La spiritualità è cosa intima, personale. Per molte persone è
parte integrante della propria vita. Non tutti però sono appagati dalla
religione “ereditata” dal gruppo di appartenenza (famiglia, comunità); per
queste persone cercare il proprio credo equivale a un viaggio, più o meno
lungo, che spesso culmina in un gratificante approdo. Ma se in passato le
conversioni avvenivano talvolta dopo percorsi di studio, e sembravano scelte
laiche più che necessità di credere in qualcosa, oggi hanno cambiato sostanza e
diventano spesso rifiuto della religione nella quale si è nati e cresciuti,
Insoddisfazione verso la propria comunità di appartenenza. Voglia di voltare
pagina. Le conversioni che più spaventano naturalmente per superficialità –
sono quelle all’Islam. I media di tutto il mondo, da anni, danno conto di
conversioni che non sono verso una religione. Convertirsi all’Islam per unirsi
alla Jihad non significa aver trovato un proprio percorso spirituale, ma aver
aderito a una ideologia. Non significa entrare a far parte di una comunità che
ha un capo spirituale (L’Imam), ma semplicemente aderire a un gruppo
terrorista, essere affascinati da una vita che si immagina avventurosa. Essere
protagonisti di un romanzo di formazione che non potrà avere alcun lieto fine. Molti Addirittura ipotizzano – e mi sento di concordare – che chiamare l’organizzazione
guidata da Abu-Bakr al-Baghda- di Stato Islamico (Isis), sia sbagliato perché
suggerisce e insinua l’idea, radicalizzando la convinzione, che di stato
nazionale si tratti. E invece, l’unico status che gli si può concedere è quello
di regime. Un califfato autoproclamato e non riconosciuto dall’Onu, risultato
di territori occupati in conflitti ancora non conclusi, che si palesa come la
peggiore forma di stato: una teocrazia. Quello che l’Italia fortunatamente non
è, nonostante il desiderio di alcuni di vedere i diritti civili plasmarsi su
istanze non laiche. Ma, senza banalizzare, quello che accade nei territori
occupati dall’Isis è qualcosa di inspiegabile se non usassimo definizioni che
credevamo di dover utilizzare solo
riferendoci al Medioevo: religione come oppio dei popoli, religione usata per
gestire la vita sociale e spirituale delle persone. Religione per fare il
peggior proselitismo possibile. Religione per fare coercizione, per sedurre,
per indottrinare. Quindi da un lato, chi si converte all’Islam – o chi è musulmano
dove i musulmani non rappresentano la maggioranza della popolazione – deve
scontare un fortissimo pregiudizio da parte della comunità di credo differente,
dall’altro, nei territori dove l’organizzazione Isis è egemone, accadono cose
difficili da giustificare e da comprendere. Il Califfo (ovvero colui che ritiene di essere
il successore di Maometto) Abu Bakr Al-Baghdadi ha emanato le direttive per il
nuovo anno scolastico che valgono per tutti i territori controllati
dall’organizzazione Isis. E’ evidente la volontà di utilizzare la scuola per
fondare il moderno Stato Islamico, a partire dalla scuola elementare, il luogo
di maggiore permeabilità dell’individuo, Le direttive prevedono la
cancellazione di ogni concetto di stato differente da quello di Stato Islamico,
quindi non si potrà più parlare di Siria o Iraq. Non sarà più possibile
studiare alcuna religione differente dall’Islam sunnita. Si potranno studiare
fisica, chimica, matematica e scienze, ma dai libri di testo sarà eliminato
tutto ciò che il califfo riterrà contrario all’Islam come ad esempio la teoria
dell’evoluzione di Charles Darwin “perché la Terra è stata creata da Allah”. Le
lingue straniere resteranno nei piani di studi perché sarà fondamentale che le
nuove generazioni parlino inglese e siano in grado di viaggiare senza trovare
nella lingua un ostacolo. A questa apparente apertura alla modernità fa il paio
la totale separazione tra maschi e femmine e l’obbligo di fermare le lezioni
per le preghiere. Gli annunci riguardano tutti, studenti, insegnanti e
personale scolastico e sono vincolanti: “ chiunque agirà in contrasto con
quanto stabilito andrà incontro a dure punizioni”. E ci si ostina a chiamarlo
Stato Islamico, sarebbe meglio definirlo dittatura.
Roberto Saviano – L’antitaliano – L’Espresso – 6 novembre
2014 -
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