Di promessa in promessa: Matteo Renzi vola verso un consenso
senza oppositori e si prepara a ravvicinate, sempre meno escluse, elezioni
anticipate. “Promesse da Matteo” (…). Più veloce del suo pensiero, il premier
in una settimana ha dispensato un altro pacchetto di buone intenzioni. La più suggestiva di tutte: il bonus
di 80 euro per te anni alle neo-mamme. E’ solo l’ultima promessa di una
stagione scintillante di speranze, grigia di risultati concreti. Come la legge
di stabilità: un dubbio lungo un anno. Eppure la capacità affabulatoria del
presidente del Consiglio trasporta oltre le tristezze della quotidianità.
Accade così che Barbara D’Urso, straripante immagine casalinga di Canale 5,
riesca a trovargli un unico difetto, quello di essere già sposato. Effetto
share schizzato al 19,2 per cento. Un Paese Sfibrato da venti e più anni di inconcludenza
di governo e di dissipazione di valori si affida a Matteo superstar. Un altro
pezzo d’Italia scende invece in piazza sotto le bandiere rosse della Cgil per
tentare di condizionare la politica economica del premier, ma in sostanza per
una difesa nostalgica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e di un
mondo che non esiste più nelle forme e nei modi affermatisi negli anni 70 e 80
del secolo scorso. Tra quanti protestano tanti hanno votato Pd nelle elezioni
europee del maggio scorso contribuendo al raggiungimento dell’inaspettato 40,8
per cento. Hanno intascato gli 80 ero mensili e hanno timori per il jobs act
ancora tutto da scrivere. Un tempo si sarebbe parlato di classe operaia. Oggi
va meno di moda, se non nei comizi televisivi di Maurizio Landini. Classe
sociale contesa tra un sindacalismo gestore di sconfitte e un nuovismo
portatore di incertezze. Il segretario del Pd si professa rispettoso verso chi
manifesta con le parole d’ordine della Camusso. Ma il suo orizzonte è una
formazione interclassista in grado di
garantirgli un consenso elettorale senza pari, oltre lo stesso ambizioso 41 per
cento. In riva all’Arno nel fine
settimana si ripete la convention da cui scaturì la forza rottamatrice dell’allora
sindaco di Firenze. Oggi è “Razza Leopolda”, (..), idee per governare ma
innanzitutto donne e uomini piazzati giorno dopo giorno nel gagli del potere
romano. E’ l’altra faccia di Matteo bravo ragazzo. Una rete di relazioni –
tutte legittime, naturalmente – destinata a durare nel tempo: sia che si voti
l’anno prossimo, sia che si arrivi a scadenza naturale nel 2018, il premier sta
capitalizzando in pochi mesi posizioni destinate a rivelarsi determinanti nello
scacchiere politico che verrà. “Ci metto la faccia, se fallisco vado via” ha
raccontato per mesi con convincente disinvoltura. Ma privo di concorrenza il
renzismo sta permeando di sé il paese. Il “Partito della Nazione”, indefinita
formazione pos-ideologica, incarna l’idea di Renzi di osare oltre il Pd di cui
è segretario da meno di un anno. Un partito tutt’altro che “liquido” e leggero.
Strutturato, controllato dal centro alla periferia, aperto a sinistra a Gennaro
Migliore e ai reduci di quei frastagliati insuccessi, al centro ad Andrea
Romano e a quel che resta della scelta civica di un eclissato Monti. Un
“Partito della Nazione” solo apparentemente plurale nella composizione politica
– ché Renzi è leader con scarsa propensione al dissenso interno – ma molto
rappresentativo nella composizione sociale, capace di sfondare ancor più
sull’elettorato organo di Berlusconi. Ce La Farà? Nell’interesse dell’Italia c’è da
augurarsi di sì. Ma altri interessi, vecchi e nuovi, sono già in movimento.
”Nuove lobby all’assalto” (..). Portatori di interessi, fini sensori di come
spira il vento. Nell’aspettativa – comune a tutte le persone di buon senso – di
veder cambiare verso alle cattive abitudini italiane, lobbisti vecchi e nuovi si
sono già riposizionati. Loro sì che hanno cambiato verso. In soccorso del
vincitore del momento. Meglio di tanti
sondaggi: Renzi appare convincente. Dunque vincente.
Twitter@VicinanzaL – Luigi Vicinanza – Editoriale –
L’Espresso – 30 ottobre 2014 -
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