È rimasto ormai soltanto papa Francesco
a denunciare lo scandalo di un mondo che riempie gli arsenali mentre centinaia
di milioni di persone non hanno da mangiare. Tutti gli altri. I padroni della
terra, i G8 e i G20, i grandi e i piccoli media non spendono una parola o
un’inchiesta sul fenomeno più inquinante dei nostri, la folle corsa al riarmo.
Una ricerca del governo britannico, citata nel libro bianco della commissione
Juncker, diceva che le nove principali potenze militari del mondo (Usa, Cina,
India, Russia, Gran Bretagna, Francia, Giappone, Germania e Brasile) passeranno
da 1.400 miliardi all’anno di spesa per la difesa (dato 2012) a oltre 4.000 nel
2045. Ma dopo l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca, la stima deve
considerarsi ottimistica. In un solo anno il nuovo presidente ha aumentato del
10 per cento il budget militare Usa (più 54 miliardi, spingendo Cina e Russia a
imitarlo e chiedendo ai Paesi Nato di fare altrettanto. L’Italia, dodicesima
per spese militari, si è già messa sull’attenti, oltre ad aver votato contro il
disarmo nucleare ai tempi del governo Renzi e a partecipare in prima fila al
boom del commercio di armi. Così si spiegano i record delle industrie militari
quotate in borsa e forse molte altre cose. Questo strano terrorismo islamico
fatto di singolari fanatici religiosi, tutti ex galeotti con precedenti di
furbi e spaccio, ben noti alle polizie eppure liberi di circolare e procurarsi
armi. Queste misteriose risorse per finanziare partite nazionalisti che
esagerano il problema dei rifugiati (in Europa lo 0,2 della popolazione)
“mantenuti dagli Stati invece di pensare ai cittadini” e dunque chiedono il
raddoppio di spese per la sicurezza e la costruzione di costosissimi muri,
assai più onerosi dell’assistenza a poche migliaia di disgraziati. Le guerre degli
ultimi vent’anni alimentate da gigantesche campagne di fake news, come le
famose armi di distruzioni di massa di Saddam. Perché altrimenti, senza questa
industria della paura, sarebbe difficile spiegare ai cittadini che mentre sono
chiamati a sacrificare i diritti del lavoro, la pensione, la sanità e
l’istruzione, gli Stati aumentano ogni giorno le spese per armarsi, in un mondo
non più diviso in blocchi. O perché è un’utopia pensare d’investire decine di
miliardi nel reddito di cittadinanza e nella creazione di posti di lavoro, in
un’Europa con 120 milioni di cittadini a rischio indigenza, e invece sarebbe
buon senso spenderne centinaia per riarmare arsenali già sufficienti a
distruggere più volte il pianeta.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica – 7
aprile 2017 -
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