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sabato 22 aprile 2017

Lo Sapevate Che: Vi racconto cosa passa per la testa di u'ape...



“Il cervello di un’ape è grande quanto un seme d’erba, non è fatto per il pensiero” scrisse nel 1962 lo zooloogo Karl von Frisch, premio Nobel per aver decifrato il significato della “danza delle api” e aver fondato-l’etologia. Cinquantacinque anni dopo, Lars Chittka, della Queen Mary University di Londra, ha scoperto che i bombi, parenti delle api, “giocano a golf”, ovvero in cambio di un po' di zucchero imparano a spingere una palla in una buca, dopo aver visto un finto bombo fare altrettanto ed essere premiato. Il che, secondo Chittka, “seppellisce l’idea che le api siano mosse solo dall’istinto: hanno invece le capacità cognitive necessarie per imparare a usare strumenti che non impiegano in natura”. Chi ha ragione tra Von Frisch e Chittka? L’abbiamo chiesto alla massima autorità in materia, Randolf Menzel che, con il giornalista Matthias Eckoldt, ha sintetizzato il suo mezzo secolo di ricerca in L’intelligenza delle api (Raffaello Cortina editore). “L’esperimento di Chittka non mi ha convinto, perché per le api e i bombi è istintivo spingere oggetti” dice Menzel. “ma certo il comportamento delle api, e soprattutto delle bottinatrici, quelle che visitano i fiori, non è puro istinto: molto dipende dall’apprendimento”. Proprio la necessità delle api di apprendere e ricordare ha spinto Menzel a studiarne il cervello. “Noi abbiamo 86 miliardi di neuroni, loro solo un milione: sono quindi un modello ideale p”. Il problema è che il cervello di un’ape è grande un millimetro cubo: per studiarlo Menzel ha perciò dovuto inventare nuovi strumenti e metodi per visualizzare l’attività dei neuroni senza uccidere l’animale, per esempio tubicini di vetro pieni di liquido salino così fini da poter misurare il potenziale elettrico di una singola cellula. “Così abbiamo scoperto che anche per le api, come per noi, l’apprendimento è spinto dagli stimoli piacevoli. (..). Attraverso esperimenti abbiamo mostrato che le bottinatrici creano nei corpi fungiformi una mappa mentale di un’area di molti chilometri intorno al favo, un po' come noi facciamo nella nostra città. Questa mappa ha come punto di riferimento la posizione del Sole, che l’ape aggiorna di continuo nel suo cervello, finché è sveglia: api anestetizzate per sei ore, cercando di andare verso gli ultimi fiori su cu erano state sbagliavano direzione di 90°, perché la loro bussola si era sfasata”. È grazie a questa mappa mentale che le api possono comunicare alle altre la posizione dei fiori o dei potenziali nuovi nidi con la famosa danza: camminando fra le altre in linea retta e facendo vibrare addome e ali, informano le compagne su posizione, distanza e bontà dell’oggetto segnalato. La danza ha permesso a Menzel di capire anche come funzioni l’intelligenza collettiva delle api, che fa muovere la caloria come un “superorganismo”. “Le operaie sanno di quale cibo ci sia bisogno in ogni momento: polline o nettare zuccherino oppure acquoso. Quando arrivano le bottatrici le operaie assaggiano quello che queste offrono e scaricano più velocemente quelle con il cibo “giusto”. Se una bottinatrice viene ignorata, allora va da una delle api con il carico giusto, o assaggia e segue la sua danza, per andare anche lei alla sorgente del cibo che serve”. La scelta di un nuovo posto dove stabilirsi è un esempio di intelligenza collettiva e democrazia diretta: se le operaie percepiscono sovraffollamento producono altre regine e fuchi. Quando la nuova regina fecondata arriva nell’alveare, la vecchia se ne va seguita dai fedelissimi. “Le bottinatrici esplorano il terreno e segnalano, danzando, i luoghi possibili. Altre api vanno a verificare e, se il posto piace, tornano e si associano al ballo. Solo quando tutte le api danzano all’unisono, lo sciame parte verso il nuovo nido. Insomma le api sono i cervelloni del mondo degli insetti, ed è amaro constatare come sia proprio questo a metterle in difficoltà oggi. “Nel 2002 un produttore di insetticidi neonicotinoidi mi chiese di verificare l’effetto sulle api: mostrai che anche dosi minime interferivano con la loro memoria, facendogli perdere la strada di casa e portando alla rovina l’intera colonia. Eppure i neonicotinoidi sono diventati i più usati al mondo, e milioni di colonie di api sono state distrutte”.
Alex Saragosa – Scienze –Il Venerdì di La Repubblica – 14 aprile 2017

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