Vi Mando Questo
messaggio dalla soglia
dell’Apocalisse Bianca, potrebbe essere l’ultimo. Siamo a metà marzo e gli
occhi dei satelliti ci stanno informando che una tempesta di neve, con quella
neve carogna di primavera bagnata e greve, si sta addensando sulle nostre
malcapitate teste. Nessuno osa azzardare una previsione precisa, ma le ultime
stazioni radio e tv, i siti Internet ancora collegati, ipotizzano fino a un
metro di neve sopra la mia città, Washington, che un paio di volte all’anno si
dimentica di essere sulla stessa latitudine di Reggio Calabria e si crede in
Finlandia. E poiché nessun tele e radio giornale, nessun quotidiano, nessun
sindaco, nessun amministratore vuole essere sorpreso con le brache in mano, le
previsioni si aggravano di ora in ora. Da un momento all’altro, si attende
l’annuncio che branchi di mammuth, risvegliati da una nuova Era Glaciale, sono
stati avvistati attorno alla Casa, necessariamente, Bianca. Opportunamente
allettato, mi avvio al supermercato, luogo dal quale la dolce compagna della
mia vita tende a tenermi lontano nella certezza che riempirò il carrello di
roba inutile, ed è lì che tutta la gravità della situazione si manifesta.
L’imminenza del Nevone che risvegliato l’Uomo delle Caverne e la Donna delle
Caverne che sonnecchiano dentro ciascuno d noi. Eleganti mamme e distinti
professionisti dell’aria apparentemente evoluta parcheggiano i loro mostri a
sei, otto o dodici ruote motrici e si gettano all’assalto degli scaffali. Fanno
cozzare con clangore metallico carrelli colmi di pane a cassetta, barili di
latte, scatole di fagioli e piramidi di carta igienica, che mi riportano agli
anni incantevoli della Mosca sovietica, quando i rotoli apparivano nei negozi
imprevedibilmente e i moscoviti ne facevano razzia. Passano confezioni di uova
a dozzine e dozzine, una sopra l’altra, buste di bacon sufficienti da
ricostruire un maiale, barattoli di burro di noccioline. Addetti e assistenti
del supermercato circolano tra gli acquirenti del supermercato circolano tra
gli acquirenti per evitare almeno quanto accade a New York lo scorso anno,
nell’attesa di quell’altra Apocalisse Bianca che occupò i telegiornali per due
giorni, quando i compratori nel panico portarono via sfilatini di pane e
contenitori di latte dai carrelli degli altri. Non c’è assolutamente alcuna
spiegazione razionale a questa esplosione di panico. Anche le previsioni più
catastrofiche annunciano che la tempesta non durerà più di dodici ore e, subito
dopo, il sole già caldo di marzo farà il lavoro che abitualmente viene affidato
agli immigrati senza documenti. Almeno fino a quando Trump non li caccerà
tutti. Il Cavernicolo in noi non resiste all’istinto del branco. Il cervello
della lucertola guizza alla vista di quella fila di persone che riempiono il
carrello, fanno il pieno di benzina, acquistano candele e lampade a pila,
accumulano sacchi di sale antigelo, investono in pale e in piccoli spazzaneve a
motore. L’orgasmo altrui scatena il nostro, speculare, nel sospetto che quella
signora altezzosa, quell’uomo deciso che hanno accatastato abbastanza derrate
alimentari per sfamare un campo profughi a Darfur, sappiano cosa, segreti sulla
tempesta che noi, cavernicoli di seconda categoria, ignoriamo. Chili, quintali,
tonnellate di alimentari resteranno intatti, andranno a male o languiranno nel
fondo di una dispensa dove credo, ancora riposano fagioli e carne in scatola a
eterna conservazione che comprato prima dell’Apocalisse Bianca di sette anni or
sono. Ma così ci sentiamo pronti, preparati, protetti e insieme buoni
protettori per i nostri vecchi, i piccoli, i deboli. Venga pure l’Armageddon
dal cielo. Ho comprato anche due barattoli dei miei adorati cetriolini
sottaceto, per stare sul sicuro. Non vorrei essere sorpreso dalla fine del
mondo senza sottaceti.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 25
marzo 2017
Nessun commento:
Posta un commento