Nel centro ricerche universitarie Agroinnova di Grugliasco,
alle porte di Torino, gli effetti dei cambiamenti climatici sulle malattie
delle piante si possono toccare con mano. Basta entrare in una delle sei grandi
cabine ad alta densità tecnologica che i ricercatori chiamano “macchine del
tempo”, perché al loro interno si possono ricreare, contemporaneamente, sei
diversi ambienti climatici, modificando a piacere gli elementi atmosferici:
temperatura e umidità, luminosità, ma anche la presenza di anidride carbonica
nell’aria. E si possono verificare, così, in modo diretto, come incideranno i
clii futuri sulla letalità dei patogeni delle piante. “Proprio la
concentrazione di CO2 è una delle variabili più interessanti e meno conosciute”,
dice il ricercatore Massimo Pugliese: “ Finora abbiamo lavorato con molti tipi
di coltura: da legno, come il pioppo e la vite, ma anche con ortaggi come il
pomodoro, il peperone, il basilico, la lattuga, le zucchine e i cetrioli. E
stiamo adesso iniziando anche a studiare piante ornamentali, le azalee e i
gerani, che sono sensibili a malattie come la ruggine. Anche in condizioni
estreme per la crescita delle piante (così si chiamano le macchine del tempo)
sono infatti in grado di ricreare ambienti che raggiungono i 40 gradi di
temperatura, il 100 per cento di umidità e una concentrazione di anidride
carbonica anche cinque volte superiore a quella media attuale. I dati, raccolti
24 ore su 24 da un computer ed elaborati in base a specifici modelli matematici,
stanno restituendo un quadro differenziato. Spiega Pugliese: “Patogeni come la
Peronospera e i mal bianchi tendono a svilupparsi molto di più e più
velocemente man mano che aumentano la temperatura e la CO2. In altri casi
invece lo sviluppo dei patogeni non è favorito dai cambiamenti climatici. Così
è soprattutto per i microrganismi che fanno marcire le radici delle piante”. Ma
gli sconvolgimenti meteorologici in corso stanno già incidendo sulla salute
delle colture. E i ricercatori passano dal laboratorio al campo per scoprire
cosa accade e cercarne i rimedi. “Usiamo spesso come area di studio il
biellese, che è sempre stata una zona abbastanza fresca e molto piovosa e per
questo poco adatta a problemi come i mal bianchi”, sottolinea il direttore di
Agroinnova, Maria Lodovica Gullino: “Ma negli ultimi 15-20 anni, con l’aumento
delle temperature, queste muffe biancastre sono esplose anche in questa zona. E
contemporaneamente hanno fatto la loro comparsa funghi che vivono nel terreno e
che eravamo abituati a osservare in Sicilia e, in generale, al Sud”. Con ricadute
dirette anche sul modo di fare agricoltura. Per colture importanti per
l’economia piemontese, come la vite, Gullino prevede ad esempio che: “Se la
temperatura continua ad aumentare, fra 50 anni avremo attacchi di Peronospera
più intensi e precoci. E i viticultori dovranno fare almeno un trattamento in
più all’anno”.
Fabio Lepore – Scienze – L’Espresso – 30 ottobre – 2014 -
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