Mattina di fine estate,
cinquant’anni fa: svoltando l’angolo di casa mia quasi ci scontrammo e fu una
pugnalata al cuore. La domenica scoprii che era legato a Qualcuno molto più
esigente di una donna. Il volontariato ci accumunò per lungo tempo,
all’appartenenza in un modo del tutto formale. Lo amai disperatamente, guardandolo da lontano,
celando a tutti, e soprattutto a lui, questo sentimento per proteggere la sua
integrità, la sua vocazione, per non turbare la sua mente e il suo cuore.
L’amicizia seguito al volontariato ci permise di sentirci e di incontrarci.
Realizzai di non poter continuare a vivere un’illusione adolescenziale così
dolorosa e mutilata affettivamente, solo per rimanere fedele all’Amore.
Desideravo fortemente una famiglia, dei figli, un marito che mi amasse. In
parte l’ho avuta: un marito che mi ha amato fino a quando non ha avuto più
bisogno di un’infermiera per sua madre e due figli meravigliosi, uno purtroppo
volato via a 11anni per leucemia. Ma lui c’era sempre, nascosto in fondo al
cuore. Forse per questo sono riuscita a non impazzire. Trascorsero quarant’anni
prima di scoprire quasi per caso che questo sentimento era reciproco da sempre.
Il primo abbraccio, il primo timido bacio con l’emozione di una
diciassettenne!. Per rispetto alle nostre scelte tutto rimase sempre nei
confini casti di affettuosità e piccole tenerezze, con la gioia di ritrovarsi,
raramente purtroppo. Ho superato i 65 anni, lui sfiora gli 84. I suoi occhi
sono belli e sereni, i capelli argentei e radi. Io appesantita dagli anni e
dalla vita ho ancora il batticuore quando si profila l’occasione per rivederlo.
Ho “perdonato” Dio perché ho compreso che le pesanti rinunce che la sua scelta
gli ha imposto hanno permesso a molti di apprezzare il suo grande carisma di
educatore, confidente spirituale, consolatore. E la necessaria libertà. E spero
che Dio perdoni me per quel poco che gli ho rubato, sempre che ci sia qualcosa
da perdonare in un amore che ha dovuto e voluto rimanere poco più che platonico
anche se infinitamente dolce. Lettera
firmata
E’ vero, un sacerdote è un uomo, quindi si può perdere la
testa per lui, non basta una tonaca per togliergli ogni possibile attrattiva.
Comunque la sua non è una storia di cinquant’anni fa, ma almeno di un secolo
fa, l’amore proibito e non consumato che non finisce mai anche se la vita va
avanti. Oggi a disposizione ci sono tanti uomini, liberi o no, fa lo stesso, e
se mai ci si incapriccia di un prete, capita che qualcuno sia meno casto del
necessario. Certo il suo incrollabile amore per decenni, sarebbe ammirevole, se
non l’avesse tradito sposandosi, e soprattutto tradendo col cuore sin dal primo
giorno il marito, immagino ignaro dei suoi sentimenti verso un altro uomo.
Nulla lei dice del marito (non l’ama ma è tuttora con lei, se ne è andato, se
ne è andata lei?), e lei ultrasessantenne e il suo innamorato ultraottantenne
finalmente flirtate. Come adolescenti. Perché? Se avete scoperto di amarvi,
perché non vi amate? Perché non avete più l’età (ma lo sappiamo tutti che
l’amore non ha età) o per non “peccare”? Mi scuserà, ma io non riesco a
considerarla un’eroina dell’amore. E questa storia non mi entusiasma.
Natalia Aspesi – Questioni di cuore – Il Venerdì di Repubblica
-22 maggio 2015
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