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sabato 10 gennaio 2015

Lo Sapevate Che: Sentire i sapori è questione di naso. E di testa....



La sensazione del sapore è tra le più pervasive. Il che non sorprende, legata com’è alla fondamentale attività del nutrirsi. Quando la fame si fa sentire e una pietanza è a portata di mano, e di bocca,diventa difficile ignorare il richiamo del palato. Ma tutto, o quasi, parte dal naso. Già, perché la percezione dei sapori è prima di tutto una questione di olfatto. “Provate ad assaporare una caramella con il naso tappato, non sentirete proprio nulla. Aprite il naso e la vostra mente sarà invasa dal sapore” fa notare Gordon Shephered, neuro scienziato dell’Università di Yale, autore di All’origine del gusto. La nuova scienza della neurogastronomia (..). Il gusto è però anche questione di testa. “Al solo pensiero del cibo, ancor prima di iniziare a mangiarlo, nel nostro cervello si attiva una rete naturale non solo le vie sensoriali, ma anche le aree legate alla motivazione, alla memoria e alle emozioni che esse suscitano” spiega Shepherd. Infatti, continua “il sapore coinvolge il cervello molto più di ogni altra esperienza sensoriale”.  E’una delle poche sensazioni, insieme al dolore, che può accedere direttamente alle parti più antiche ed emotive del nostro cervello, l’ippocampo e la corteccia orbito frontale. E questo spiega le emozioni forti e il riaffiorare di ricordi perduti. Ma, d’altra parte, la percezione di un sapore coinvolge anche la funzione superiore del linguaggio. “Quando siete a tavola, davanti al vostro piatto preferito e tentate di spiegare a , a parità di ricetta e di ingredienti, distingue quella pasta da quella che vi cucinava la vostra nonna. Ed esso è così potente da intervenire addirittura nella stessa percezione. Shepherd ridimensiona così definitivamente il ruolo delle papille gustative, che sono certamente connesse al talamo, la nostra porta per tutte le percezioni coscienti, ma da sole non sono in grado di farci percepire alcunché. Il nostro rapporto con il cibo è frutto di una perfetta orchestrazione neurale di delicati processi sensoriali e cognitivi. Ma c’è di più. Lo studio di come il nostro cervello percepisce e analizza i sapori può darci una mano per affrontare i disturbi alimentari. “Sono molte le somiglianze tra il cervello di chi desidera ardentemente mangiare e quello di chi ha sviluppato una dipendenza da sostanze psicoattive. Nora Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse americano, ha suggerito uno schema specifico secondo cui nei tossicodipendenti le parti del cervello coinvolte nella motivazione, nel controllo cognitivo, nella vividezza sensoriale e nella memoria sono le stesse coinvolte nei disturbi di dipendenza alimentare” spiega Shepherd. “Capire sempre meglio questi meccanismi aiuterà gli scienziati anche nel trattamento dei disturbi alimentari e per la promozione di un’alimentazione sana, nonostante i bombardamenti dell’industria alimentare e dei suoi messaggi pubblicitari”.
Nicia Panciera – Il Venerdì di Repubblica – 2 gennaio 2015 -

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