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venerdì 28 novembre 2014

Lo Sapevate Che: E' il tempo di ribellarsi, ma dai ventenni di oggi non possiamo pretenderlo.

Dire “incazzatevi” a una platea di giovani, come ha fatto in tv Vauro, è in effetti un po’ troppo facile. Quando ci si rivolge a un ventenne di oggi, un ventenne degli anni Settanta dovrebbe avere ben chiaro che sta parlando a una persona troppo angosciata dalla ricerca di un posto di lavoro per occuparsi anche dei destini della società o del Pianeta, per avere anche soltanto la forza e l’immaginazione di pensare a un mondo diverso. La disoccupazione giovanile in Italia e in Europa, soprattutto nel Sud Europa, dov’è cresciuta in media dal 180 per cento soltanto dal 2007, non è un effetto inevitabile della crisi. E’ una scelta politica che garantisce lo status quo. Rendere intere generazioni di giovani precarie, insicure, più povere e ricattabili è una garanzia per chi non vuole cambiare modello di società. Un’altra scelta politica parallela è stata quella di tagliare ovunque i fondi per la scuola pubblica. Bloccare la distribuzione del sapere significa fermare l’ascensione sociale e marciare verso una società di caste dove l’ingiustizia è accettata ormai nel senso comune. Ci ha meno di trent’anni oggi ha sperimentato per tutta la sua vita uno dei più incredibili e rapidi salti all’indietro della storia, almeno in termini di distribuzione della ricchezza. In pratica un giovane nato a metà degli anni Ottanta o al principio dei Novanta si trova oggi a vivere in una società che per differenze sociali e opportunità assomiglia molto più al 1910 che non a quella in cui hanno vissuto i loro padri. Con una differenza fondamentale, però. Che i giovani di un secolo fa avevano ben presente il concetto d’ingiustizia sociale e la necessità di dover cambiare insieme quel mondo. I ventenni di oggi sono invece spinti a considerarsi impotenti, isolati e anzi colpevoli. Anche da chi in buona fede, come Vauro, li incita a ribellarsi. Si sentono “sfigati”. “Sfigato” è l’insulto che si scambiano più spesso sui social network e altrettanto spesso se lo lanciano da soli. Sfigati in perenne lotta per la sopravvivenza con altri sfigati, pensionati, cinquantenni con altri (pochi) diritti in più, o magari ancora più sfigati, come i migranti. E’ questa depressione dei giovani, fra i tanti, il più ignobile effetto di una propaganda trentennale che ha invaso ogni angolo della società, attraverso un martellamento quotidiano, dentro quella guerra dei ricchi contro i poveri che ci ha fatti regredire di un secolo. Con l’entusiastica adesione anzitutto di media sempre più servili ai grandi interessi e piegati al pensiero unico. E dov’erano, da che parte eravamo noi, che oggi chiediamo ai giovani di ribellarsi?

Curzio Maltese – Contromano - Il Venerdì di Repubblica – 21 novembre 2014 -

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