C’è Sorpresa, e forse un po’ di delusione, chissà,
dietro i silenzi assai poco mediatici di Sergio Mattarella, presidente della
Repubblica da appena due mesi, tre settimane e qualche giorno. Su tutto
prevalgono per ora, le sfumature di grigio, peraltro assai inferiori alle
proverbiali cinquanta, e la voglia di starsene per quanto possibile
defilato.(..). Chi lo conosce bene non si sorprende, né pretende qualcosa che
il Nostro non è, piuttosto va a caccia di dettagli che facciano capire il ruolo
che si è dato e quanto peserà nelle scelte chiavi: uomo normale; moderato che
non alza mai la voce (Marcello Sorgi); siciliano muto (Francesco Merlo), monaco
appartato (Filippo Ceccarelli); uomo invisibile (Marco Damiliano). In verità,
zitto zitto non è stato. Parla con parsimonia, quando è necessario, meglio se
nelle occasioni costituzionali, meglio ancora se sotto forma di messaggio
formale o di lettera, lontano dai riflettori. Comunque privilegiando i temi
istituzionali e i grandi princìpi. Appena proclamato presidente, ha parlato
alle Camere riunite per una mezz’ora scarsa, e con chi dopo gli chiedeva
qualche riflessione in più, ha tagliato corto: “Il pensiero va soprattutto e
anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. E’
sufficiente questo”. E la Politica Politicante? Questo presidente non se ne occupa?
In due sole occasioni, per ora: una volta in prima persona (28 marzo), con
un’intervista molto ufficiale al “Figaro”, spezzando una lancia a favore delle
riforme (“indispensabili”); un’altra volta, invece, su un tema più spinoso, la
legge elettorale e la possibilità che si arrivi a un voto di fiducia, ha voluto
che fossero i suoi uffici a dire (15 aprile) che il presidente lascerà fare al
Parlamento, ma che il ricorso alla fiducia sarebbe comunque una decisione
politica dirompente. Moral suasion. Certo, al debutto la cautela è d’obbligo:
si prende possesso di carte e uffici, si saggia il terreno, ci si muove
studiando le reazioni. Poi c’è la tradizione. Da che Quirinale è Quirinale, non
c’è stata elezione in cui i leader politici non abbiano cercato il candidato
giusto nelle seconde file, tra le riserve della Repubblica, meglio se privi di
truppe, lobby e correnti alle spalle. Con l’idea non tanto mascherata di
dirgli: tu vai là, fai l’arbitro e non t’impicciare. E però non c’è stato
presidente che dopo un po’ – sette anni sono lunghi – non si sia preso qualche
libertà poco notarile:si pensa subito a Cossiga e a Pertini, ciascuno a modo
suo, lo hanno fatto anche Gronchi e Segni, Leone e Ciampi, Scalfaro e
Napolitano. Lo Farà anche Mattarella? la sua biografia testimonia che quando
erano in discussione valori di fondo ha saputo prendere decisioni scomode anche
per se stesso. E questo ci rassicura. Ma forse, dietro la prudenza c’è anche
l’attesa per quello che succederà. La legge elettorale con il premio di
maggioranza e la riforma che priverà il Senato della doppia lettura dei
provvedimenti di legge offriranno al premier-leader poteri che nessuno ha mai avuto,
e ridurranno quelli del Parlamento finora interlocutore, spesso in contrasto,
del governo. Se nella Prima Repubblica il Capo dello Stato arbitrava tra l’uno
e l’altro, che farà nella Repubblica di Renzi? Osserverà in silenzio o frenerà
eventuali eccessi del capo del governo? Si ha l’impressione che presto
Mattarella comincerà a parlare un po’ di più…
Bruno Manfellotto – Questa settimana - www.lespresso.it
@bmanfellotto – 30 aprile 2015
Nessun commento:
Posta un commento