Dire “incazzatevi” a
una platea di giovani, come ha fatto in tv Vauro, è in effetti un po’ troppo
facile. Quando ci si rivolge a un ventenne di oggi, un ventenne degli anni
Settanta dovrebbe avere ben chiaro che sta parlando a una persona troppo
angosciata dalla ricerca di un posto di lavoro per occuparsi anche dei destini della società o del
Pianeta, per avere anche soltanto la forza e l’immaginazione di pensare a un
mondo diverso. La disoccupazione giovanile in Italia e in Europa, soprattutto
nel Sud Europa, dov’è cresciuta in media dal 180 per cento soltanto dal 2007,
non è un effetto inevitabile della crisi. E’ una scelta politica che garantisce
lo status quo. Rendere intere generazioni di giovani precarie, insicure, più
povere e ricattabili è una garanzia per chi non vuole cambiare modello di
società. Un’altra scelta politica parallela è stata quella di tagliare ovunque
i fondi per la scuola pubblica. Bloccare la distribuzione del sapere significa
fermare l’ascensione sociale e marciare verso una società di caste dove
l’ingiustizia è accettata ormai nel senso comune. Ci ha meno di trent’anni oggi
ha sperimentato per tutta la sua vita uno dei più incredibili e rapidi salti
all’indietro della storia, almeno in termini di distribuzione della ricchezza.
In pratica un giovane nato a metà degli anni Ottanta o al principio dei Novanta
si trova oggi a vivere in una società che per differenze sociali e opportunità
assomiglia molto più al 1910 che non a quella in cui hanno vissuto i loro
padri. Con una differenza fondamentale, però. Che i giovani di un secolo fa
avevano ben presente il concetto d’ingiustizia sociale e la necessità di dover
cambiare insieme quel mondo. I ventenni di oggi sono invece spinti a
considerarsi impotenti, isolati e anzi colpevoli. Anche da chi in buona fede,
come Vauro, li incita a ribellarsi. Si sentono “sfigati”. “Sfigato” è l’insulto
che si scambiano più spesso sui social network e altrettanto spesso se lo lanciano
da soli. Sfigati in perenne lotta per la sopravvivenza con altri sfigati,
pensionati, cinquantenni con altri (pochi) diritti in più, o magari ancora più
sfigati, come i migranti. E’ questa depressione dei giovani, fra i tanti, il
più ignobile effetto di una propaganda trentennale che ha invaso ogni angolo
della società, attraverso un martellamento quotidiano, dentro quella guerra dei
ricchi contro i poveri che ci ha fatti regredire di un secolo. Con l’entusiastica
adesione anzitutto di media sempre più servili ai grandi interessi e piegati al
pensiero unico. E dov’erano, da che parte eravamo noi, che oggi chiediamo ai
giovani di ribellarsi?
Curzio Maltese – Contromano - Il Venerdì di Repubblica – 21
novembre 2014 -
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