Da 4 centimetri a 40 metri in poco più di 400 anni. Un modo
brutale e certo impreciso, ma efficace per misurare l’aumento della capacità
umana di fare astronomia, da Galileo Galilei a oggi. La notizia è che i 14 Paesi
dell’Europa della astronomia, da Galileo Galilei a oggi. La notizia è che i 14
Paesi dell’Europa della astronomia hanno appena approvato all’unanimità, dalla
Germania all’Italia al Portogallo, la costruzione dello Extremely Large
Telescope, che avrà un diametro di quasi 40 metri e sarà posto nel deserto di
Atacama, in Cile. E’ un posto incredibile: buio, con aria secca di montagna
(piove 20 volte meno del Sahara) e dove le stelle sono così brillanti che ti
fanno l’ombra sul muro. Per l’Europa, bisognerà inventare e costruire un’ottica
grande più di un campo da basket, lavorata a meno di un millesimo di
millimetro, ma che sappia anche adattarsi in modo intelligente alle condizioni
del momento, cambiando sottilmente forma per correggere distorsioni e turbolenze.
Poi una struttura metallica capace di sostenerla, e di puntarla in giro per il
cielo, sotto una capsula apribile che terrebbe dentro il Duomo di Milano, il
tutto montato su una costruzione che deve resistere a venti fino a 200 Km/ora e
terremoti fino all’ottavo grado, perché dopo tutto siamo nelle Ande. Ma il
bello viene dentro, con gli strumenti che rivelano e studiano i fotoni, cioè la
luce catturata e portata ai fuochi dello specchione, che è capace di rivelare
perfino i fari dell’automobile di un marziano o distinguere i colori del
tramonto nell’atmosfera di un pianeta fuori dal Sistema Solare. Pensare gli
strumenti è la specialità dei ricercatori di Inaf e degli altri colleghi
europei. Ma costruire strumenti, e soprattutto il telescopio, sfruttando le
idee impossibili degli astronomi, farà fare un balzo avanti nella capacità di
innovazione tecnologica della nostra industria. Che ha già una bella tradizione
nel campo, soprattutto in Italia, dalla meccanica all’ottica all’elettronica.
Elt costerà un miliardo all’Europa e durerà decine di anni dopo la “prima
luce”, nel 2024 (speriamo….). Ma le ricadute di innovazione, occupazione
pregiata e nuove commesse per l’industria italiana verranno molto prima e
saranno il miglior modo di ripagare l’investimento nella ricerca. (Presidente
dell’Istituto Nazionale di Astrofisica).
Giovanni Bignami – Astrobusiness – L’Espresso – 15 gennaio
2015 -
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