Ho vent’anni e mi ritrovo completamente spaesata, non riesco
a definire quest’epoca. Mi sembra di vedere intorno a me persone interessate
sempre più all’aspetto fisico, persone sempre più egoiste e tristi. Tutti mi
dicono che sono io ad avere dei problemi e a vedere il mondo così oscuro, senza
un senso. Sono stata un anno in terapia e sono arrivata a capire che il mondo
ha il senso che vuoi dargli. La vita assume significati diversi a seconda del
tuo modo di vedere le cose. Io continuo a vedere l’orrore intorno a me, tanto
da sentirne ogni giorno la pesantezza. Vorrei fare la Rivoluzione, ma allo
stesso tempo intorno a me vige il nulla assoluto. Non ne posso più di sentir
parlare del nulla. Siamo l’epoca del nulla cosmico. Chiedo scusa per la
ripetizione del “nulla”, ma è quello che sento quando parlo con qualcuno,
quello che respiro la mattina appena esco di casa. Sento la sensazione del
nulla associato a quella immobilità che hai la mattina quando ha appena spento la sveglia delle 7, una
sorta di fastidio assopito dall’effetto del nulla.
Isabella Cervelin – isabellacervelin@gmail.com –
Nel 1887 Nietzsche scriveva: “Il nichilismo è alle porte: da
dove ci viene costui, il più inquietante degli ospiti?”. Dopo questo annuncio,
qualche mese dopo scriveva: “Mi capirete tra cinquant’anni”. Noi ce ne abbiamo
messi centocinquanta per comprenderlo, ma già nel 1956 Martin Heidegger
scriveva : “Nietzsche chiama il nichilismo” il più inquietante fra tutti gli
ospiti”, perché ciò che esso vuole è lo spaesamento come tale. Per questo non
serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo
invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di
quest’ospite e guardarlo bene in faccia”. Lei se ne è accorta, lo assapora da
tutte le parti, ma forse non lo guarda ben in faccia, e nello spaesamento che
il nichilismo diffonde, ho l’impressione che lei, pur lamentandosi, vi si
consegni, alimentando quel “nichilismo passivo” che Nietzsche giudicava
riprovevole, tipico della rassegnazione. Guardate bene in faccia il nichilismo
significa abbandonare quelle che io considero “parole della passività” come
“speranza”, “augurio”, “auspicando”, che lasciano intendere che qualcuno
provvederà a darci un futuro e a noi non resta che attenderlo. Non è così.
Nietzsche invita al “nichilismo attivo”, che può prendere avvio solo guardando
bene in faccia il nichilismo che lui così definisce: “Manca lo scopo, manca la
risposta al “perché”?”. Che significa nichilismo? Che i valori supremi perdono
ogni valore”. Ora, che i valori si svalutino non è un grosso problema. I valori
non sono entità metafisiche che scendono dal cielo o hanno fondamenti
immutabili. I valori sono dei semplici coefficienti sociali con cui una società
cerca di vivere con la minor conflittualità possibile. Prima della Rivoluzione Francese,
ad esempio, la società era ordinata secondo valori gerarchici, dopo la
rivoluzione la società si regolò, almeno formalmente, secondo valori di
cittadinanza. Se i valori non cambiassero saremmo ancora all’età dei
babilonesi. Nichilismo è quando un sistema di valori crolla e non ne nasce un
altro. O, come diceva Holderlin: “Che più non son gli dèi fuggiti e ancor non sono
i venienti”. Più importante è che “ manca lo scopo”. Il futuro, che la cultura
occidentale, su ispirazione cristiana, ha sempre pensato come una “promessa” o
almeno come una “speranza”, oggi appare come una minaccia, o perlomeno,
soprattutto per voi giovani, come “imprevedibile”. E quando il futuro è
imprevedibile retroagisce come demotivazione. “Perché devo studiare? Perché
devo lavorare?. A questo punto, come dice opportunamente Nietzsche: “ Manca la
risposta al perché”. “Perché devo impegnarmi? E al limite. “Perché devo
vivere?”. Se questa è la situazione, e la situazione è questa, accanto alla
strada del “nichilismo passivo” di chi si rassegna, abbiamo la strada del
“nichilismo attivo” di chi, per averlo guardato bene in faccia, non si nutre di
attese, speranze o auspici, ma prende in mano la sua vita, partendo da lì,
perché il giovane sa che il futuro è comunque suo, e se non se lo prende,
nessuno glielo regala. Circa il modo di prenderselo, la scelta la lascio a voi
giovani. Avete la biologia a vostro vantaggio e, se la rassegnazione non vi
divora, anche la fantasia. Forse vi serve solo un po’ di forza d’animo.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 9 novembre 2014 -
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