Ogni Classe Dirigente degna di questo nome si è sempre
qualificata per l’interesse primario per il processo formativo. La sua qualità
non solo sta alla base dell’energia innovativa e della mobilità sociale di un
Paese, ma del suo stesso ethos, nel senso più concreto e nient’affatto
“moralistico” del termine: riconoscimento della propria storia, capacità di
pensare un proprio, specifico destino, modalità nel rapportarsi alle altre
culture. Nulla caratterizza più profondamente la crisi della politica italiana
degli anni ?70 a oggi dei modi in cui il problema complessivo della scuola è
stato affrontato, meglio, ignorato. La “Sinistra” Ha Perduto proprio qui, dopo
il “68, la sua occasione storica per diventare riformista davvero. Meccanismi
selettivi del corpo docente dichiaratamente anti-meritocratici, corporativismo
sindacale, proliferazione campanilista di corsi e sede universitarie, sono
stati in gran parte farina del suo sacco. Ai clamorosi errori della politica per
la scuola della “sinistra” ha risposto l’interesse zero della “destra” e dei
“poteri forti” per ogni forma di impegno sul processo formativo nel suo
insieme. Cultura e scuola è dove “si può tagliare – e “tanto mio figlio lo
mando a studiare in America”. Ripeto: una classe dirigente così
“ontologicamente” ignorante sulla centralità della scuola può soltanto mandare
un Paese allo sfascio.(..). Sul Carro
Del Vincitore sono saliti, come è anche naturale, molti esimi professori,
gratificati da incarichi di sotto-potere, consulenze, amicizie, ministeriali,
attraverso i quali determinare criteri di valutazione, offerte didattiche,
meccanismi concorsuali. Burocrati e cultori di astratti metodologismi, le
inamovibili potenze dei ministeri romani e gli scientifici inventori di calcoli
per ridurre urbi ed orbi a numero qualità e produttività di didattica e
ricerca, si osno dati appassionatamente la mano.(..). E Ai Suoi Docenti, che la mandano avanti tra difficoltà inenarrabili, la prima delle quali
è certamente la mancanza di ogni riconoscimento del loro ruolo. Le forme di
selezione della classe docente sono cambiate di continuo, nella confusione più
totale. L’unica cosa immodificabile sono le condizioni economiche in cui essa
dovrebbe non solo impegnarsi al massimo nella sua missione educativa, ma
continuare a leggere, aggiornarsi, partecipare attivamente al confronto
culturale. Potrà mai una classe politica detenere oltre che un fuggevole
potere, anche vera autorità senza un vitale rapporto con chi è chiamato a formare
i giovani? La storia direbbe di no- ma noi siamo creativi anche in questo. Per Coprire Il Proprio Vuoto progettuale, la politica inventa, allora, la leggenda della
“neutralità”, di una “tecnica” formativa non condizionata da scelte di
“valore”. Non esiste, invece, scuola “neutrale”. Un processo formativo funziona
se è guidato da un’idea di quello che un popolo, un Paese vuole essere. Non
esiste scuola come mera trasmissione di saperi. Una vera scuola non “informa”,
ma comunica un futuro. L’educazione diviene una praticaccia se non esprime una
“causa finale”. La scuola anarchico-burocratica che abbiamo “costruito” da due
generazioni in qua un’idea, tuttavia, la esprime, coerente alla propria natura:
l’assoluto centralismo. Tutto a piramide, da centro a centro: dall’Alto
Dirigente di Viale Trastevere adesso anche al Preside. E gli altri
a”partecipare”, perché altrimenti che democrazia è?
Massimo Cacciari – Parole nel vuoto www.lespresso.it – 21 maggio 2015
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