dietetic Association (RDA) per le donne di età compresa tra 19 e 50 anni è di 18 mg al giorno. “Questo è l’equivalente di oltre 1,6 kg di tacchino, 24 uova o 1,2 kg di cavolo al giorno” – afferma Weatherhead. La dose sale a 27 mg durante la gravidanza. “Per gli uomini di età compresa tra 19 e 50 anni, la dose raccomandata è di 8 mg al giorno. Ovvero circa 800 g di tacchino, 11 uova o poco più di 530 g di cavolo al giorno”- ha affermato. Quali sono i sintomi allarmanti per capire se si ha a che fare con una carenza di ferro? Ecco i più frequenti.
 Sei sempre stanco
 Il ferro è risaputo, contribuisce alla riduzione di stanchezza e debolezza. Il suo compito è quello di trasportare l’ossigeno nell’organismo e, là dove le cellule e tessuti ne ricevono meno, ecco che il corpo avvisa quel senso di spossatezza a volte destabilizzante.
 Hai il fiato corto
Bassi livelli di ferro comportano un ridotto trasporto di ossigeno ai muscoli e ai tessuti. La conseguenza potrebbe tradursi in unalterata ventilazione polmonare. Soprattutto durante l’allenamento. Ma anche durante attività quotidiane come salire le scale.
 Hai la pelle o la lingua pallida
 Quando i tessuti ricevono meno ossigeno, il colore della pelle tende a diventare pallido. “Questo è dovuto ai bassi livelli di emoglobina, molecola che trasporta l’ossigeno dai polmoni.” Uno studio pubblicato nel 2010 sulla rivista PLOS One ha inoltre rivelato che il pallore della lingua può essere uno degli indici più comuni dell’anemia da carenza di ferro.
 Mal di testa e vertigini
 La mancanza di emoglobina nel sangue comporta un ridotto afflusso di ossigeno al cervello. Quindi, bassi livelli di ferro possono anche avere un impatto sulla nostra salute mentale. “Ansia, attacchi di panico, sbalzi d’umore, depressione e mancanza di concentrazione possono essere tutti sintomi dovuti a questa carenza” –  ha precisato l’esperto.
 Unghie fragili
 I bassi livelli di ferro possono rendere le unghie più fragili” – ha affermato Greg Weatherhead. Questo di solito è accompagnato da altri sintomi come stanchezza e pelle pallida. “L’anemia da carenza di ferro più grave ha un impatto più significativo sulle nostre unghie. Diventano concave, a forma di cucchiaio. Questo è un segno rivelatore di carenza di ferro” – ha precisato Weatherhead.
 Palpitazioni
 In caso di carenza di ferro, è possibile avvisare anomalie per quel che concerne il battito del cuore che, di conseguenza, ha bisogno di lavorare di più per trasportare l’ossigeno nel corpo. “Questo può portare a battiti cardiaci irregolari o veloci e persino soffi al cuore, un cuore ingrossato o in casi estremi a insufficienza cardiaca” – ha affermato Weatherhead.
 Capelli (e pelle) secchi
 A causa della carenza di ferro, la pelle e i capelli ricevono meno ossigeno dal sangue. La conseguenza? Possono diventare secchi e danneggiati. Nei casi più gravi ciò può comportare la perdita dei capelli. A quanto pare è un fenomeno frequente che, solo nel Regno Unito, colpisce circa 8 milioni di donne.