Comincia l’anno nuovo e, com’è tradizione, si formulano
auspici, si stilano classifiche di desideri, si snocciolano cataloghi di buoni
proponimenti. (..). 1) Non vorremmo più che il lavoro fosse dimenticato,
umiliato, sottopagato. O che se ne parlasse ancora solo per farne facile
strumento di disputa ideologica. Il lavoro non è solo il cuore del primo
articolo della Costituzione, è l’indicatore più affidabile dello stato di
salute dell’economia e della democrazia di un Paese.(..). 2) Non vorremmo più
vedere blitz della Finanza sulla neve, eclatanti annunci di evasori totali
assicurati alla giustizia (tributaria), minacce di indagini a campione sulle
partite Iva. Non servono a niente. I blitz sono una tantum per definizione e
gli evasori beccati patteggiano un decimo di quanto devono. Intanto, per dirla
all’ingrosso, metà dei contribuenti paga le tasse – e pensioni e sanità – anche
per l’altra metà, e per questo la
pressione fiscale non cala, anzi aumenta. Così com’è, il sistema non può
reggere a lungo. (..) . 3) Accomiatandosi dagli italiani, Giorgio
Napolitano ha usato un linguaggio
insolitamente drammatico: “Dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo
della nostra società”. Vero, la corruzione minaccia ogni angolo della vita
pubblica. Ma non vorremmo più che il compito di fare piazza pulita fosse ancora
ipocriticamente tutto delegato ai pm, o caricato sulle spalle del solo Raffaele
Cantone. (..). 4) Non vorremmo più vedere i bagarini davanti al Colosseo o ai
Musei Vaticani, e non come piccolo atto di giustizia e di pulizia, ma come
segnale che lo Stato ha ripreso a occuparsi del suo patrimonio culturale finora
abbandonato, svilito, ammuffito. 5) Non vorremmo più che gli italiani
affidassero le loro speranze per il futuro oggi a uomini della provvidenza,
domani a cavalieri del vaffa, piuttosto pretendessero dagli uni e dagli altri
di misurarsi con le ragioni del governo e della protesta, e con la complessità
dei problemi e delle soluzioni.(..). 6) Vorremmo poi che finisse la
giaculatoria del “si vota tra un mese, tra due, entro l’anno”. C’è la crisi e
il Paese vuole stabilità e governi che governino. Renzi che si dice in sintonia
col Paese, dovrebbe saperlo. 7) Non vorremmo più sentire le facili tirate
antitedesche – tutta colpa della Merkel!m- e nemmeno vedere il corpaccione
germanico percorso da fremiti antieuropei (..). 8) Non vorremmo più ascoltare
la stanca litania della supremazia del tecnico sul politico o della società
civile su quella parlamentare e dei partiti, perché gli uni e gli altri allo
stesso modo hanno dato di sé ottima o pessima prova: vedi Mose o Mafia
Capitale: 9) Non vorremmo più sentir chiedere se il prossimo Presidente della
Repubblica debba essere o no all’altezza del predecessore. Ma che domanda è?
Piuttosto: Matteo Renzi avrà il coraggio di puntare su un candidato che dia di
nuovo speranza alla politica, autorevole, capace di impegnarsi in quella
“missione nazionale” che lo stesso Napolitano auspica per la salvezza del Paese
dalla crisi e dalla corruzione, o si preoccuperà solo che non oscuri la sua
premiership? E’ un passaggio decisivo. Per il Paese. Ma anche per Renzi. 10)
Infine non vorremmo più leggere di cambio di passo, velocità, ritmo. uffa.
Tutto già gioiosamente digerito. Adesso vorremmo vedere dove siamo arrivati
correndo, e soprattutto dove stiamo andando. Anche se di corsa.
Twitter@bmanfellotto – Bruno Manfellotto – Questa
settimana. L’Espresso – 15 gennaio 2015 -
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