Questa lettera tratta
di un matrimonio di tredici anni e di una convivenza di quattordici. Un
matrimonio conclusosi ora. Io e mio marito avevamo già deciso per la
separazione più di
tre anni fa. L’avevo voluta io a seguito di bugie, assenze, disinteresse da
parte di mio marito, che nonostante in un primo momento avesse accettato la
separazione consensuale, per quasi tre anni ha continuato a corteggiarmi con
un’assiduità maniacale. Ogni mattina trovavo sullo zerbino giornali e fiori o
brioche e messaggini, inviti e delicatezze
varie. Avendo una figlia assieme, non mi sono mai opposta alla sua
frequentazione in casa nostra. Alla fine, anche a seguito di sue ammissioni di
colpa e promesse varie, abbiamo provato
a ricongiungerci. E da ricongiunti ci ha trovato la mia malattia. A
dicembre mi è stato diagnosticato un cancro al seno e sono stata operata. E’
stata dura e lo è tuttora. Sono convinta che tutti siano in grado di capire,
tutti tranne mio marito, che oltre ad essere stato assente dopo il mio ritorno
a casa, per ben due volte mi ha chiaramente detto “sono cavoli tuoi!”. Non ha
mai parlato con un medico, non ha mai guardato il tipo di cure che dovevo fare,
non ha nemmeno dato un’occhiata al referto medico. Poi ha iniziato ad uscire la
sera con “colleghi” e a fare tardi. Gli ho fatto il grande favore di
preparargli la sua roba per farlo andare via, e lui non ha fatto una piega.
Nostra figlia, questa estate con lui (mentre io mi sono fatta tutta l’estate da
sola a casa facendomi avanti e indietro dall’ospedale), ha scoperto i suoi
messaggini amorosi con un'altra donna e lui le ha detto “non dirlo alla mamma”.
Visti i precedenti non è stata una grande sorpresa, però fa male. Imbucando questa
lettera spero di voltare pagina pensando solo alla mia guarigione, ai miei
figli e a chi in questo frangente mi è stato vicino con affetto e calore. Non
provo ne astio né rabbia né rancore (ma
magari perché assumo anche un antidepressivo) ma tanta delusione sì.
Lettera senza firma – Torino
Una mia amica è stata operata al seno e il marito, da 30 anni
con lei, non è riuscito ad accettare l’evento, si è subito innamorato di una
giovane donna e se ne è andato, spiegando spietatamente che dopo quell’operazione
non poteva più amarla. E’ una forma di viltà, un rifiuto estetico, forse
addirittura un’assurda paura di contagio. Però al contrario tanti uomini si
prodigano con la compagna malata, l’assistono, le stanno vicino, l’amano di
più. Suo marito non ce l’ha fatta e si è subito difeso trovando un’altra donna
la cui presenza lo aiutasse a non sentirsi in colpa. Capisco la sua delusione,
ma mi pare che già l’avesse provata anni fa, quando era riuscita ad allontanare
un uomo che dimostrandole tanto amore, lei poi si è ripresa. Ma lui non era
cambiato, e quando lei si è ammalata non ce l’ha fatta a starle vicino e, come
dice lei, è stato ben contento di andarsene. Difficilmente le persone cambiano,
quindi si può dire che a questa nuova ferita lei doveva essere preparata. Chi
ne soffrirà di più sarà sua figlia, che si sarà fatta un’idea ben triste del
matrimonio. Lei è una donna molto equilibrata, e sono sicura che penserà sempre meno a un pover’uomo e seguirà
serenamente i suoi propositi, dedicarsi alla salute e a chi le è vicino.
Natalia Aspesi – Questioni di cuore – Il Venerdì di
Repubblica – 7 novembre 2014
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