Molta politica, poca economia. Intrappolati in una eterna
campagna elettorale. Accade così che il “sistema Paese” si sgretoli sotto il
peso della sua insostenibile leggerezza, nel disincanto nazionale. L’Italia non
ha alcun progetto per tirarsi fuori dai guai, titola impietoso il “Financial
Times” del 28 ottobre, all’indomani
della prevedibile bocciatura dei conti del Monte dei Paschi di Siena e della
Cassa di risparmio di Genova, operata dalla Banca centrale europea. Come
colpiti da un eterno dissesto geologico perdiamo pezzi pregiati. Puoi pure
trascorrere un intenso weekend a veder litigare la sinistra digitale e la
sinistra del gettone telefonico; applaudi, sorteggi e poi provi a riflettere.
Quello 0,6 di incremento del Pil programmato per il 2015 resta un’inezia,
inefficace nel rimettere in moto la produzione e il lavoro, e quindi i consumi.
Anche uno zero-virgola-qualcosa-in-più non cambierebbe lo scenario prossimo
venturo. Crisi e deflazione restano minacce incombenti. Lo sanno bene i gufi,
rapaci dalla vista lunga. E lo sa anche il ministro dell’Economia Pier Carlo
Padovan impegnato a evitare “ a ogni costo” il quarto anno consecutivo di
recessione. In Attesa Di Soluzioni capaci di risolvere “le magnifiche
sorti e progressive” della nazione (il successo del film di Mario Martone rende
meno stucchevole la citazione leopardiana), la realtà svela una
mini-patrimoniale nascosta nelle pieghe della legge di stabilità. Non è quella
invocata da Susanna Camusso per prendere ai ricchi e ridistribuire ai più
deboli. No, la manovra governativa colpisce ceto medio, pensionati, piccoli
risparmiatori passando dalla porta di servizio del loro conto in banca, per
arrivare persino alla gestione dei fondi di pensione sui quali il prelievo
fiscale sulle re è raddoppiato: un mondo di oltre sei milioni di lavoratori. E
non viene esentata dall’aumento della tassazione neppure la quota del Tfr a
disposizione dell’azienda, la sospirata liquidazione di chi in pensione ha la
fortuna di arrivarci. (…). Matteo Renzi Ha Condotto il dibattito pubblico oltre ogni
frontiera immaginabile nel pur fantasioso ventennio berlusconiano. Assume i
contorni della metropolitana la ridicolizzazione, brutalmente efficace, degli
avversari interni, quelli che gli dai un Phone e ti chiedono dove inserire il
gettone. Perché, marchiata da un tale linguaggio corrosivo e beffardo, la
sinistra tardocomunista più che restare prigioniera del suo articolo 18, viene
accantonata come un oggetto inutile, il telefono a gettoni appunto. Una
bandiera stracciata, un Pd sfilacciato.(…). E’ il racconto di una mutazione in
corso che registra come Renzi, saldamente al comando di un monocolore
personale, sia lui spingendo la minoranza ad abbandonarlo, più di quanto i
Fassina, i civati, i Cuperlo siano davvero tentati dall’avventura della
scissione per dar vita all’ennesimo partitino dei duri e puri dediti alla
testimonianza del “sol dell’avvenire”. E’
ricca quanto inconcludente la storia della sinistra, anche recente, di
formazioni di quel tipo, con molteplici dirigenti e scarsi elettori,
sufficienti tuttavia a garantire una rendita di posizione basata su qualche
prezioso seggio in Parlamento, nelle Regioni, nei Comuni. Eccesso di
politicismo, si sarebbe detto anni fa. Un regalo al premier che la politica la
sa maneggiare. Eccome. In economia invece deve ancora dimostrare di essere
altrettanto bravo.
Twitter@VivinanzaL. – Luigi Vicinanza – Editoriale – 6
novembre 2014
Nessun commento:
Posta un commento