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giovedì 21 maggio 2015

Lo Sapevate Che: Dottori in fuga: la guida in rete per lavorare all'estero...



Milano. Camici bianchi in fuga dall’Italia si incontrano sul social network. Doctor in fuga, oltre17 mila iscritti, è il primo gruppo nato su Facebook (nel 2010) e ricolto ai giovani laureati in medicina o già specializzati che hanno deciso di fare le valigie perché in Italia non trovano un posto. Nel2011, poi, è stata la volta del sito web, dove le discussioni sono divise per categorie (legislazioni; Gran Bretagna; Germania; esperienze e racconti). Tante le domande: come sbrigare le pratiche per cambiare Paese, cosa fare per ottenere il certificato professionale, consigli sugli ospedali universitari straniere, tipo di contratti offerti, corsi di lingua e stili di vita. L’idea è venuta a Davide Conti, 33 anni, che cinque anni fa è andato fino in Nuova Zelanda per specializzarsi in Neurologia. “poca meritocrazia e troppa influenza politica nelle decisioni accademiche” sono i motivi che lo hanno spinto a partire. Nella community vengono pubblicate almeno dieci richieste di aiuto al giorno (e centinaia di commenti). Regno Unito, Germania, Svizzera, Francia, Austria e Paesi scandinavi sono le mete privilegiate in Europa. Poi Stati Uniti per la ricerca e Australia. “Le richieste di iscrizione aumentano, anche da parte di over 50 licenziati da cliniche private in crisi”, spiega uno degli amministratori del gruppo online. I medici che hanno chiesto al ministero della Salute di essere trasferiti all’estero si sono sestuplicati in cinque anni: erano 396 nel 2009, sono 2.365 nel 2014. Dietro al grande esodo c’è il gap tra il numero di laureati, dodicimila l’anno scorso, e i contratti di formazione messi a disposizione dal Miur e dalle Regioni: 5.5oo. Guardie mediche, sostituzioni di medicina generale sono i lavori precari che toccano ai settemila rimasti fuori dal Sistema Sanitario nazionale.”Ma se non entriamo non abbiamo un futuro sottolinea Giulia Bartalucci, 29 anni, presidente di Federspecializzandi. “Un altro problema è la scarsa qualità del percorso formativo in corsia: spesso mancano i tutor; nessuno ti valuta, ti affidano un paziente e ti lasciano solo”. Suo marito, di 31 anni, è stato assunto a Londra come medico d’urgenza. “Ho intenzione di raggiungerlo. Là ti prendono a chiamata, non serve un concorso come da noi”.
Chiara Daina – Il Venerdì di Repubblica – 15 maggio 2015 -

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