Supplente o supplì? Sfogliamo i vocabolari: la prima parola
evoca un personaggio pallido e precario, che tiene in caldo il posto
dell’insegnate titolare. Non ha poteri, soltanto doveri. La seconda definisce
una pietanza romana, dove c’è dentro un po’ di tutto: riso, mozzarella,
rigaglie di pollo, funghi, uova, ragù. E dunque, qual è il ruolo di Grasso?
Quali imprese potrà compiere, l’uomo che regna durante l’interregno? Può
sembrare un dubbio accademico; non è così. In primo luogo perchè su questo
punto la Costituzione rimane silente, e il silenzio – si sa – alimenta
qualunque tentazione. (..). In secondo luogo, perché talvolta la realtà supera
l’immaginazione. E’ già successo, può succedere di nuovo. Tanto più se la
supplenza si prolunga, se il supplente ci prende gusto al ruolo. Nel 1964,
quella di Merzagora durò per oltre 4 mesi, quanto il tempo della nostra prima
presidenza (Enrico De Nicola: 1° gennaio-12 maggio 1948). Ipotesi: il
supplente aspira all’elezione. Niente di male, e d’altronde Pietro Grasso
rientra a buon diritto fra i papabili. (..). Dunque il controllore (grasso,
nelle veci di capo dello Stato) dipende dal controllato (Renzi). E se il
secondo dice niet? Potrà bocciargli i decreti, rifiutare di promulgare le sue
leggi, mettersi per traverso a ogni piè sospinto?. Ipotesi bis: il Parlamento
s’incarta, rimane ostaggio dei veti incrociati. Per Saragat servirono 21
votazioni, per Leone 23. Poniamo che stavolta non ne bastino 31, e che Grasso decida
di sciogliere le Camere, per uscire dall’impasse. Può farlo? In teoria sì,
perché la Costituzione non reca l’esplicito divieto di quella francese; ma
sarebbe un suicidio collettivo. Innanzitutto del supplente, che perderebbe la
poltrona. Si è mai visto un presidente in carica candidarsi alle politiche? No,
altrimenti non sarebbe più imparziale. (..) E chi è il decano del
Senato?Napolitano, che a quel punto diverrebbe il supplente di se stesso.(..).
Sappiamo che il supplente eredita i benefit del capo dello Stato: assegno,
dotazione, immunità. Sappiamo inoltre che non si tratta d’un regalo, bensì
dell’istinto di sopravvivenza che anima la vita delle istituzioni. Il suo nome?
Principio di continuità: l’Italia non può restare neanche per un minuto senza un
presidente, un Parlamento o un Premier. Continuità dell’prgano, però non di
tutte le sue funzioni. Siccome la supplenza è temporanea, le si accompagna
unicamente il potere d’adottare i provvedimenti ordinari, oppure gli atti
urgenti. Quali? Dipende. Per esempio, non può mai dirsi urgente la nomina d’un
giudice costituzionale, a meno che la Consulta cada sotto la soglia di 11
giudici, perché allora non può funzionare. Quest’ultima osservazione è di Mario
Fiorillo; che il supplente non possa sciogliere le Camere è invece – fra i
costituzionalisti – un’osservazione generale. D’altronde il presidente (quello
vero) non può sciogliere durante gli ultimi 6 mesi del mandato; e il supplente
è sempre in semestre bianco, è sempre sul punto di lasciare. In conclusione: altro
è il supplito, altro il supplente. Per dirne una, il primo diventa senatore a
vita, anche se lascia il Colle dopo una settimana; il secondo no, nemmeno se
resta in carica per un anno intero. Che ingiustizia, però. Grasso potrebbe
rimediare autonominandosi senatore a vita; ma poi ci toccherebbe trovare il
supplente del supplente. Aiuto!
micheleainis@uniroma3.it
– Michele Ainis – Legge e libertà – L’Espresso – 29 gennaio 2015
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