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martedì 4 aprile 2017

Lo Sapevate Che: Le gabbie per i pesci che puliscono il mare con intelligenza...



Allevare il pesce in gabbie marine intelligenti e ipertecnologiche: arriva dalla Puglia la risposta italiana all’invito lanciato dall’Unione europea di aumentare il ricorso all’acquacoltura per ridurre l’impatto ambientale della pesca sull’ecosistema marino. Si chiama S.e.a. (Security for marine Environment and Acquaculture) il progetto del Dipartimento di Ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento che aderisce alla “Strategia di crescita blu” dell’Ue. In Europa il 20 per cento del pesce consumato proviene da allevamento, come certifica il Fondo europeo per gli affari marittimi, e questo consumo è rimasto invariato dal 2000, mentre nel frattempo la produzione mondiale è cresciuta del 7 per cento. Su tale strada l’Italia avanza a fatica: il 70 per cento del pesce allevato arriva dall’estero, dice il ministro delle Politiche agricole, gli addetti alla maricoltura da noi sono appena 6.889 a fronte degli 85 mila europei. E se altri Paesi del Mediterraneo hanno capito l’importanza di questo mercato (in Marocco è imminente il rilascio di oltre duemila concessioni), in Italia le imprese attive nel settore sono appena un centinaio. Tra queste la Mareimpianti di Mattinata (Foggia), che ha aderito al progetto S.e.a., con il sostegno della società di ingegneria Apphia Srl del Cmcc (il Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici) diEngineering Spa, che si occupa di softwere, e di Tecno S.e.a.spin off dell’ateneo di Lecce. Le gabbie, in cui crescono orate, spigole e saraghi, hanno un diametro di 22 metri e profondità variabili tra 6 e 18 e sono dotate di telecamere e sensori in grado di monitorare le condizioni meteo marine e lo stato di salute dei pesci. “L’obiettivo è aumentare la sicurezza degli impianti, facilitare il lavoro degli addetti e migliorare la qualità del pesce allevato” spiega il responsabile del progetto Alessandro Zizzari, che lavora in stretta collaborazione con Angelo Corallo e Maria Elena Latino di UniSalento e Giovanni Coppini di Cmcc. Per valutare il salto di qualità reso possibile dalla tecnologia, basta pensare che negli allevamenti tradizionali sono i sub a controllare le gabbie palmo a palmo, restando per ore in mezzo ai banchi anche di 80 mila pesci, mentre l’uso di telecamere su verricelli, consente di valutare “da remoto” l’impianto, analizzando i report inviati tramite app sul cellulare degli addetti e disporre gli eventuali interventi di manutenzione in punti geolocalizzati, riducendo al minimo la presenza umana. Allo stesso tempo, i sensori permettono di monitorare le condizioni del mare, la temperatura dell’acqua, le correnti, le onde e la presenza di predatori. “Un ulteriore passo per ridurre l’impatto ambientale è raccogliere i residui e gli escrementi dei pesci” aggiunge Zizzari. “Per farlo a Mattinata, dove si producono 400 tonnellate di pesce all’anno e 500 chili di refluo al giorno, si proverà una gabbia con un ombrello nella parte inferiore, in cui si depositerà il percolato, che verrà poi utilizzato come concime.
Chiara Spagnolo – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica -31 marzo 2017-

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