Noi Siamo La generazione dei ventenni. Quelli che
sono nel limbo del tempo, troppo piccoli per essere credibili davanti alla
società e troppo adulti per vivere spensierati come bambini. Abbiamo fame di
vita e voglia e voglia di essere, di farcela, di affermarci. Ma come la cultura
del fast, veicolata dai media e resa possibile dalla tecnologia, anche noi
vogliamo essere qui e ora. Vogliamo arrivare. Concretizzarci. Siamo impazienti.
Di diventare, di affermarci, di vederci adulti padroni delle nostre sfere
indipendenti. Forse abbiamo perso il valore del tempo Perché costruiamo le
nostre giornate in modo dinamico e le riempiamo di appuntamenti, di scambi, di
condivisioni. Ci accusano che facciamo poco. Ma probabilmente in realtà è vero
il contrario. Facciamo troppo. Siamo così presi dalla smania di arrivare che
saltiamo i passaggi, perdiamo la bellezza del ritmo della vita. Così, ci
ritroviamo in lavori part time a seguire più progetti contemporaneamente.
Usciamo con più di una persona perché dobbiamo amplificare tutto, andiamo a più
di una festa perché dopo un po' la stessa ci annoia. Per vincere
nell’affermazione rispetto agli altri e al mondo, dobbiamo essere chi prova
meno intensità nel sentimento, chi riesce a scappare e a distaccarsi, chi sa
vedere con lucidità e freddezza quello che ha di fronte. Come se l’amore si
fosse svuotato delle sue connotazioni idilliache e idealizzanti e fosse
diventato solo questo, un punto di arrivo. Una sensazione controllabile da
provare con lucidità. Una meta da raggiungere attraverso un comportamento
strategico e preimpostato. Noi che dovremmo vivere nei nostri anni più
spensierati e irrazionali, ballando con il cuore. In mezzo a tutto questo
cinismo ci siamo persi forse il senso del cammino? La piacevolezza di muovere i
piedi un passo alla volta. Di perdersi mentre si cerca la propria “Itaca” di
cui parlava Kavafis e magari rendersi conto che Itaca potrebbe essere proprio
questo, la strada. Il viaggio. Lucrezia Villalta lucreziavillalta@gmail.com
Se Ascoltassimo Di Più i giovani quando si descrivono, li
capiremmo più di quando leggiamo le considerazioni di psicologi, sociologi,
insegnanti, educatori che parlano di loro. I genitori non li metto in conto,
perché quando i ventenni di oggi erano bambini non li hanno ascoltati, eppure
quei bambini avevano tante domande da fare e tanto bisogno di riconoscimento.
Ma non si aveva mai tempo di prestare attenzione ai loro scarabocchi, ai loro
disegni, alle loro domande nella stagione dei perché. E così, sostanzialmente
inascoltati, sono cresciuti sfiduciati nella possibilità di suscitare un minimo
interesse nei genitori. E, sempre più chiusi in sé stessi, hanno scelto la via
del silenzio diventando enigmatici. A questo punto i genitori si sono
interessati dei figli, si sono preoccupati, hanno provato a parlare con loro,
ma ormai era tardi. Il silenzio e gli sguardi che non si incrociano mai erano
diventati la regola di questa faticosa convivenza. (..). La realtà, infatti, ha
lo spessore della materia che chiede tempo per essere lavorata e metter capo a
un’opera d’arte. La virtualità non ha questo impedimento e brucia il tempo
nell’attimo, così come brucia il travaglio della passione, da cui prende avvio
quella bozza di sentimento che affascina e tormenta, e da cui scaturisce
l’entusiasmo dell’esaltazione e lo sconforto della malinconia che assillano
nell’incertezza. E allora, dice la ventenne che scrive questa stupenda lettera:
noi ci affidiamo al cinismo, al controllo dei sentimenti, affinché la loro
oscillazione e il loro tormento non impediscono l’auto-affermazione. Ma così
perdiamo il gusto della vita e ci muoviamo verso le nostre mete con la velocità
del viaggiatore che conosce solo il punto di partenza e di arrivo, per cui le
terre che attraversa non esistono, perché per lui conta solo la meta, e non
quello che offre la via. (..). Fuor di metafora, è la vita stessa lo scopo, e
non la vita in funzione degli scopi da raggiungere, che altro non sono che
inganni per vivere di chi ha già smarrito il piacere dell’esistenza. Non
accelerate il tempo, cari giovani. È l’unico dono che la vita ci offre per
assaporare la nostra esistenza.
umbertogalimberti@repubblica.it – Opinioni – Donna di La Repubblica
8 aprile 2017
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