Rosa, come il colore più detestato dalle mamme di oggi.
Essenziale nelle espressioni, poche parole e molti grugniti. Neanche troppo
originale come soggetto: una maialina antropomorfa, ultima dopo schiere di Tre
porcellini, Porky Pig (Loonely Tunes), Miss Piggy (Muppets) e Olivia di Ian
Falconer. Aveva tutte le carte in regola per passare inosservata. Invece, non
solo Peppa Pig è la star incontrastata della prima infanzia, da dieci anni a
questa parte, non solo s è spalmata nella quotidianità dei più piccoli con una
pervasività impressionante, saturando ogni segmento commerciale, su un
merchandising infinito. Si scopre pure che è stata la celebrity più ricercata
su Internet nel 2014, secondo Bing. E che un semiologo implacabile, padre di due
bambini, si è messo sulle sue tracce: l’ha spiata, ne ha sezionato il
linguaggio e le ambientazioni, deciso a scovare la risposta definitiva: perché
Peppa è diventata un mito? Per svelare il mistero, “Peppa Pig”, saggio di
Francesco Mangiapane pubblicato dalla casa editrice digitale Doppiozero,
costola dell’omonimo sito di critica culturale sul web(..) scandaglia i cartoni
animati in onda tutti i giorni (…). Tutto all’interno di una casetta
monofamiliare, in cima a una collina, dove convivono: mamma casalinga con
sporadiche esperienze di telelavoro, un pingue papà che fa calcoli e ogni tanto
progetta case, Peppa, maialina di 4 anni, e il fratellino George, che devasta
le verdure e adora i dinosauri. Famiglia stereotipata, che tuttavia stravince
su altri predecessori di successo come la Pimpa, Barbapapà, Heidi. “Dietro
questo decoro familiare piccolo borghese d’altri tempi, non è difficile
riconoscere i cambiamenti che stanno ridisegnando la forma delle nostre
famiglie”, sostiene Mangiapane: “La precarizzazione del lavoro, la
riconfigurazione dei ruoli di genere fra marito e moglie, la degradazione
dell’autorità paterna e il parallelo ritorno verso una configurazione
patriarcale allargata ai nonni che riprendono, dopo averlo perduto, il
sopravvento sulla famiglia nucleare”. (..). “Essere famiglia, propone Peppa
Pig, è “sentirsi” famiglia, con il proprio corpo, con il proprio stato emotivo,
con la propria complicità, nonostante i conti non sempre riescano a tornare,
nonostante non tutto vada come dovrebbe andare”, sostiene l’autore. Un esempio?
Papà Pig:non sa piantare un chiodo, svicola di continuo, è tecnicamente un
imbranato che ha bisogno del pragmatismo della moglie. Eppure, resta una figura
forte e rassicurante. Perché chi l’ha detto che ci siano lavori da maschi e compiti
da femmine?.E da questa famiglia imperfetta, Peppa e il fratellino non cercano
di smarcarsi, con esercizi di indipendenza, come in altri cartoni: al
contrario, scelgono l’adattamento, il buon senso. Strategie vincenti per le
versioni più aggiornate di famiglia: varie, fragili, coraggiose; con due papà,
con due mamme, con un genitore solo; con lavori instabili, amici provenienti da
altri mondi, identità in trasformazione. Peppa stravince grazie alla capacità
di tenere insieme questi cambiamenti, non indolori, con un sorriso. E rendendo
modella una famiglia non perfetta, “good enough”. Ma profondamente vera.
Sabina Minardi – bambini società – L’Espresso – 15 gennaio
2015 -
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