Un giorno le Borse europee precipitano sotto l’incubo del
cosiddetto Grexit, l’uscita della Grecia dell’euro. Il giorno dopo recuperano
qualcosa perché Mario Draghi manda a dire che l’ora fatidica degli acquisti di
titoli da parte della Bce sempre più prossima. Il terzo giorno il ciclo,
caotico e sussultorio, ricomincia da capo. Sono ormai non poche settimane che
si va avanti così in un clima di diffuso smarrimento non solo dei mercati
azionari ma dell’economia europea nel suo complesso. Smarrimento che non sembra
però dovuto soltanto a un nevrotico alternarsi di paure e di speranze, ma anche
a letture distorte irrazionali degli eventi temuti ovvero auspicati. Specchio
inesorabile delle incertezze seminate a piene mani da una irresolutezza
politica delle istituzioni europee dinanzi alle sfide aperte che, col vano
trascorrere del tempo, assomiglia sempre di più a una drammatica inadeguatezza.
Si Prenda Il Caso Della Grecia. Certo che è terribile la
prospettiva di un’uscita di Atene dall’euro perché verrebbe infranto un vincolo
ritenuto irrevocabile con minaccia di innescare un effetto domino su altri
paesi in difficoltà. Ma questa è anche un’ottica monoculare di guardare al
problema, dettata dall’ideologia dominante di chi non vuole accettare alcuna
alternativa politica rispetto a quella di un mero approccio contabile ai guai
della crisi. (..). Attenzione, quindi, a come ci si guarda intorno: la Grecia
non è la Luna, ma è il dito che indica la Luna. Un indice accusatorio contro
una strategia economica unilaterale e ottusa che – come i medicastri del
Seicento – prescrive crescenti dosi di salassi monetari a paesi già deboli e
infiacchiti. Con il bel risultato, oggi sotto gli occhi di tutti, di un’Europa
a crescita prossima allo zero, alla mercé di una deflazione distruttiva degli
investimenti e così sempre più avvitata verso il basso dalla spirale depressiva
dei consumi. Quanto Alle Ricorrenti speranze negli interventi monetari della
Bce, anche qui occorre sgombrare il campo da letture euforizzanti. (..). Il
prossimo 22 gennaio ci sarà la riunione decisiva per il via alla così tanto
promessa iniziativa di acquisti di titoli sul mercato, bond sovrani compresi.
Intanto c’è da chiedersi se questa bevanda non arrivi un po’ troppo tardi per
rimediare all’arsura diffusa nel deserto economico europeo. Poi occorrerà
valutare quantità e modalità dell’intervento: nodi essenziali sui quali i
sacerdoti del rigore minacciano di far pesare fino in fondo la loro
ristrettezza mentale. Borse e mercati hanno già fatto capire che l’ipotesi dei
500 miliardi viene considerata insufficiente e imbelle al fine di rianimare il
malato. Se poi l’acquisto di titoli sovrani dovesse essere realizzato
scaricandone il rischio sulle banche centrali dei paesi interessati, saremmo
alla tipica partita di giro. L’effetto delusione sui mercati sarebbe assicurata
e lo smarrimento generale aggravato dalla perdita delle ultime speranze di una
svolta nella politica dell’Unione. Il serpente della crisi europea – ahinoi –
continuerebbe a mordersi la coda.
Massimo Riva – Avviso ai naviganti – L’Espresso – 22 gennaio
2015 -
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