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domenica 30 novembre 2014

Lo Sapevate Che: Leopardi e Chopin infelici e gioiosi...

Dopo aver visto il bellissimo film di Mario Martore su Leopardi intitolato “Il giovane favoloso”, mi è venuta la voglia di leggere lo Zibaldone. Sono 4500 pagine che parlano di tutto, di estetica, di filosofia, di se stesso, del suo pensiero e del suo linguaggio, di Pascal, di Rousseau, della natura matrigna e del nulla che ci pervade e ci circonda. Filosoficamente Leopardi è un nichilista, molto più di Nietzsche che visse la sua vita quando Leopardi era già morto. Sono nichilisti tutti e due ma con una differenza non da poco: Leopardi è un nichilista totale, l’uomo è un animale infelice che passa senza lasciare traccia alcuna; Nietzsche pensa invece che il nichilismo sia una fase transitoria durante la quale il pensiero tocca il fondo per poi tornare al relativismo, cioè in un mondo in cui l’assoluto non c’è ma la verità relativa esiste ed è valida per ciascuno di noi. Leopardi morì pochi giorni dopo aver scritto “La ginestra”; Nietzsche qualche giorno dopo aver scritto “Ecce Homo” diventò pazzo. Leopardi fu lucidissimo fino all’ultimo. Furono due persone molto infelici ma molto diverse tra loro. Lo “Zibaldone” finora non l’avevo mai letto. Conosco bene, oltre ai “Canti”, l’altro grande libro del “giovane favoloso”, “Le Operette morali” dalle quali il nichilismo leopardiano emerge ancora più chiaramente. Per fortuna molti studiosi hanno analizzato a fondo lo “Zibaldone” segnalandone le pagine più importanti, sicché è possibile ora avvicinarsi a quel libro seguendo una selezione che ne facilita la lettura ed è questo che sto facendo e sempre più mi convinco che quel “giovane favoloso” conteneva in sé molte personalità: era terribilmente infelice ma spesso diventava felicissimo. Questo alternarsi di sentimenti e di stati d’animo era continuo, l’infelicità proveniva dal corpo ammalato e diventata una filosofia nichilista, negava ogni futuro consolatorio. Ma quando creava, quando il suo pensiero si esprimeva in parole, le parole in poesia, la natura matrigna in bellezza di albe, di tramonti, di stelle e di luna, allora la felicità subentrava al dolore specie se nel frattempo anche il dolore del corpo si attenuava per effetto di medicamenti o di un riposo rilassato. Una situazione si intrecciava con l’altra, dolore e gioia si alternavano e da questa pluralità emergeva appunto la favolosità di quel personaggio che il fil di Martore ritrae perfettamente. Avviene in tutti i viventi questa pluralità di stati d’animo, la differenza tra ‘uno e l’altro dipende dal livello di sensibilità di cui ciascuno dispone e dalla capacità di trasformarla in arte. Tutte le arti nascono e si alimentano esprimendo questo processo di trasformazione della sensibilità tanto che si potrebbe dire che l’estetica è la figlia dell’intuizione e dello slancio creativo. Pensando e riflettendo su questi fenomeni mi è venuti in mente un altro grandissimo artista che ha coltivato un’arte del tutto diversa da quella di Leopardi parlo di Chopin e della sua musica. Anche lui era un uomo malinconico e infelice, anche lui soffrì nel corpo e nell’anima, anche lui  ebbe una personalità plurima e quindi un’arte che esprimeva il mutare degli stati d’animo. Una parte della sua musica fu dominata dalla melodia: i notturni, i valzer, le mazurche, esprimevano una malinconia strugente e marcata dall’uso estremamente frequente del “bemolle” un semitono che sposta la melodia di mezzo tono più basso della nota precedente. Chopin non scrisse mai una sinfonia e compose u solo concerto per piano e orchestra. Il resto della sua musica è fatto di composizioni brevi dove il “bemolle” della malinconia si alterna con pulsioni di gioia, furore, impeto, slancio, sonorità, sempre nel quadro melodico che domina l’intera composizione,
Ma C’è Un Importante eccezione alla melodicità di Chopin e sono le sue Sonate. Sono cinque composizioni che differiscono profondamente da tutte le altre perché prescindono da un quadro melodico. La melodia non è dominante ma sussidiaria, a volte compare ma il suo ruolo è secondario di fronte all’essenza di quelle cinque composizioni che si esprimono attraverso una pura musicalità di arpeggi e di fughe. Se infatti si cerca un antecedente alle Sonate di Chopin lo si trova soltanto in Bach, in particolare nell’”Arte della fuga” e se si cerca invece un continuatore lo si trova in Debussy e poi in Stravinskij. Da Leopardi a Chopin: due grandissimi dell’arte con la quale hanno tessuto la loro vita.

Eugenio Scalfari – Il vetro soffiato – 27 novembre 2014 -

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