“A Renzi è riuscito
qualcosa che nel centrosinistra non era riuscito a nessuno: lui
nell’elettorato di centro, c’è entrato come il burro”. Con poche parole Roberto
Weber, sondaggista e direttore di Ixè, sintetizza la trasformazione in atto
nella base del Pd. Una metamorfosi non ancora compiuta ma già misurabile. Da un
numero, anzitutto: “Oggi, gli elettori democratici non sono gli stessi che
hanno votato alle ultime politiche: almeno il 25 per cento di loro va oltre il
centrosinistra. Facendo i sondaggi, è chiarissimo. Una volta, nelle interviste
telefoniche, un elettore del Pd si autocollocava tra il centrosinistra e la
sinistra. Oggi, uno su quattro, in un modo o nell’altro, sta fuori da quel
perimetro: centro, centrodestra, oppure nessuno schieramento”. E’ questo il
segreto di Renzi: o almeno, una delle spiegazioni delle sue mosse. “A lui è
riuscito ciò che aveva tentato Veltroni e, in parte riuscendoci, il D’Alema del
primo Ulivo prodiano: oggi, nel Pd una quota cospicua degli elettori è nuova. E
aumenterà ancora: il potenziale di crescita non è esaurito. Con Berlusconi
anestetizzato e il M5S fermo al voto di protesta, il Pd potrà bissare il 40,8
per cento delle europee, e anche andare oltre” dice Weber. Se nel Pd la base
moderata si ingrossa, la sinistra si assottiglia. “Una quota di sinistra c’è
ancora, ma è molto più esigua: direi 30 per cento, quando prima arrivava a
40-45 per cento”. E questo aiuta a spiegare, in numeri, perché il segretario
del Pd si mostri così poco sensibile ad alcune battaglie tipiche di quella
tradizione, come l’articolo 18. “Renzi è consapevole che la composizione del
suo elettorato è cambiata”, dice Weber: “Credo che pensi che quel che perde a
sinistra, possa prendere più voti di quel che lascia andare. Quasi un effetto
moltiplicatore. E i sondaggi, che danno in salita solo la Lega oltre al Pd,
dicono la stessa cosa”. Insomma, per capirsi: un elettore di sinistra in meno,
due del centro in più. Rosicchiati ad Alfano e a Berlusconi. Va a finire che
una scissione del Pd, Renzi quasi se la augura? “Beh, con un altro partito alla
sua sinistra, gli sarebbe ancora più facile convincere l’esigua parte di
elettorato di Scelta civica che ancora non ha votato Pd, e togliere voti a
Forza Italia, che dalle europee nei sondaggi ha già perso il 2 per cento”. Ma,
così, anche un eventuale partito di “nuova sinistra”, formato da dem non
renziani, avrebbe un bacino di voti? “E’ possibile che una quota di quel 30 per
cento di “sinistra” interna al Pd vada verso una nuova formazione, ma è
difficile misurare quanti, perché si tratta allo stato di una tentazione, ancora vaga”. C’è chi dice che
varrebbe il dieci per cento sul mercato elettorale. Ma Weber è scettico: “Il 10
per cento mi sembra un po’ tanto. E inviterei a non fare i conti sulla base
della piazza Cgil di San Giovanni. Anche perché senza essere anti-sindacato,
devo dire che p difficile misurare una piazza”. Né va sottovalutato, secondo il
direttore di Ixè il richiamo al “senso di unitarietà”: “ Un elettorato che è
passato dal Pci al Pds, ai Ds, rimane fedele a quella storia. Già con la svolta della
Bolognina, gli anziani non scivolarono tanto agevolmente fuori dal Pds. E la
memoria recente delle scissioni a sinistra non aiuta: la gente ne ricorda anche
la sterilità. Insomma c’è un comportamento anche inerziale, degli elettori di
sinistra, che rende complicato il passaggio a un altro serbatoio: bisogna che
l’appeal sia molto, molto forte”. E invece, allo stato, c’è pure carenza di
possibili leader. “Quelli del passato, magari essendo ancora stimati dalla
élite come D’Alema, hanno sul popolo una capacità attrattiva limitata”. Non a
caso molti guardano a Maurizio Landini, che è un sindacalista: “Già, ma il
passaggio dal sindacato al partito è impresa difficile. Ne abbiamo tanti
esempi. Il leader Fiom è quello che sembra più sveglio. Dotato di una chiave
retorica efficace. Ma non so quanta della sua capacità di mobilitare
resterebbe, nel trasloco di un partito.
Susanna Turco – Renzi a caccia del tesoro rosso – L’Espresso
– 6 novembre 2014
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