Oltre alla qualità e quantità di cibo, un fattore importante
per chi vuole dimagrire e potrebbe essere….l’orologio. Uno studio recente
pubblicato su Pnas da un team di ricercatori del Salk Istitute for Biological
Studies di San Diego, in California, riporta i benefici che sarebbero propri
della cosiddetta “dieta intermittente” (che però lascia perplessi molti
nutrizionisti). E’una dieta che può assumere due forme: alternare giorni in cui
si mangia normalmente a giorni in cui si assumono al massimo 500 calorie, con
il weekend a pasti normali, oppure riservarsi un certo numero di ore durante il
giorno in cui non si mangia niente. Per esempio, suggeriscono i ricercatori
guidati da Satchidananda Panda, si possono evitare la colazione e il pranzo per
2-3 giorni alla settimana. Questo approccio parte dalla considerazione che
l’attuale standard di tre pasti al giorno è innaturale per il nostro
metabolismo, che si è evoluto in condizioni di insicurezza alimentare e quindi
si autoregolerebbe al meglio in situazioni simili. Satchidananda Panda ha
sottoposto due gruppi di topi a una dieta composta al 60 per cento da grassi,
paragonabile a una dieta da fast-food. Uno dei due gruppi poteva nutrirsi a
piacimento, l’altro gruppo, per farlo, aveva solo una finestra di otto ore al
giorno. Dopo vento giorni, i topi del primo gruppo erano diventati obesi, con
alti valori di colesterolo e glucosio nel sangue. I topi del secondo gruppo,
invece, pesavano il 28 per cento in meno degli altri e non mostravano problemi
di salute. Altri due studi pubblicati sull’ultimo numero di Cell Metabolism
vanno nella stessa direzione, e indicano
che restringere l’accesso al cibo a un periodo tra 8 e 12 ore al giorno,
piuttosto che essere liberi di nutrirsi ogni volta che si desidera, può
prevenire e far regredire non solo l’obesità ma anche combattere il diabete di
tipo 2. Gli studi effettuati sui topi, indicano come fattore chiave per
ottenere il risultato l’equilibrio dei
batteri intestinali. Il microbioma dell’intestino è molto dinamico, e subisce
fluttuazioni, durante il giorno, nelle proporzioni tra i diversi tipi di
batteri. L’obesità derivante da eccessi alimentari, secondo i ricercatori,
scombinerebbe le fluttuazioni cicliche tra le diverse popolazioni di batteri.
Restringere l’accesso al cibo a un ridotto numero di ore durante il giorno
permetterebbe invece di rimetterle a punto e ottimizzare il metabolismo.
Giuliano Aluffi – Il
Venerdì di Repubblica – 2 gennaio 2015 -
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