Del Piccolo Principe, o almeno dell’idea immaginaria che di
lui ci siamo fatti, Emmanuel Macron ha l’aspetto e il portamento. Nel paragone
lo aiuta l’età, visto che compirà 40 anni nel prossimo solstizio d’inverno. Per
il resto è tutto il contrario del candidato ideale in tempi di populismi e
convinzioni radicali: è un centrista moderato, crede nell’Unione di Bruxelles,
ha fatto le “scuole alte” come Sciences Po e L’Ena, dunque appartiene alle
aborrite élite. Anzi peggio: è stato anche banchiere d’affari chez Rothschild.
Per difendersi dall’attacco concentrico dello zar di tutte le Russie, del
sultano neo ottomano e del tycoon americano, che hanno l’intento nemmeno troppo
nascosto di smembrarla, Europa sembra proprio volersi affidare a questo
ragazzino scovato ad Amiens, nord della Francia, dipartimento della Somme,
“terra di nuvole e di cimiteri di guerra, come ha detto lui stesso evocando i
campi di battaglia coi milioni di morti dei conflitti che hanno insanguinato il
Continente, Macron incarna il classico enfant prodige di provincia, di gentile
aspetto, minuto e rispettoso, naturalmente un genio a scuola e nelle attività
collaterali, compresa la precoce inclinazione verso il teatro. Il ragazzo che
tutte le madri vorrebbero come genero se non fosse che l’unica stravaganza in
una biografia altrimenti noiosamente esemplare sta nella scelta di una
potenziale madre come moglie: Brigitte Trogneux, la sua professoressa di
recitazione, più “agée” di 20anni. La quale per lui ha lasciato marito, tre
figli. E immaginarsi lo scandalo. Il Piccolo principe di Amiens sarebbe stato
il peggior vassallo che Europa poteva scegliersi in tempi normali. Ma in tempi
eccezionali l’incredibile diventa vero. E una serie di circostanze favorevoli
ne fanno l’opposto l’unico paladino a cui affidarsi. Per accettare l’assunto
bisogna digerire alcuni paradossi e abbandonare luoghi comuni, convinzioni
radicate. La Francia è la terra della Révolution, della Comune di Parigi, del
Sessantotto. Insomma: delle grandi contrapposizioni. Forse il luogo dove ha
avuto più senso il dualismo destra-sinistra. Tanto da essere indicata come il
Paese di una guerra civile perpetua (e per fortuna quasi sempre incruenta).
Nella Quinta Repubblica i malcapitati candidati centristi non sono mai riusciti
a fare breccia ed arrivare almeno al ballottaggio per l’Eliseo anche quando
avevano dietro un partito del 18 per cento (vedi Francòis Bayrou). Stavolta,
per contenere la straripate Marine Le Pen, alle primarie sia la destra (i
Républicains), sia la sinistra (i socialisti) hanno scelto candidati se possibile
ancora più nettamente connotati, radicali del loro campo, come François Fillon
e Benoit Hamon. Ma il primo si è suicidato politicamente, causa allegra
distribuzione di soldi pubblici ai suoi cari. Il secondo sconta la perenne
frantumazione della sinistra, dovrà dividere il consenso col tribuno Jean-Luc
Mélenchon, con la prospettiva della sconfitta per entrambi. Così il centrismo,
categoria aborrita in Francia, trova l’insperato spazio col movimento “En
marche”, fondato solo un anno fa, e col suo Piccolo principe di approdare al
secondo turno. Non solo: di arrivare alla presidenza perché scatterà, almeno
così dicono i sondaggi, la pregiudiziale democratica contro Marine Le Pen e
molti sceglieranno Macron pur turandosi da Piccolo Principe principe ragazzino
in Monarca, repubblicano, quale è sempre stato chi siede all’Eliseo (salvo
forse per la parentesi del pallido presidente “normale” Hollande), addirittura
con maggior polso visto che lo aspetta un compito titanico, difendere l’Europa
dagli assalti non di Zeus (come vuole la mitologia) ma di Putin, Erdogan e
Trump. Dovrà aspettare l’autunno e guardare a Berlino per stabilire un’alleanza
con chiunque siederà alla cancelleria, Merkel o Schulz. Da bravo studente, lo
aiuterà la storia. Proprio dalle sue parti, nella prima guerra mondiale, poco
più di cento anni fa, nel 1916 si combatté la battaglia delle Somme con più di
un milione di morti tra anglo-francesi e tedeschi che si fronteggiarono. Fu una
delle cause remote per cui l’Europa sembrò indispensabile. Chi è nato ad Amiens
lo sa bene.
Gigi Riva – Il nuovo Risiko – L’Espresso 2 aprile 2017 -
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