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mercoledì 31 luglio 2019

Lo Sapevate Che: Cultura: Mentiamo col sorriso: è scientifico

Creato il più grande database al mondo di espressioni mimiche facciali: ha permesso ai ricercatori di capire che faccia facciamo mentre diciamo bugie.


Nel corso degli anni sono stati fatti numerosi studi per capire se ci sono segnali gestuali o espressivi che permettano di smascherare un bugiardo. I ricercatori dell'Università di Rochester (New York) ora hanno fatto un passo in più: hanno messo assieme il più grande database di espressioni al mondo e, tra le altre cose, hanno scoperto che "naso lungo" e "gambe corte" c'entrano poco con le bugie: invece, quando le diciamo ci spunta un sorriso.


CON QUELLA FACCIA UN PO' COSÌ. Gli studiosi hanno scoperto che, statisticamente, chi è sincero, quando risponde alle domande, contrae gli occhi sforzandosi di ricordare la risposta giusta.

 Chi mente invece sfodera un finto sorriso: è il cosiddetto sorriso di Duchenne - dal nome dello studioso francese che l'ha analizzato - quello con i muscoli delle guance tirati verso i muscoli degli occhi. Finora questo sorriso è sempre stato associato a una genuina sincerità, ma i ricercatori rivelano invece che maschera subdole menzogne.

 L'INTERROGATORIO. Per lo studio hanno analizzato 1,3 milioni di frame video di diverse espressioni facciali. Tutte sono state ottenute facendo interagire coppie di individui, con uno che pone domande seguendo un protocollo e l'altro che risponde. A volte con sincerità, altre volte (su indicazione) mentendo. 
  
Gli studiosi hanno esaminato le espressioni dei candidati e le hanno catalogate, ed è in questo modo che hanno rilevato le espressioni ricorsive: al momento di mentire i volontari "indossavano" sempre la stessa espressione, sfoggiando un sorrisetto di circostanza. 
  
COL NASO CALDO. Questo significa che in futuro chi vuole dire una bugia potrà cambiare espressione e mascherare meglio la sua menzonga? Fortunatamente no: gli studiosi hanno visto che il sorriso di Duchenne è involontario: non è possibile tenerlo sotto controllo. Così come non è possibile mantenere... il naso freddo: qualche anno fa due ricercatori dell'Università di Granada avevano rilevato infatti che le bugie fanno scaldare la zona intorno al naso e quella corrispondente all'angolo interno degli occhi.
29 MAGGIO 2018 | GIULIANA ROTONDI
https://www.focus.it/comportamento/psicologia/mentiamo-col-sorriso-e-scientifico

Speciale: Menù di fine luglio!...


Frittelle di Fagiolini verdi
Per 4 persone

600 gr di fagiolini verdi, 1 cipolla, 200 gr di ricotta, parmigiano grattugiato, 2 uova, farina, burro, olio, sale, pepe.

Togliete il filo ai fagiolini, lavateli e fateli bollire in acqua bollente salata, per 20 minuti. Scolateli, tritateli.
In una padella fate imbiondire una cipolla, finemente tritata. Unite i fagiolini e lasciateli insaporire per 15 minuti.
In una terrina sbattete 2 uova con sale e 4 cucchiai di parmigiano. Una presa di pepe. Amalgamatevi 200 gr di ricotta e la farina necessaria ad ottenere un composto legato. Scaldate l’olio in una padella e versatevi il composto a cucchiaiate, rigirandole una volta. Scolatele su carta da cucina e servite ancora calde.
  

Piatto unico: Deliziosa Frittata di Spaghetti alla Napoletana
Per 6 persone

350 gr di spaghetti medi, 1 mozzarella di bufala, ½ kg di pomodori maturi, 1 piccolo cacciatorino fresco, 50 gr di parmigiano grattugiato, 3 uova, 1 spicchio d’aglio, un ciuffetto di basilico, olio, sale, pepe.

Tagliare la mozzarella a dadini e lasciarla scolare in un colino. Togliere la buccia al cacciatorino e ridurlo a tocchettini. Pelare i pomodori, ridurli a tocchetti, schiacciarli. In una padella con 3 cucchiai d’olio, far dorare l’aglio, aggiungere la polpa dei pomodori, mescolare, salare e pepare. Fare cuocere per 15 minuti e aggiungere le foglie del ciuffo di basilico, lavate e asciugate e ridotte a pezzetti con le mani. Togliere dal fuoco.
In una casseruola con abbondante acqua salata in ebollizione, far cuocere al dente gli spaghetti e scolarli. Metterli in una zuppiera e condirli con il parmigiano mischiato alle tre uova battute leggermente con un pizzico di sale. Condirli con il sugo di pomodoro e mischiare bene il tutto.
In una padella di circa 28 cm di diametro far scaldare 5 cucchiai d’olio e versarvi metà degli spaghetti conditi. Spargervi sopra i dadini di salame e mozzarella. Ricoprire il tutto con il resto della pasta, cercando di schiacciare la frittata sulla superficie con l’aiuto di un cucchiaio di legno. Far dorare la frittata da un lato, poi con l’aiuto di un piatto piano grande o di un coperchio piatto, girarla e farla cuocere anche dall’altro lato. Appoggiare la frittata su un piatto da portata e servirla subito, tagliata a spicchi.


Coppe di Pesche e Riso
Per 4 persone

130 gr di riso Carnaroli, 6 dl di latte, 140 gr di zucchero, 3 pesche mature gialle, 30 gr di burro, 1 limone, sale.

Far cuocere il riso in acqua bollente leggermente salata, scolare e metterlo in una casseruola con il latte, gr 90 di zucchero e una scorza del limone.
Fare bollire, abbassare il calore al minimo e cuocere per 20 minuti. Mescolare, togliere la scorzetta del limone e fare raffreddare.
Lavare bene le pesche senza pelarle. Tagliarle a spicchi. Metterle in una padella dove avrete fatto fondere il burro.
Cospargerle con 60 gr di zucchero, distribuire sopra alcune scorzette di limone. Cuocere per 3 minuti per parte.
Lasciare raffreddare le pesche versandole in un piatto. Versate il riso in coppe singole. Guarnire con le pesche.

martedì 30 luglio 2019

Lo Sapevate Che: Cultura: Pinocchio, il burattino-bambino


La prima puntata del racconto del pezzo di legno che doveva morire impiccato, ma è diventato bambino (a dispetto dell'autore), esce il 7 luglio 1881.
  
C'era una volta... – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
  
 

Così il 7 luglio 1881 iniziava il primo episodio della Storia di un burattino, pubblicato sul Giornale per i bambini. Era Pinocchio, il bambino di legno più famoso al mondo: ecco qualche curiosità sulla storia e il suo autore.


UN LIETO FINE NON VOLUTO. Chiuse gli occhi, aprì la bocca, stirò le gambe e, dato un grande scrollone, rimase lì come intirizzito.Questo il macabro finale inizialmente pensato da Carlo Collodi: l'autore voleva che il povero Pinocchio finisse impiccato. Le proteste dei lettori lo convinsero a cambiare idea, ma impiegò quasi due anni a scrivere il lieto fine che tutti conosciamo, secondo il quale Pinocchio si trasforma in un bambino vero.


PINOCCHIO VIOLENTO. L'impiccagione non è l'unica immagine violenta della storia. Nell'originale, Pinocchio uccide a martellate il Grillo Parlante, che però ritorna: prima come fantasma, poi vivo e vegeto (potere della fantasia!).

Pinocchio è tutt'altro che una favoletta per bambini: racchiude invece aspetti psicologici profondi, a partire dal rapporto di un "bambino-marionetta" con il padre, che gli fa fare ciò che vuole, fino alla visione generale della storia del protagonista come un viaggio alla conquista della propria umanità. Ogni personaggio ha un carattere ben definito e un ruolo importante nella vita di Pinocchio: dal Grillo Parlante "voce della coscienza", alla Fata Turchina che simboleggia il contatto con una figura femminile, alle tentazioni rappresentate dal Gatto e dalla Volpe, e dal Paese dei Balocchi.


 NASO LUNGO. Se diciamo bugie, ci si allunga il naso: questa la geniale trovata di Collodi per il suo burattino. Se l'idea della relazione bugie-lunghezza del naso è originale, non lo è quella del naso lungo: per esempio, in diversi lavori dell'illustratore e scrittore "nonsense" Edward Lear compaiono delle vignette che hanno come protagonisti nasi di taglia XXL, e in una degli uccellini utilizzano il naso di un signore come ramo dove appoggiarsi, immagine poi ripresa nel Pinocchio di Walt Disney.

 FAN VIP. Lev Tolstoj, l'autore di Guerra e Pace, rimase affascinato dal racconto di Collodi e nel 1936 decise di scriverne una sua versione in russo, intitolata La piccola chiave d'oro o Le avventure di Burattino. La trama del racconto ci fa capire che non ci troviamo nel Belpaese, ma in Russia: Burattino si ribella al padrone del teatro, provocando una rivolta popolare e facendo insorgere i "compagni" burattini. In Italia, la storia è stata pubblicata col titolo Il compagno Pinocchio.
08 LUGLIO 2019 | CHIARA GUZZONATO

Speciale: Di tutto un pò!...


Crema di Melanzane su fette di pane grigliato, ricetta Greca
Per 6 persone

2 melanzane, 1 cipollotto, un ciuffo di prezzemolo, aceto di vino bianco, olio, sale e pepe. Fette di pane grigliato.

Lavare le melanzane, bucherellarle con i rebbi di una forchetta e farle cuocere in forno preriscaldato a 190° per 40 minuti, finché risulteranno morbide.
Toglierle dal forno, farle raffreddare, privarle della buccia e dei semi interni, metterle in un colapasta, adagiarvi sopra un piatto e premerlo per far fuoriuscire l’acqua di vegetazione.
Frullare la polpa divisa a pezzetti, unendo 3 cucchiai d’aceto e un pizzico di sale e pepe. Versare il composto in una ciotola, aggiungere il cipollotto, pulito, tritato finemente, il prezzemolo lavato e tritato e infine poco alla volta, 1 dl di olio, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno.

Correzioni alla salsa:

          Si possono aggiungere 2 cucchiai di maionese
          Si può sostituire l’aceto col limone
          Si può aggiungere 1 cucchiaio di pomodoro fresco tritato fine
          Si può aggiungere 1 spicchio d’aglio tritato fine.

Da consumare con fette di pane grigliato integrale o non. Può servire anche per accompagnare carni e pesci.


Insalata di Crepes, Trevisana e Pomodori
Per 8 persone                                                                                        

250 gr di farina, 4 dl di latte, 4 uova, noce moscata, 600 gr di pomodorini sardi, 150 gr di rucola, 150 gr di radicchio di Treviso, 150 gr di songino, 200 gr di pecorino Toscano fresco, olio, aceto, sale e pepe.

Stemperate in una ciotola la farina con il latte unito poco alla volta, poi versate la pastella in una ciotola dove avrete sbattuto leggermente le uova, mescolate bene in modo da ottenere un composto omogeneo, salate, pepate, unite una grattata di noce moscata e lasciate riposare per ½ ora. In un padellino di circa 15 m di diametro, imburrato leggermente, una sola volta, versate un mestolino di pastella che ricopra per intero il fondo, cuocete la crepe da un lato per un minuto, poi giratela e cuocete ancora 1 minuto dall’altro lato.
Preparate così le altre 15 crêpes, quindi trasferitele in un piatto, impilandole e coprendole con pellicola per alimenti. Mettetele in frigorifero sino al giorno seguente. Il giorno successivo tagliate le crêpes a striscioline della larghezza di mezzo cm e mettetele in una grande ciotola dove avrete riunito i pomodorini, tagliati a spicchietti, la rucola spezzettata, il radicchio a striscioline, il songino, e il pecorino tagliato a dadini.
Condite con 10 cucchiai d’olio, sbattuti con 2 spruzzi di aceto, sale e pepe. Servite come secondo e come antipasto.


Scaloppine di Vitello alle Mandorle e Patatine fritte
Per 4 persone

12 fettine di vitello, 160 gr di mandorle sgusciate e spellate, 2 uova, farina, olio, sale.

Fare tostare in forno a 180° le mandorle, appoggiate su un foglio di carta da forno. Toglierle dal forno quando saranno dorate, lasciarle raffreddare e ridurle finemente e appoggiarle distese in un piatto piano.
Appoggiare la carne tra due fogli di pellicola e batterla leggermente. Mettere in un piatto piano la farina, battere in un piatto fondo le 2 uova. Passare le fettine di carne da entrambi le parti, prima nella farina, poi nelle uova e infine nelle mandorle tritate, premendo bene con le mani perché aderiscano alla scaloppina.
In una padella con abbondante olio in ebollizione, adagiarvi le fettine e cuocerle per 3 minuti da entrambi le parti, finché saranno dorate.
Prelevarle con un mestolo forato e farle scolare, appoggiarle su un foglio di carta da cucina a perdere l’olio in eccesso. Salarle, appoggiarle su un piatto di servizio e servirle subito calde, con patatine fritte.

lunedì 29 luglio 2019

Lo sapevate Che: Cultura: Pisa: la macabra storia della Torre del Conte Ugolino


 Nota come 'Torre della Fame', vista la tragica fine che vi fece il suo detenuto più celebre, la prigione è oggi visitabile

 Nell’immaginario collettivo la città di Pisa si associa inevitabilmente alla sua Torre pendente, ma la bella città toscana ha molto altro da offrire, mostrando aspetti meno noti, ma non meno affascinanti. Legata ad essa c’è ad esempio una delle vicende più truci e tragiche della storia italiana, resa vera e propria leggenda dalla Divina Commedia di Dante: è la storia del Conte Ugolino della Gherardesca, imprigionato in quello che oggi è divenuto il nuovo polo museale della città. La cosiddetta Torre del Conte Ugolino, situata all’interno del Palazzo dell’Orologio in Piazza dei Cavalieri, ha da poco aperto al pubblico e invita il visitatore ad osservare i resti di quella
che per secoli è stata tristemente nota come “Torre della Fame”.

 La storia del Conte Ugolino è ambientata nel 1200 in piena guerra tra Guelfi e Ghibellini: egli parteggiò per i secondi pur appartenendo ai primi, ed è per questo che Dante lo ‘incontra’ all’Inferno - nel XXXIII canto – nel girone dei traditori della patria. L’interpretazione del passo dantesco ha restituito alla credenza popolare una versione non verificata della fine del conte Ugolino, ma sicuramente la più tramandata. Catturato dalle forze militari dell’arcivescovo Ruggero degli Ubaldini, il conte fu imprigionato assieme ai figli e ai nipoti in una torre appartenente alla famiglia Gualandi, detta Torre della Muda (prima di allora veniva utilizzata per tenervi le aquile 
allevate durante il periodo di muta del piumaggio)

La presenza e la tragica fine del prigioniero tramutarono il nome dell’edificio in Torre della Fame: il conte e i suoi eredi vi morirono di inedia, condannati senza cibo né acqua. E qui si intreccia la realtà con la leggenda (o forse no?): si narra che morti di fame i figli e i nipoti, il conte Ugolino si cibò delle loro carni. Anche l’interpretazione che in molti dettero ai versi danteschi sembrava indicare per questo epilogo, tuttavia non vi sono prove certe. Fatto sta che aggiungere del macabro ad una storia già truce è una specialità del passaparola popolare, e da allora e sino ai giorni nostri questa vicenda ha fortemente impressionato l’immaginario collettivo. Diversi artisti, illustratori, scultori (Rodin, Carpeaux, Doré) ritrassero il Conte Ugolino e i suoi sventurati eredi, oppure il suo dantesco epilogo: quando Dante lo incontra nell’Inferno, egli è condannato a stare immerso in acque gelate a mordere.
Tenacemente il cranio del suo nemico arcivescovo.


  
Una tragedia storica che si intreccia con la fantasia del grande poeta, arricchendosi di narrazione popolare fino ai giorni nostri. Oggi la Torre del Conte Ugolino è inglobata dal Palazzo dell’Orologio, edificio del 1357 rinnovato nel 1600 secondo un progetto del grande architetto Giorgio Vasari. La facciata affrescata, il grande arco, le figure allegoriche che lo adornano rendono il palazzo un’ interessantissima testimonianza della storia pisana. Oggi proprietà della Normale di Pisa, che qui ha collocato la biblioteca, la torre è visitabile e ospita pregevoli edizioni di illustrazioni ed antiche edizioni della Divina Commedia ed altre opere letterarie dedicate alla leggenda del conte. 

Speciale: Di tutto un pò!...

Bruschetta Caprese
Per 4 persone

4 fette di pane casareccio o integrale, 4 pomodori maturi da insalata di grandezza media, due mozzarelle freschissime, peperoncino rosso in polvere, origano secco, olio evo, sale.

Dopo aver lavati e asciugati i pomodori, tagliarli a fettine e lo stesso fare on le mozzarelle.
Abbrustolire leggermente il pane, disporre ciascuna fetta su un piatto e ricoprirle subito con fettine di pomodoro e mozzarella, alternandole e sovrapponendole leggermente. Condire con sale, peperoncino rosso, origano e infine con l’olio evo.
Per iniziare la preparazione della bruschetta, è importante che il pane sia ben caldo.


Casatiello napoletano
Per 4 persone

gr 100 di farina, gr 150 di strutto, 25 gr di lievito; sale q.b., pepe, un cucchiaio d formaggio pecorino, salumi assortiti (salame, salsiccia secca, pancetta), 2 cucchiai di parmigiano

In una terrina impastare la farina con 30 gr di strutto, il lievito sciolto in 100 gr di acqua tiepida, una presa dì sale e altra acqua q.b., facendo attenzione che l’impasto non risulti morbido. Lavorare con forza per 10 minuti e lasciare levitare in luogo tiepido coprendo la terrina con un canovaccio da cucina.
Dopo un’ora e mezza mettere l’impasto su una spianatoia e con le mani spalmatelo con cura con una noce di strutto, cospargendo la pasta con un pizzico di pepe e parmigiano. Ripiegare in due la pasta, ungere la parte superiore con altro strutto. Unire il parmigiano e il pecorino mescolati con il pepe, quindi i salumi tutti. Piegare, spanare e ungere di nuovo. Ungere una pirofila rotonda e disporre l’impasto accavallandone le due estremità e facendole bene aderire fra di loro formando una ciambella. Lasciare lievitare ancora 3 ore. Quindi inserire in 4 punti 4 uova, coprendole con un po' d‘impasto, in modo che si formi un segno di croce sulle uova. Infornarla forno tiepido e cuocere a calore medio per circa un’ora.


Minestra di Fagioli freschi e Patate con Crostoni di pane al rosmarino
Per 6 persone

800 gr di fagioli freschi sgranati, 4 patate, 1 spicchio d’aglio, un ciuffo di prezzemolo, un ciuffo di basilico e di menta, 30 gr di lardo, olio, sale e pepe. Pane casareccio, 2 rametti di rosmarino, olio evo.

Tritate il lardo e mettetelo in una pentola con 1 lt d’acqua, unite i fagioli e lessateli per un’ora. Unitevi uno spicchio d’aglio non pelato, le patate pelate e tagliate a cubetti, e tutti i mazzetti di odori legati insieme. Mescolate, salate e pepate. Fate cuocere ancora per 30 minuti. Eliminate l’aglio e gli aromi, condite con 3 cucchiai d’olio e servite accompagnando con i crostoni ricavati dal pane, unti con poche gocce di olio evo e qualche ago di rosmarino.

domenica 28 luglio 2019

Lo Sapevate Che: Cultura: Il processo di Norimberga: testimonianze, sentenze ed esecuzioni...



Storia del processo di Norimberga completa di testimonianze, sentenza, condanne ed esecuzioni del primo processo mediatico della storia
 Perché si decide di fare il processo di Norimberga

Durante il periodo finale della Seconda Guerra mondiale, le potenze alleate (Usa, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica) cominciarono a pensare che fosse necessaria l’istituzione di un Tribunale militare internazionale per punire i nazisti accusati di crimini di guerra, di crimini contro la pace e soprattutto contro l’umanità.    
A volerlo furono specialmente gli Stati Uniti i quali, nella primavera del 1945 dopo la morte di Franklin Delano Roosevelt e la fresca nomina di Herry Truman come nuovo presidente, avevano più che mai la necessità di giustificare all’opinione pubblica il sacrificio dei quattrocentomila soldati caduti nelle numerose battaglie oltreoceano.  
In quel momento così drammatico era necessario dimostrare agli americani, in primo luogo, che il conflitto bellico aveva avuto un senso profondo: la battaglia del bene contro il male assoluto. Anche per questo motivo il processo andava fatto in tempi stretti.  
Come scrisse in seguito un membro americano dell’accusa: “Lo scopo del processo di Norimberga non era semplicemente condannare i leader della Germania nazista. La cosa più importante, almeno così mi sembrò, era tenere traccia per i posteri di ciò che aveva fatto il regime di Hitler”.    
  
Processo di Norimberga: le testimonianze

Il processo di Norimberga contro gli ufficiali nazisti che si svolse tra il novembre del 1945 e l’ottobre del 1946 è probabilmente il processo più famoso della storia. Vinta la guerra, non restava che processare i responsabili che a partire dal 1939 avevano spinto prima l’Europa, e poi il mondo intero, in un abisso di terrore.   
Nel frattempo erano morti i principali protagonisti della lotta politica e militare degli ultimi anni: il presidente degli Stati Uniti Roosevelt, i due dittatori alleati Hitler e Mussolini, e anche il braccio destro del Führer Joseph Goebbels. A maggio una commissione affidò l’incarico di istituire il processo al procuratore generale degli Stati Uniti Robert H. Jackson.  
Ma mentre il governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, quello provvisorio della Repubblica francese, gli Stati Uniti e il governo dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche discutevano di diritti umani, crimini di guerra, ponendo le basi per una nuova legge internazionale che si ponesse come fine ultimo “mai più orrori”, durante i primi giorni di agosto in Giappone venivano sganciate due bombe atomiche, prima ad Hiroshima e poi a Nagasaki. Queste furono le premesse al processo di Norimberga che comincerà a novembre, all’insegna di un nuovo incubo, quello atomico.  
I bombardamentimatomici di Hiroshima e Nagasaki segnarono di fatto l'epilogo della Seconda Guerra Mondiale. Il 6 agosto 1945 l'aeronautica militare statunitense sganciò la prima bomba atomica "Little Boy" sulla città giapponese di Hiroshima, e la seconda “Fat man” tre giorni dopo su Nagasaki. Circa duecentomila persone morirono durante le esplosioni o in seguito ad esse. 


Il processo di Norimberga e la questione etico giuridica

I processi si tennero in Germania nel Palazzo di Giustizia di Norimberga (Nürnberg), l’unica corte tedesca abbastanza grande da poter contenere l’evento e che non fosse stata distrutta dai bombardamenti alleati. Sin da subito vennero a galla molte questioni di natura giuridica, etica e morale.
Ai giudici venivano poste domande del tipo: bisognava organizzare un solo processo o tanti processi? Chi andava processato: soli i capi nazisti o anche i membri minori del Terzo Reich? Inoltre, dal momento in cui agli imputati non sarebbe stato permesso di ricorrere in appello rispetto alla decisione dei giudici, qualcuno accusò di imparzialità l’amministrazione della legge. 
Lo fece l’avvocato difensore di GoeringOtto Stahmer, che accusò di imparzialità la corte e invocò il principio del diritto romano che recitava: “Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali”, ovverosia faceva appello all’impossibilità di considerare reati comportamenti che, al momento in cui sono avvenuti, erano perfettamente leciti in quanto non vietati da alcuna norma. 
L'obiezione fu respinta poiché i giudici considerarono i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e i crimini contro la pacecome violazione di leggi internazionali già esistenti
La maggior parte dei protagonisti del processo ritenne che, vista la particolarità del contesto, gli imputati non avessero il diritto di trovarsi davanti una giuria neutrale. Gli sarebbe stato concesso solo il diritto di avere sentenze equeseguendo il principio secondo cui “un ladro non può lamentarsi di essere giudicato da una giuria di cittadini onesti”.  


Un processo lungo un anno

Il primo e più famoso dei processi tenutisi a Norimberga (già scenario dei trionfi hitleriani immortalati da Leni Riefenstahl e teatro dei vari Raduni) fu quello contro i principali criminali di guerra
Ventiquattro tra i più importanti capi nazisti catturati nei mesi precedenti dovettero rispondere di numerosi capi d’accusa, tra cui: origini, programma e dottrina del Partito nazista; sfruttamento delle forze del lavoro nei campi di concentramento; persecuzione degli ebrei; violazioni del diritto internazionale; delitti contro l’umanità; responsabilità personali.  
I principali accusati furono Hermann Goeringinnanzitutto, e poi Rudolf HessJoachim von RibbentroppRobert LeyWilhelm KeitelJulius StreicherErnst KaltenbrunnerAlfred RosenbergHans FrankWilhelm Frick. Altri nomi saranno aggiunti, soprattutto per volontà inglese. Fra questi spicca quello di Albert Speer, architetto del Reich e poi ministro degli armamenti.  
Ci sarà anche il processo contro i dottori, accusati di aver partecipato in un disegno comune al fine di commettere e perpetrare crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Per la maggior parte di loro scattò la condanna a morte. 
A più di 400 spettatori fu permesso di assistere alle udienze ogni giorno per un anno, insieme a giornalisti e corrispondenti esteri provenienti da 23 diversi paesi per un totale di 325 tra giornali, radio e agenzie di stampa. Questi giornalisti offrirono a milioni di persone un posto nell’aula del tribunale. 

Consapevoli di avere lo sguardo del mondo su di loro, gli ideatori di questa innovativa corte internazionaledecisero volutamente di mettere insieme e a disposizione di tutti i documenti sugli impressionanti crimini commessi dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, compreso il periodo dell’Olocausto.  



Il processo di Norimberga e le nuove prove: immagini e filmati

Le innumerevoli prove presentate a Norimberga posero in effetti le fondamenta per ciò che sappiamo oggi sull’Olocausto. Le circa 3mila tonnellate di carta contenenti documenti e registri, ritenuti oggi fondamentali per una piena comprensione della cosiddetta “soluzione finale”, dimostrarono lo sviluppo di una strategia legata al genocidio. 

Ma le prove storiche raccolte a Norimberga non derivarono solamente da documenti cartacei. Anche — se non soprattutto — le riprese cinematografiche realizzate dalla stessa Germania nazista furono usate come prove dei crimini compiuti. Fin dai primi vagiti del partito nazista, infatti, molti fotografi e cineoperatori registrarono (spesso con orgoglio) ciò che era riuscita a perseguire la loro ideologia. 
Su tutti non bisogna ovviamente dimenticare opere come Il trionfo della volontà e Olympia. Molto importanti furono anche le riprese effettuate da una speciale troupe di registi americani — John Huston, John Ford, William Wyler, George Stevens e Frank Capra —, le quali servirono poi come testimonianze dirette del male perpetrato
Formato  appositamente un reparto speciale per le ricerche di materiale propagandistico, un’unità dei servizi segreti col nome di Office of Strategic Services (OSS) — che presto sarebbe diventata la CIA — fece arrestare anche la regista Leni Riefenstahl con l’accusa di essere stata una «material witness».   
Dopo la visione dei suoi filmati, quando le luci si riaccesero nell’aula del Palazzo di Giustizia, tutta l’assemblea rimase in silenzio. L’impatto umano di prove visibilmente tangibili fu un punto di svolta per l’intero processo: portò nell’aula le atrocità di massa. Ancora prima che fossero comunicati i verdetti, la corte aveva offerto un servizio pubblico senza precedenti e un antidoto per il futuro negazionismo. 



Il nazismo e la Banalità del male

Nel 1960 i servizi segreti israeliani rapiscono in Argentina il burocrate nazista Adolf Eichmann,ex colonnello delle SS. Un anno dopo comincia il suo processo a Gerusalemme. L’evento in sé ha un valore storico: lo Stato d’Israele, nato nel 1948, si colloca a livello internazionale come paese alleato delle potenze occidentali.    
Israele in tal modo si conferma, al pari delle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, uno Stato sovrano che può condurre un processo di portata internazionale, dunque il criminale deve essere portato per la prima volta davanti a un tribunale composto interamente da ebrei e da loro processato.  
Anche per questo motivo il processo verrà trasmesso in televisione. Israele vuole che sia trattato al pari di un evento di portata internazionale (così come lo sarà tra qualche anno lo sbarco sulla Luna), uno spettacolo che deve entrare negli occhi degli spettatori e non solo nella loro coscienza. 
In quegli stessi giorni, la scrittrice tedesca di nome Hannah Arendt, di origine ebraica, decide di seguire da vicino il processo e scriverne dei lunghi articoli per il New Yorker. L’intero malloppo, diviso poi in cinque parti, diventerà un libro di grande successo dal titolo Eichmann in Jerusalem. A Report on the banality of the Evil, tradotto e pubblicato in Italia da Feltrinelli con una fortunata inversione di titolo La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme.   

Questa disputa intellettuale, questo saggio ponderoso e rivoluzionario diventerà una delle letture più necessarie per comprendere il nazismoe sarà destinata a modificare in modo radicale i termini del discorso pubblico sulla deportazione e lo sterminio degli ebrei d’Europa


Sentenze e condanne a morte nel processo di Norimberga

Il 1° ottobre del 1946 viene emessa la prima sentenza del processo di Norimberga, una sentenza di condanna a morte per 10 gerarchi nazisti. Nonostante il processo duri dal 20 novembre del 1945 all’ottobre del 1946, proseguirà fino alla fine degli anni ’40 con processi secondari che coinvolgono personaggi di importanza minore. I condannati a morte del processo di Norimbergacon la sentenza del 1° ottobre sono riportati di seguito. 
Hermann Goring, il numero due del Terzo Reich, avrebbe dovuto prendere il posto di Hitlerqualora questo fosse morto. Sfuggì all’impiccagione ingerendo prima una capsula di cianuro ma fu comunque impiccato da morto il giorno dopo. Robert Ley si suicidò in cella prima dell'inizio del processo. Era un fedelissimo di Hitler e probabilmente il processo avrebbe condannato a morte anche lui.  
Joachim von Ribbentrop fu il primo ad essere impiccato. Era stato il ministro degli esteri della Germania nazista ed i suoi accordi diplomatici erano serviti anche a deportare gli ebrei verso i lager nazisti. Wilhelm Keitel fu il secondo a morire per impiccagione. Era a capo del comando supremo delle forze armate e anche lui fedelissimo di Hitler. Chiese di poter morire fucilato ma la sua richiesta fu respinta. 
Ernst Kaltenbrunner è stato il terzo impiccato. Era responsabile degli Einsatzgruppen, le unità specializzate nello sterminio veloce di ebrei, zingari e di chi non si allineava alle idee del nazismo. Alfred Rosenberg fu il quarto a morire per impiccagione. Era il teorizzatore del razzismo, si occupo' della questione ebraica ed ebbe un ruolo fondamentale nel portare a compimento lo sterminio di massa. Dichiarò di non pentirsi delle sue azioni e che le sue teorie erano state interpretate male.  
Hans Frank era stato l'avvocato del nazismo, governatore della Polonia e responsabile della morte di milioni di ebrei polacchi. La sua fu la quinta impiccagione. Wilhelm Frick è stato il sesto ad essere impiccato. Da ministro dell'Interno aveva esteso le leggi razziali contro gli ebrei. Julius Streicher, il settimo ad essere impiccato, faceva propaganda contro la razza ebraica e istigava all'odio razziale.
Fritz Sauckel si era reso responsabile del trasferimento di 5 milioni di ebrei nei campi di sterminio. Nonostante si sia sempre professato innocente contro ogni evidenza, fu l'ottavo ad essere impiccato.  

Quella di Alfred Jodl è stata la nona impiccagione. Aveva avuto un ruolo di primo piano nell'Oberkommando der Wehrmacht, il comando supremo delle forze armate tedesche.  Arthur Seyss-Inquart fu l'ultimo ad essere impiccato. Era stato un politico austriaco e commissario dei Paesi Bassi che avrebbe dovuto convertire al nazismo. Il programma fallì e a questo seguirono saccheggi e persecuzioni. I cadaveri dei gerarchi nazisti sono stati tutti cremati e le ceneri disperse nel fiume Conwents   

“Io non credo che possa esistere qualche processo di pensiero senza esperienze personali”
Hannah Arendt

A cura di Francesco Gallo.