Prima dell’elenco dei
nomi per il Quirinale, bisognerebbe ragionare su che cosa è stata in questi
vent’anni la presidenza della Repubblica e su quale ruolo culturale, più ancora
che politico, abbia assunto per il Paese. Abbiamo avuto, dalla caduta del
sistema dei partiti con le inchieste Mani pulite, tre figure di presidenti che rispecchiavano
altrettante culture fondanti della repubblica democratica e antifascista. Il cattolico
Oscar Luigi Scalfaro, che era stato materialmente uno dei padri costituenti;
l’azionista Carlo Azeglio Ciampi; il comunista Giorgio Napolitano. Al di là del
giudizio sugli atti concreti di questo o quello, per esempio su quante volte
dovessero o non dovessero opporsi alle leggi ad personam approvate durante i
governi berlusconiani, si dovrebbe riconoscere che questi tre presidenti, in
maniera certo diversa, hanno svolto nella sostanza il ruolo di custodi della
Costituzione, in un’epoca dove non era affatto scontata la permanenza
dell’Italia fra gli Stati di diritto. Oltre a questa funzione essenziale,
Scalfaro, Ciampi e Napolitano hanno svolto altri compiti, piuttosto impropri,
ma resi necessari dalle circostanze. Da un lato hanno difeso la cultura politica
costituzionale, dalla quale provenivano, contro la marea montante del populismo
che è stato ed è ancora il linguaggio dominante della Seconda repubblica.
Dall’altra hanno fatto da garanti in Europa e nel mondo per conto di governi
che all’estero non erano considerati degni di stima o di fiducia, con la
parziale eccezione di quelli guidati da Romano Prodi. Non v’è dubbio che,
comunque si pensi, il livello e il prestigio del leader di questo ventennio non
è paragonabile a quello di chi li aveva preceduti. Nell’Italia del
berlusconismo, dei seduttori carichi di promesse, molto amati in Italia quanto
derisi all’estero, la Presidenza della Repubblica ha rappresentato insomma il
volto serio del Paese o quello che ne rimaneva. Giorgio Napolitano è stato l’ultimo
di questi presidenti giganti fra nani politici. Perfino chi lo critica
duramente, come Grillo o i colleghi del Fatto,
ne riconosce implicitamente la grandezza, non fosse che per il fatto di avergli
attribuito in questi anni responsabilità enormi. Sostituirlo non sarà facile.
Ma nell’identikit del nuovo presidente non può mancare almeno un elemento, che
si tratti di una personalità di livello e che il suo nome possa comunicare
qualche certezza al consesso internazionale. A fare la conta, in giro ne rimangono
davvero pochi.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 2
gennaio 2015 -
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