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venerdì 7 novembre 2014

Lo Sapevate Che: Zitti zitti ci hanno messo altre tasse...

Molta politica, poca economia. Intrappolati in una eterna campagna elettorale. Accade così che il “sistema Paese” si sgretoli sotto il peso della sua insostenibile leggerezza, nel disincanto nazionale. L’Italia non ha alcun progetto per tirarsi fuori dai guai, titola impietoso il “Financial Times” del 28 ottobre,  all’indomani della prevedibile bocciatura dei conti del Monte dei Paschi di Siena e della Cassa di risparmio di Genova, operata dalla Banca centrale europea. Come colpiti da un eterno dissesto geologico perdiamo pezzi pregiati. Puoi pure trascorrere un intenso weekend a veder litigare la sinistra digitale e la sinistra del gettone telefonico; applaudi, sorteggi e poi provi a riflettere. Quello 0,6 di incremento del Pil programmato per il 2015 resta un’inezia, inefficace nel rimettere in moto la produzione e il lavoro, e quindi i consumi. Anche uno zero-virgola-qualcosa-in-più non cambierebbe lo scenario prossimo venturo. Crisi e deflazione restano minacce incombenti. Lo sanno bene i gufi, rapaci dalla vista lunga. E lo sa anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padovan impegnato a evitare “ a ogni costo” il quarto anno consecutivo di recessione. In Attesa Di Soluzioni capaci di risolvere “le magnifiche sorti e progressive” della nazione (il successo del film di Mario Martone rende meno stucchevole la citazione leopardiana), la realtà svela una mini-patrimoniale nascosta nelle pieghe della legge di stabilità. Non è quella invocata da Susanna Camusso per prendere ai ricchi e ridistribuire ai più deboli. No, la manovra governativa colpisce ceto medio, pensionati, piccoli risparmiatori passando dalla porta di servizio del loro conto in banca, per arrivare persino alla gestione dei fondi di pensione sui quali il prelievo fiscale sulle re è raddoppiato: un mondo di oltre sei milioni di lavoratori. E non viene esentata dall’aumento della tassazione neppure la quota del Tfr a disposizione dell’azienda, la sospirata liquidazione di chi in pensione ha la fortuna di arrivarci. (…). Matteo Renzi Ha Condotto il dibattito pubblico oltre ogni frontiera immaginabile nel pur fantasioso ventennio berlusconiano. Assume i contorni della metropolitana la ridicolizzazione, brutalmente efficace, degli avversari interni, quelli che gli dai un Phone e ti chiedono dove inserire il gettone. Perché, marchiata da un tale linguaggio corrosivo e beffardo, la sinistra tardocomunista più che restare prigioniera del suo articolo 18, viene accantonata come un oggetto inutile, il telefono a gettoni appunto. Una bandiera stracciata, un Pd sfilacciato.(…). E’ il racconto di una mutazione in corso che registra come Renzi, saldamente al comando di un monocolore personale, sia lui spingendo la minoranza ad abbandonarlo, più di quanto i Fassina, i civati, i Cuperlo siano davvero tentati dall’avventura della scissione per dar vita all’ennesimo partitino dei duri e puri dediti alla testimonianza del “sol dell’avvenire”. E’  ricca quanto inconcludente la storia della sinistra, anche recente, di formazioni di quel tipo, con molteplici dirigenti e scarsi elettori, sufficienti tuttavia a garantire una rendita di posizione basata su qualche prezioso seggio in Parlamento, nelle Regioni, nei Comuni. Eccesso di politicismo, si sarebbe detto anni fa. Un regalo al premier che la politica la sa maneggiare. Eccome. In economia invece deve ancora dimostrare di essere altrettanto bravo.
Twitter@VivinanzaL. – Luigi Vicinanza – Editoriale – 6 novembre 2014 

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