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giovedì 6 novembre 2014

Lo Sapevate che: "Connessi" sin dall'asilo: per loro c'è il Cyber psicologo...

Roma. Se prima eravamo in 394 milioni a navigare, adesso siamo in 3 miliardi a navigare. Il dato è stato fotografato dal portale delle ricerche Statista.com e ha mostrato come, nel corso degli ultimi 14 anni, l’abitudine di usare internet sia diventata routine per il 40 per cento della popolazione mondiale. Ci si connette, dunque, si chatta, si condivide, si posta: i più disinvolti sono i nativi digitali, gli adolescenti di oggi, figli dell’era tecnologica, ma i più a rischio sono i piccolissimi, che ancora non camminano, ma che, se vedono uno schermo, ci mettono il dito sopra, dando per scontato che si tratti di un touch. “ Si chiamano mobile born”, spiega Tonino Cantelmi, psichiatra, esperto in tecnodipendenza, padre di cinque figli, e docente, alla Lumsa di Roma, del nuovo corso di Cyberpsicologia, il primo in Italia: “E’ per loro che vogliamo formare i cyberpsicologi, quelli che lavoreranno domani sui bambini di oggi. L’impatto della tecnologia digitale sulla mente umana ha determinato una reale mutazione antropologica. I mobile born hanno un cervello diverso dal nostro, sono più percettivi meno simbolici, più rapidi, superficiali e capaci di gestire le attenzioni in modo multitasking. Come potrebbe uno psicologo lavorare con questa nuova generazione, senza avere una totale conoscenza del fenomeno multagenico della rete?”. Il corso, appena partito, ha cento iscritti. Ll cui compito sarà anche quello di gestire gli effetti che sui ragazzi può avere un cattivo utilizzo di internet. Abuso, dipendenza, cyberbullismo: cosa può fare un genitore per prevenire? “Un tempo si consigliava l’utilizzo limitato di pc e tv ma ora questa linea è un po’ superata. Siamo nell’epoca del “sempre connessa”, in cui la norma è che la dimensione virtuale e quella reale si intersechino. Perfino il divieto può essere pericolosa, perché esistono i net dipendenti, super tecnologizzati, ma anche i net disadattati, troppo poco tecnologizzati. L’unica cosa che un genitore può fare è sorvegliare, accompagnare la vita digitale del proprio figlio, monitorarne i contenuti. Ma per questo, e mi rendo conto che qui sorge il problema, serve che un genitore abbia molto tempo a disposizione”. I suoi figli più piccoli hanno il cellulare? “Quello di undici lo ha avuto a nove anni, quello di quattro, invece, è incuriosito dal tablet, ma se gli propongo di giocare con me, fra il tablet il papà sceglie ancora il papà”.

Valentina Farinaccio – Il Venerdì di Repubblica – 31 ottobre 2014 -

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