Ciò che brucia di più, almeno per me, sono le macerie di una
famiglia che non esiste più, una promessa che hai per sempre rubato ai tuoi
figli. Io non rimpiango niente perché alla fine non c’era altro da fare, e
penso che gli voglio ancora bene e che essendo il padre dei miei figli siamo
ancora tutti collegati. Dal momento in cui ci siamo incontrati io l’ho pensato
come “l’uomo della mia vita”, poi quando lo stare insieme è diventato insostenibile
siamo passati attraverso la rabbia e il rancore, fino ad arrivare al punto di
massima devastazione del rapporto e di noi stessi. Sono passati due anni e la
situazione è molto più serena. Lui è ancora un po’ ostile, io non mi accontento
di questi rapporti “civili” in cui riusciamo a metterci d’accordo per la
gestione dei bimbi ma in maniera fredda e distaccata perché lui non ce la fa a
guardarmi negli occhi. Ma veramente può essere una colpa smettere di amare?
Oppure gettare la spugna per sopravvivere? Oppure non riuscire più ad accettare
una persona così com’è, come è diventata, perché i propri bisogni non sono
ascoltati? Le persone cambiano e non è scontato cambiare insieme e continuare a
camminare nella stessa direzione.
M – Firenze
L’amarezza e il rancore che portano alla separazione sono più
forti quando si è creduto di aver trovato l’uomo, o la donna della propria
vita. Ci si sposa per grande amore, poi la quotidianità svela quello che non si
percepiva, le diversità, le diverse aspettative mentre senza accorgersene
ognuno dei due cambia verso strade diverse, e si finisce per non capirsi più,
per non amarsi più. In passati era una situazione molto più rara, a parte il
fatto che in Italia non esisteva il divorzio. In più sposandosi le donne
promettevano ubbidienza, e sapevano quindi che erano loro a doversi adattare a
tutto ciò che il marito esigeva e ai suoi cambiamenti. Le ribellioni erano
rare, oppure silenziose: distruggere una famiglia era impensabile. Oggi
giustamente rivendicano la loro indipendenza, il bisogno di vivere serenamente
rinunciando all’uomo che si è smesso di amare. Però la rabbia, il rancore per
la decisione di interrompere la vita familiare non è solo degli uomini
lasciati, ma anche talvolta di quelli che lasciano, e che per senso di colpa
finiscono per detestare la donna che non voleva perderli. E d’altra parte
conosco signore che dopo vent’anni dal divorzio, ancora lo raccontano come
fosse avvenuto ieri e sono cariche ancora di dolore e di rabbia. Decidere di
spezzare un legame che amareggia l’esistenza, non è certo una colpa, chiunque
sia a provocarlo.
Natalia Aspesi – Il Venerdì di Repubblica – 21 novembre 2014
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