“Bullshit” (“cazzate”), diceva un anno fa Naji commentando le promesse
di accordi relativi alla possibile sospensione dei bombardamenti sulla Siria,
mentre insieme guardavamo un video girato da un drone sulla città di Homs, la
sua città, completamente rasa al suolo. Naji l’ho conosciuto sull’isola greca
di Chios con la moglie Ola, quasi due anni fa. Chirurgo lui, dentista lei,
erano arrivati lì dalla Turchia con un gommone, insieme ad altri siriani in fuga.
Mi aveva raccontato del regime di Assad e dell’efferatezza dell’Isis, di come i
civili fossero colpiti quotidianamente dai bombardamenti, di come fosse
impossibile pensare a un futuro in patria anche per una coppia di dottori
(categoria pregiata e trasversalmente utile in pace e in guerra). Dopo aver
ottenuto l’asilo politico in Germania, il Paese che si avvarrà dei loro talenti
e nel quale stanno per mettere al mondo una bambina, Naji e Ola sono venuti a
Roma l’anno scorso per San Valentino, come una coppia di turisti qualsiasi.
Anche quella volta, parlando del loro Paese, non avevano dubbi nel descrivere
Assad come il principale responsabile del disastro, e con lui chi lo sostiene.
Mohammed, di Homs anche lui, conosciuto durante i mesi in cui è rimasto
bloccato con la famiglia nel fango di Idomeni, tra Grecia e Macedonia, grazie
all’accoglienza europea di quei giorni tentennava circa la scelta fatta di
scappare. “Se avessi saputo che sarei venuto a morire di freddo in Grecia,
sarei rimasto a morire sotto le bombe in Siria”, mi disse salutandomi. Le
ultime notizie me lo hanno dato a Salonicco, con tutta la famiglia, nell’ambito
del programma di relocation al quale
hanno aderito. Osama, siriano di Aleppo incontrato tra i lacrimogeni delle
quotidiane battaglie della Jungle di
Calais, sulle responsabilità di Assad non ha mai avuto dubbi. Oggi vive
contento a Milton Keynes, Inghilterra, dove è riuscito ad arrivare imbarcandosi
di nascosto il giorno in cui gli inglesi votavano la Brexit. Quelle citate sono
tre delle tante testimonianze raccolte tra le frontiere d’Europa, racconti di
vita di persone incontrate nell’arco di due anni in posti diversi alle
devastanti immagini di civili e bambini uccisi da armi chimiche. Penso a loro
che guardano quelle immagini. Loro messi al bando in quanto siriani dagli sessi
Usa che ora bombardano chi li ha costretti alla fuga. Loro che almeno hanno
avuto la fortuna di fuggire e che ho avuto la fortuna di incontrare. Loro che,
una vola lontano da tanto orrore, hanno dovuto superare qui da noi, in Europa,
altre indescrivibili prove di sopravvivenza. Loro che difficilmente ne
capiranno mai il motivo.
Diego Bianchi – Il Sogno Di Zoro – Il Venerdì di La
Repubblica – 14 aprile 2017 -
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