“Altro che palle, leopolde e cazzate varie. Basta slogan,
basta: hanno rotto le scatole. Devono chiedere scusa…E dobbiamo prendere anche
le botte, noi che paghiamo (le tasse, ndr), noi che lavoriamo…Cazzo, in un
paese di ladri, di gente che evade, di corruzione se la vengono a prendere con
gli unici onesti? Ma dove (come, ndr) cazzo siamo messi?”. Eh sì, Maurizio
Landini era veramente infuriato, dopo le cariche di polizia al corteo sindacale
che protestava contro il Jobs Act renziano. La sua indignazione si esprimeva,
in realtà, in termini chiari e addirittura sobri, per quanto rudi: solo la voce
rotta e l'emergere del turpiloquio segnalava lo stato di collera. Nella sua
semplicità il video è impressionante e molti hanno automaticamente concluso che
il segretario della Fiom stia per scendere in politica (l’interessato
smentisce).E’ che viene spontaneo paragonare il suo turpiloquio a quello ormai
abbastanza ordinario dei talk show. Le parole magari sono quelle, ma non conta:
nella sostanza la differenza è abissale. Si trattava di indignazione vera, non
di tattica comunicativa. Si trattava di indignazione vera, non di tattica
comunicativa. Si trattava della reazione contro una forza che anziché porsi
come garanzia neutrale si era rivelata ostile, e non a parole bensì a
manganellate. Nella circostanza eccezionale, e davvero si spera irrepetibile,
Landini ha così perforato qualsiasi schermo, e in particolare quello della
comunicazione a effetto, calcolata con ottimo grado di approssimazione dai top
spin dei leader politici. Il paradosso è questo: la comunicazione migliore è
quella che appare più spontanea. E’ come se il vino più pregiato fosse quello
che assomiglia di più al “vino del contadino”. In enologia non è affatto vero,
nella comunicazione lo è. E quando arriva uno che spontaneo lo è davvero,
perché non c’è sproporzione fra quello che dice e l’offesa che ha realmente
subito, allora comunica più efficacemente della spontaneità artefatta di tutti
gli altri. Che a quel punto temono scenda in politica.
Stefano Bartezzaghi – Come dire – L’Espresso – 20 novembre
2014
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