Etichette

martedì 11 aprile 2017

Lo Sapevate Che: Quanto dolore per un sorriso...



La strada che porta all’odontoiatria moderna è lastricata di cattive intenzioni, colpi di genio e truffe, suicidi e omicidi commessi per via di un brevetto. È uno tra i soggetti più affascinanti, e cruciali, nell’evoluzione della scienza medica, della nostra cultura estetica, igienica e alimentare. Eppure, gli storici della medicina non se ne sono mai interessati granché. Salvo poi – è il caso di Richard Barnett, docente di Storia della scienza a Cambridge e all’University college di Londra – sviscerante tutto il potenziale narrativo in un memoir di poco più di 250 pagine, molte delle quali occupate da illustrazioni; s’intitola Il sorriso rubato. Storia nobile (e atroce) dell’odontoiatria ed esce in questi giorni nel Regno Unito e in Italia per Logos Edizioni. “Questo libro” spiega Barnett “ è il terzo di una serie in cui ho esplorato l’incredibile e ricchissima collezione di immagini storiche della Wellcome Library di Londra. Il Primo. The Sick Rose, è dedicato alla storia delle malattie, il secondo, Crucial Interventions, alla rivoluzione chirurgica dell’Ottocento. Stavolta ho voluto affrontare un soggetto più intimo e sgradevole. Sul quale, peraltro, hanno scritto quasi solo dentisti, con un approccio eminentemente tecnico. Ho cercato di tracciare una storia culturale ed “emotiva” dell’odontoiatria, in parte ispirata al bellissimo lavoro dello storico Colin Jones, che in The smile revolution ha mostrato le affascinanti connessioni tra odontoiatria, alta società, arte e politica a cavallo della Rivoluzione francese. Barnett ci offre l’immagine di una scienza sempre in bilico tra cosmesi e medicina, impostura e progresso, rimedio e tortura. Perché l’odontoiatria diventi una disciplina preventiva bisogna attendere l’Ottocento. Cosa facevano i dentisti prima di allora? Per capirlo, correggete le immagini dei faraoni, dei monarchi e delle dame che popolano le nostre fantasie sul passato gli aristocratici egizi erano pieni di ascessi: la regina Elisabetta I aveva tutti i denti neri e al Re Sole, intorno ai 40 anni, non ne restava in bocca neanche uno. La ragione è che nell’antichità, e per tutta l’era moderna, la perdita dei denti era considerata parte dell’ineluttabile processo di invecchiamento. Dalla civiltà etrusca e romana ci giungono poni e dentiere in avorio o in legno di bosso, ma per lo più i trattati di medicina prescrivono rassegnazione e terapie del dolore. La bocca è pertinenza del cavadenti. Cerusino, mercante, saltimbanco, opera nei giardini pubblici, o durante le fiere, spesso accompagnato da ballerine e scimmie ammaestrate, con esiti non sempre risolutivi- Talvolta letali. Sarà il secolo dei Lumi – con il suo riguardo per il corpo – ad ammodernare questo personaggio rabelaisiano. I cavadenti comincia ad autodefinirsi dentiste (alla francese) e a sperimentare nuove tecniche, si ricava, a poco a poco, una nicchia nel mercato sanitario. Nasce l’odontoiatria preventiva (che all’estrazione preferisce, ove possibile, il salvataggio del dente) e arrivano le prime dentiere realistiche, in avorio o in osso. (..). Ma sarà l’anestesia a dare una vera identità professionale alla categoria, Pare che la prima evidenza sull’effetto narcotico si debba proprio a un mal di denti: nell’agosto del 1799 il chimico inglese Humphry Davy, tormentato dai denti del giudizio, decise di inalare tre dosi di un gas su cui stava conducendo degli esperimenti. Per qualche minuto il dolore sparì. Cinquant’anni dopo comparivano i primi anestetici generici. Non nei laboratori di medicina, ma negli studi dei dentisti americani. E siamo così giunti all’odontoiatria moderna. Alle otturazioni indolori, alla poltrona reclinabile, alla licenza appesa al muro. Nel Settecento il filosofo svizzero Johann Lavater sosteneva che una bocca sana annuncia un cuore onesto, mentre i denti marci indicano infermità o sentimenti ignobili. Ora a prescindere dalla pretesa di dedurre il carattere dai denti. Lavater ci ricorda che l’odontoiatria non è mai stata solo questione di denti. Ripercorrerne la storia significa seguire l’evoluzione della moda, dell’alimentazione e delle idee di bellezza e sofferenza. Resta ancora da capire perché il dentista continua a farci tanta paura. “Testa e bocca vengono percepite come centrali nel nostro senso del sé. Il dolore che rimbomba nel cranio sembra troppo vicino al centro della nostra personalità. E usiamo la bocca per attività talmente intime che permettere a un estraneo di violarla ci fa sentire terribilmente vulnerabili”.
Giulia Villoresi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 31 marzo 2017

Nessun commento:

Posta un commento