L’Italia “è un Paese
sospeso. Da una
parte per la prima volta non solo gli antiproibizionisti storici ma anche
persone come Roberto Saviano, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti
o Raffaele Cantone sostengono la necessità di legalizzare la cannabis.
Dall’altra genitori terrorizzati dall’uso di canapa da parte dei loro figli,
probabilmente perché disinformati, chiedono sempre maggior repressione”. Franco
Corleone è una voce storica del dibattito politico e sociale sulle droghe nel
nostro paese. La sua prima proposta di legge per la legalizzazione risale agli
anni Novanta. La sottoscrissero 190 deputati. Guardando all’attualità dei
problemi legati alle sostanze, per i giovani, dalla diffusione di composti
chimici non tracciati alle ispezioni della polizia nelle scuole, osserva adesso
le risposte ancora zoppicanti di politica e istituzioni, e parla di un paese
sospeso, appunto tra “contraddizioni che sono frutto della mancanza di una
direzione chiara per lo sviluppo dei diritti e della libertà”. A quali contraddizioni pensa? “Abbiamo finalmente una proposta di legge sostenuta da 280
parlamentari. Firma. Abbiamo un contesto internazionale in cui i fallimenti
delle “war on drugs” stanno finalmente lasciando il passo alla legalizzazione,
dall’Uruguay ad alcuni Stati americani, fino al Canada, dove dovrebbero essere
presto presentati una stesura di un nuovo testo per la sicurezza urbana,
firmato dal ministro dell’Interno Minniti, che reintroduce, di fatto, le
sanzioni amministrative più gravi anche per chi soltanto detiene della
cannabis, come erano previste dalla Bossi-Fini. Sanzioni già bocciate dalla
Consulta. Sono costernato dall’osservare queste novità. Non trovo altro
aggettivo se non: costernato. Quante volte dovremo ripetere che la repressione
non solo non risolve il problema, ma lo aggrava? Quali sono le
conseguenze?
“Pensiamo al carcere, di cui mi occupo da anni. Bene: il 30 percento degli
ingressi e il 32 per cento delle detenzioni riguarda la violazione
dell’articolo 73, la norma che punisce lo spaccio ma anche la detenzione di
stupefacenti in misura superiore ai limiti, in gran parte. Sono numeri
impressionanti. E ancora come conseguenze, penso al milione di giovani, perché
si tratta soprattutto di giovani, fermati e segalati alle prefetture per l’art,
75 – possesso personale – dal q990 ad oggi. (..). La metà dei
giovanissimi che abbiamo sentito no si dice scioccata da queste ispezioni. “Quando facevo le superiori, noi
studenti non avremmo mai accettato accadesse. Non l’avremmo mai permesso. Ora
gli adolescenti non si ribellano. E quindi giustificano la non ribellione
dicendo: “ma sì, non è poi grave”. Forse le vittime reagiscono sempre in modi
diversi, certo. E forse la pressione di miti a buon mercato, di ritornelli sul
salutismo, ma soprattutto le proiezioni dei genitori, sempre più presenti
dentro le scuole, hanno cambiato la percezione dei ragazzi”. Cosa direbbe a
quei genitori angosciati dalla possibilità che i figli fumino marijuana o
altro? “Quello che dico da tempo. Ovvero che la legalizzazione della cannabis
sarebbe una protezione dei giovani, non un incentivo, perché smitizzerebbe la
pratica e permetterebbe un controllo sicuro della qualità dei prodotti. E non è
poca cosa. Direi loro di guardare alle esperienze in corso o alle statistiche
che ci arrivano da paesi come l’Olanda, dove il consumo della cannabis è
tollerato nei coffee shopormai dal 1976 e da allora il numero dei fumatori non
è aumentato.
Fancesca Sironi – Colloquio con Franco Corleone - Droghe Nuove dipendenze – L’Espresso – 9
aprile 2017
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