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sabato 9 maggio 2015

Lo Sapevate Che: I giovani in cerca di lavoro sono troppo schizzinosi? Errore: lo sono troppo poco...



L’anziano avventore del bar del Gianicolo dove vado a fare colazione è davvero scandalizzato dalla notizia di questi giovani sfaticati che in tempi di crisi dura hanno rifiutato uno stipendio di 1.300 euro per lavorare all’Expo. Mi chiede sconsolato come andremo a finire. Malissimo, provo a spiegargli perché ormai la guerra dei clic su internet ha distrutto il giornalismo serio. La notizia è una bufala, una delle tante in rete che hanno successo perché confermano i luoghi comuni diffusi, e quindi arrivano subito ai telegiornali e sono commentate al volo dai moralisti un tanto al chilo. Aldo Grasso per esempio. Prima che si capisca che, appunto, si tratta di bufale. Contratti alla mano, i giovani sfaticati e choosy hanno poi dimostrato che il compenso offerto per sei mesi all’Expo era di 500 euro al mese, compresi sabati e domeniche, senza vitto e senza abbonamento ai mezzi pubblici per arrivare sul posto di lavoro, e quindi hanno rinunciato in realtà a un guadagno di circa 150 euro, che diviso trenta fa 5 euro al giorno, molto meno del salario minimo orario in Germania (8,5 euro).All’anziano avventore, come ai moralisti e a un sacco di gente, piace però credere che i giovani italiani siano disoccupati per mancanza di voglia di lavorare. E’ dunque perfettamente inutile controbattere con dati seri, citare magari il fatto che l’Italia è uno dei Paesi più condannati per il precariato giovanile, in violazione delle norme, dalle corti di giustizia europee. Tutte storie. Il problema dei giovani in Italia è al contrario che sono troppo poco schizzinosi. Accettano lavori pessimi, contratti irregolari, stipendi da fame, non pretendono di fare un lavoro adeguato al livello di studio. In un divertente film, Smetto quando voglio, i giovani si presentano agli annunci simulando un eloquio sgrammaticato per non farsi scoprire laureati. Ma se una nazione ricca e in teoria moderna come l’Italia non riesce a dare lavoro neppure ai pochissimi laureati che produce, il problema non è loro, ma di tutti noi. Significa che abbiamo una struttura industriale vecchia e logora e che nella competizione globale, dove la conoscenza è la prima ricchezza, siamo destinati a finire ai margini. Un Paese che forma ricercatori, medici, ingegneri ed economisti per mandarli a lavorare all’estero e offre agli altri soltanto lavoretti fieristici, come hostess o centralinisti dei call center, è già finito. Forse sarebbe il caso di discutere di questo invece di aspettarsi una ripresina autunnale grazie al prezzo del petrolio, o il cambio col dollaro. Una ripresina che certo non i restituirà il 25 per cento della produzione industriale scomparsa negli ultimi sette anni.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 1 maggio 2015

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