Roma. Se prima eravamo in 394 milioni a navigare, adesso
siamo in 3 miliardi a navigare. Il dato è stato fotografato dal portale delle
ricerche Statista.com e ha mostrato
come, nel corso degli ultimi 14 anni, l’abitudine di usare internet sia
diventata routine per il 40 per cento della popolazione mondiale. Ci si
connette, dunque, si chatta, si condivide, si posta: i più disinvolti sono i
nativi digitali, gli adolescenti di oggi, figli dell’era tecnologica, ma i più
a rischio sono i piccolissimi, che ancora non camminano, ma che, se vedono uno
schermo, ci mettono il dito sopra, dando per scontato che si tratti di un touch.
“ Si chiamano mobile born”, spiega
Tonino Cantelmi, psichiatra, esperto in tecnodipendenza, padre di cinque figli,
e docente, alla Lumsa di Roma, del nuovo corso di Cyberpsicologia, il primo in
Italia: “E’ per loro che vogliamo formare i cyberpsicologi, quelli che
lavoreranno domani sui bambini di oggi. L’impatto della tecnologia digitale
sulla mente umana ha determinato una
reale mutazione antropologica. I mobile
born hanno un cervello diverso dal nostro, sono più percettivi meno
simbolici, più rapidi, superficiali e capaci di gestire le attenzioni in modo
multitasking. Come potrebbe uno psicologo lavorare con questa nuova
generazione, senza avere una totale conoscenza del fenomeno multagenico della
rete?”. Il corso, appena partito, ha cento iscritti. Ll cui compito sarà anche
quello di gestire gli effetti che sui ragazzi può avere un cattivo utilizzo di
internet. Abuso, dipendenza, cyberbullismo: cosa può fare un genitore per
prevenire? “Un tempo si consigliava l’utilizzo limitato di pc e tv ma ora
questa linea è un po’ superata. Siamo nell’epoca del “sempre connessa”, in cui
la norma è che la dimensione virtuale e quella reale si intersechino. Perfino
il divieto può essere pericolosa, perché esistono i net dipendenti, super
tecnologizzati, ma anche i net disadattati, troppo poco tecnologizzati. L’unica
cosa che un genitore può fare è sorvegliare, accompagnare la vita digitale del
proprio figlio, monitorarne i contenuti. Ma per questo, e mi rendo conto che
qui sorge il problema, serve che un genitore abbia molto tempo a disposizione”.
I suoi figli più piccoli hanno il cellulare? “Quello di undici lo ha avuto a
nove anni, quello di quattro, invece, è incuriosito dal tablet, ma se gli
propongo di giocare con me, fra il tablet il papà sceglie ancora il papà”.
Valentina Farinaccio – Il Venerdì di Repubblica – 31 ottobre
2014 -
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