Confindustria e sindacati sono come quelli che, nel 2014 per
telefonare, cercano di mettere un gettone nell’iPhone? Questa la provocazione
di Matteo Renzi, e forse non ha tutti i torti, a vedere certe recriminazioni.
Non parlo tanto degli scioperi, delle manifestazioni e delle assemblee
confindustriali, che sono espressioni consuete del mondo sindacale e
associativo, quanto alla pretese di negoziare con il Governo l’insieme della
politica economica dello stesso. Il richiamo è alla concertazione che ha avuto
la sua era gloriosa negli anni Novanta e che effettivamente allora servì a
salvare il paese che fluttuava tra inflazione e svalutazioni. Con la
concertazione decidemmo di eliminare ogni forma di indicizzazione dei salari, di
bloccarli temporaneamente, d’imporre una tassa anch’essa temporanea sul
capitale delle imprese e, in seguito, una tassa specifica sul reddito che
sarebbe stata restituita in parte (promessa mantenuta), al fine di conseguire i
parametri necessari per entrare nell’euro. Da allora si invoca la concertazione
come strumento per trovare accordi sociali, ma ci si dimentica che fu proprio
il successo di quella concertazione che ha…ucciso la concertazione! Infatti,
grazie al patto sociale firmato con il Governo Ciampi nel 1993, l’Italia poté
entrare nell’euro e da allora ha perso il controllo dell’inflazione che è stato
demandato alla Banca Centrale Europea. Ma Proprio il controllo dell’inflazione interna
era l’arma con cui le parti sociali obbligavano i governi di allora a scendere
a patti. Infatti, quando c’era la lira, la politica salariale aveva riflessi
immediati sul tasso d’inflazione interno a causa dell’aumento del costo del
lavoro. A sua volta l’inflazione interna generava una svalutazione della moneta
che si ripercuoteva immediatamente sui tassi di interesse e, attraverso loro,
sulla spesa pubblica a causa dell’elevato debito pubblico. Ecco allora che la
contrattazione salariale, compito proprio delle parti sociali, aveva
un’influenza immediata sulle variabili macroeconomiche del paese. Da qui le
lunghe trattative salariali, l’intervento dei Governi e la ricerca di accordi
complessivi: in altre parole la concertazione, che ha avuto un ruolo rilevante
nel riportare il paese sulla giusta via. Ora questa situazione è cambiata. La
variazione del costo del lavoro non incide più sul tasso di inflazione interno,
perché è determinato dalla politica monetaria della Bce. Se il costo del lavoro
cresce eccessivamente a causa di accordi salariali, l’Italia non ha maggiore
inflazione, ma sono le imprese che perdono competitività e quindi rischiano di
chiudere. Ne risente direttamente l’occupazione e questo ha fatto sì che, a
livello aziendale, imprese e sindacati siano diventati molto più prudenti nella
determinazione dei salari e trovino più facilmente accordi, come si può
constatare, salvo poche eccezioni. Questa Nuova Situazione ha privato le parti sociali di
un’arma che avevano ai tempi della lira e li portava ad assumere il ruolo di
attori primari nella politica economica. Oggi l loro ruolo è ridimensionato, e
non possono più pretendere di negoziare parti rilevanti della politica
economica che resa appannaggio e responsabilità del Governo. Certo, possono
sempre criticare e proporre soluzioni diverse, come ogni altro esponente di
questo paese, ma hanno perso il potere di interdizione. In tale situazione, per
loro è meglio cercare di capire come fare per continuare a contare nel paese,
piuttosto che cercare di giocare un ruolo che non c’è più. E di cose da fare ce
ne sono tante. Le parti sociali potrebbero assumere direttamente il compito di
favorire il collocamento dei disoccupati sul territorio. Potrebbero gestire in
proprio la Cassa Integrazione Guadagni
come una mutua cooperativa senza pesare sulle casse dello Stato. Potrebbero
sostenere la nascita di nuove imprese creando incubatori industriali. Possono
infine negoziare forme contrattuali che favoriscano la crescita
dell’occupazione e della produttività a livello aziendale. Ma difficilmente
possono riesumare un processo come la concertazione che ha avuto il suo ruolo
nell’Italia della lira del secolo scorso.
Innocenzo Cipolletta – Si può fare – L’Espresso – 13 novembre
2014
Nessun commento:
Posta un commento