La Grande Confusione a cui siamo quotidianamente esposti
mi porta a riflettere sul percorso compiuto dal pensiero occidentale. La
mitologia greca, come quella biblica, narra che il mondo si è costituito con il
passaggio dal disordine all’ordine, dal caos primordiale al cosmo. Ora a me
sembra che l’attuale babele delle idee ci spinga nella direzione opposta, e
cioè a passare da quell’ordine che l’umanità ha sempre faticosamente cercato di
darsi a un nuovo perenne caos. Qualche vantaggio in tutto questo mi sembra
esserci nella possibilità di prendere le distanze da schemi prestabiliti di
pensiero, pregiudizi e preconcetti. Tuttavia la domanda che mi si impone è:
l’uomo è abbastanza maturo per questa sfrenata libertà di pensiero? A me pare
di no. E la continua svalutazione dei valori che erano stati posti a tutela del
vero e del falso, del bene e del male, ci lascia senza credibili principi
regolativi. L’esercizio della provvisorietà e dell’incertezza sarà anche
interessante, ma destabilizza, crea insicurezze e depressione, a cui il
fondamentalismo può dare forma di risposta. Per uscire dal nostro “stato di minorità
occorrerebbe maturare una piena consapevolezza del nostro essere al mondo,
emancipandosi dai tanti “si dice” per sviluppare un’autonomia di pensieri
slegati da ogni fideistica adesione. Ma questa autonomia è forse possibile o
addirittura augurabile? O aizzerebbe invece ulteriori conflitti tra le diverse
tendenze?
Sara Beghi unaluceverde@virgilio.it
Passare Dal Cosmo al caos non mi preoccupa, anzi. La
storia ha segnatoi suoi passi avanti solo attraversando stagioni di caos, che
non nascono per caso, ma perché l’ordine precedente non è più in grado più in
grado di contenere istanze nuove che si sono annunciate e, non avendo trovato
accoglienza, sono rimaste pure richieste senza risposte. Destituendo un ordine,
il caos porta con sé la svalutazione di tutti i valori che presiedevano
l’ordine precedente. La cosa non deve preoccupare. I valori non sono entità
metafisiche né postulati teologici che scendono dal cielo. I valor sono dei
semplici coefficienti sociali adottati da una comunità perché ritenuti i più
idonei a ridurre al massimo la conflittualità. Quindi niente di sacro o di
trascendente, e perciò di immutabile. (..). E fu proprio in quel periodo che
Kant, come lei ricorda nella sua lettera, parlò dell’Illuminismo, che era poi
la filosofia sottesa alla Rivoluzione francese, come “l’uscita dell’umanità da
uno stato di minorità”, che consisteva nel pensare non con la propria testa, ma
come l’ordine allora stabilito (dalla religione e dalla monarchia) voleva si
pensasse. Scrive in proposito Kant: “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo da una
condizione di minorità di cui egli stesso è responsabile. “Minorità è
l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di altri. Sapere aude. Abbi il coraggio di
servirti del tuo stesso intelletto! È questo il motto dell’Illuminismo”. Lei
domanda se siamo preparati per questa autonomia del pensiero. Dipende dal
livello culturale raggiunto da un Paese. E, diciamolo con chiarezza, in Italia
questo livello è davvero basso. Ma ciò non deve in alcun modo ostacolare
l’autonomia del pensiero, anche se, come scrive Marcello Veneziani nel suo
ultimo libro, Alla luce del mito
(Marsilio): “Il pensiero è disattivato, neutralizzato come in “modalità aereo”,
può funzionare solo se scollegato.” (..). E questa l’idea dei “piccoli uomini”
che postula Nietzsche in Così parlò Zarathustra.
Il loro ideale consiste in “una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la
notte, fermo restando la salute. Noi abbiamo inventato la felicità, dicono i
piccoli uomini, e strizzano l’occhio. Per cui”, conclude Nietzsche, “chi pensa
diversamente va spontaneamente in manicomio”. Eppure anche nella precarietà,
anche nell’incertezza, anche nel caos, o soprattutto proprio nel caos può
nascere una nuova storia perché, ce lo ricorda ancora Nietzsche: “L’uomo è un
animale non ancora stabilizzato”.
umbertogalimberti@repubblica.it
- Donna di La Repubblica – 1 aprile 2017
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