Gli Italiani Sono sani come pesci. Ma a loro insaputa.
Il recentissimo Global Health Index stilato da Bloomberg proietta il Belpaese
in testa alla classifica della buona salute. E tutto per merito della dieta
mediterranea. Che rende sani e longevi anche senza essere ricchi. Infatti,
nella hit parade della grande agenzia di comunicazione americana, lo Stivale
salta paesi come Stati Uniti, Germania, Australia e Olanda che hanno Pil molto
superiori al nostro, ma anche potenze gastronomiche come Francia, Giappone e
Cina. Insomma, se scoppiamo di salute, nonostante la crisi, la disoccupazione,
lo stallo economico e il debito pubblico, il merito è soprattutto del nostro
modo di vivere. Fatto di buon cibo, ritmi umani, convivialità, passione per la
buona tavola, capacità di sdrammatizzare, che fanno bene al fisico e al morale.
Perché mantengono in equilibrio essere e benessere. Insomma quella vocazione
alla dolce vita che tutti ci riconoscono. Non a caso la dieta mediterranea è
stata scoperta proprio in Italia, da Ancel e Margaret Keys, gli scienziati
americani che negli anni Cinquanta studiarono l’alimentazione degli operai
napoletani dell’acciaieria Italsider e scoprirono il paradosso del secolo. Gli
squattrinati lavoratori partenopei, che a stento riuscivano ad arrivare a fine
mese, erano di gran lunga più sani dei facoltosi manager americani che i Keys
monitoravano contemporaneamente. Come dire che legumi, extravergine, cereali,
frutta, verdura e vino erano molto meglio di carne burro, formaggi, uova e
bacon. Inoltre Ancel e Margaret consideravano l’abitudine italiana di comprare
tutti i giorni il pane fresco un modello da imitare, e condannavano senza
appello la moda anglosassone di quello a lunga conservazione. Allora sembrò un
estremismo dietetico che, dopo gli stenti della guerra, nessuno era disposto ad
accettare. Ma i due non fecero una piega e per definire il nostro stile di vita
si inventarono l’espressione “dieta mediterranea”. Quella che adesso i
ricercatori di Bloomberg considerano la ragione principale della nostra pole
position. E che le grandi agenzie internazionali hanno trasformato in un mantra
nutrizionale. Dall’Unesco, che nel 2010 ha proclamato la dieta mediterranea
patrimonio dell’umanità, alla Fao, che l’ha definita il regime alimentare del
futuro, in grado di nutrire il pianeta senza esaurirne le risorse, Ma i
risultati dell’health index hanno anche un altro merito. Quello di sfatare un
luogo comune diffuso e resistente, secondo il quale le italiane che lavorano
avrebbero condannato le famiglie al junk food e alla western diet, cioè quella
dei manager americani, messa sotto accusa dai Keys. Ed è quel che sta emergendo
anche da uno studio del MedEatResearch, il Centro di ricerca sociale sulla
dieta mediterranea dell’Università Suor Orsola Benincasa, che dirigo con
l’antropologa Elisabetta Moro. Dai primi dati affiora che non c’è nessun
rapporto di causa effetto tra l’occupazione delle madri e le abitudini
alimentari dei figli. Tanto è vero che i ragazzi che mangiano meglio, seguendo
la piramide della dieta mediterranea, hanno, nella stragrande, maggioranza dei
casi, mamme che lavorano a tempo pieno. Probabilmente se intervistassimo quelle
donne, scopriremmo che comprano verdure già lavate, hanno il freezer pieno di
contorni pronti, lottano con i pargoli per convincerli a far colazione la
mattina, a mangiare legumi e petto di pollo al posto di hamburger e salsicce, a
bandire dalla tavola le bibite gassate. Una guerra quotidiana che costa una
fatica immane, spesso non riconosciuta. Ma alla fine produce risultati
strepitosi come quelli certificati da Bloomberg. Che, va detto, aumentano anche
il soft power del paese. Quella buona reputazione di cui l’Italia ha bisogno
come l’aria.
Marino Niola – Opinioni – Donna di La Repubblica – 8 aprile
2017 -
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