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sabato 1 aprile 2017

Lo Sapevate Che: Che sorpresa entrare nella casa degli dei...



Immaginate Di Entrare in un luogo segreto dove da decine di milioni di anni non succede nulla. Niente di niente. Tutto è rimasto fermo, immobile, fossilizzato come in un fotogramma. È come se vi trovaste a entrare in un tempio dove la natura ha espresso nell’eterno silenzio la sua sacralità più profonda. Queste sono le nostre sensazioni quando nel 2013, durante una spedizione dell’Associazione Esplorazioni Geografiche La Venta, ci siamo affacciati all’ingresso di una grotta sugli altipiani rocciosi dell’Auyan Tepui, la Montagna del Diavolo, nella regione della Gran Sabana, in Venezuela. Questa grotta la sospettavamo, la cercavamo da anni, nonostante la scienza ci dicesse che la sua esistenza era improbabile. Una caverna scavata dall’acqua nella quarzite, la roccia più difficile da alterare proprio perché composta per il 95% di durissimo quarzo, non era prevista nei manuali di geologia. Eppure queste montagne, famose per le altissime cascate come il Sato Angel (979 metri di caduta libera), sono tra le più antiche della Terra. La roccia che ne costituisce le pareti ha 1,7 miliardi di anni, mentre i massicci si sono elevati nelle pianure circostanti non meno di 100 milioni di anni fa. È sempre e solo una questione di tempo, e l’acqua è in grado di scolpire qualsiasi materiale, formando anche queste grotte rarissime, le più antiche conosciute. Varcando la soglia di questo tempio ci siamo trovati di fronte a oltre 20 chilometri di gallerie, scavate nella quarzite di color rosa. E abbiamo dovuto dimenticare tutto quello che avevamo imparato sulle grotte nelle tante spedizioni e ricerche dei decenni precedenti. Una cavità come questa non ha niente a che vedere con le classiche caverne carsiche scavate nelle rocce calcaree, come Frasassi e Castellana: tutto quello che abbiamo incontrato là sotto è profondamente diverso da quello che gli speleologi avevano scoperto fino a quel momento. Nella grotta venezuelana tutto si basa sul silicio, un elemento che forma il quarzo ma anche l’opale e altre strutture chimiche particolarissime. Avanzando ci siamo trovati a osservare stupiti meravigliose cristallizzazioni, ma anche formazioni simili a funghi o uova gigantesche che era impossibile spiegare con processi puramente fisico-chimici senza l’intervento di qualche essere vivente. Abbiamo attraversato torrenti rosso ambrato, per poi trovarci di fronte a laghi iridescenti blu-azzurro. Tutto ci suggeriva che qualcosa di invisibile e vivo avesse forgiato quelle formazioni bizzarre e colorato così intensamente quelle acque. In seguito a tale scoperta, allo stupore iniziale è sopraggiunta la voglia di capire, e quindi la rigorosa ricerca scientifica. Con un team coordinato dall’Università di Bologna e dal Kaust dell’Arabia Saudita abbiamo cominciato a studiare questi ambienti per capire quali forme di vita vi si nascondono. I primi risultati ci dicono che queste grotte sono abitate da colonie di diversi tipi di batteri, di cui una grande percentuale sconosciuta, che in milioni di anni sono riusciti a modificare l’ambiente e con ogni probabilità anche se stessi, divenendo capaci di proliferare nelle condizioni di oscurità perenne e assoluta. Ancora molto rimane da investigare, ma è evidente che questa grotta è un vero e proprio scrigno dove sarà possibile studiare l’evoluzione della vita in condizioni particolarissime. Per questo, dopo aver condiviso scoperta e ricerche con gli indigeni Pemòn, che vivono alla base della montagna, abbiamo deciso insieme di chiamare la grotta Imawari Yeuta, che significa nella loro lingua “Casa degli Dei”. E così il rispetto e la meraviglia che uno scienziato come me può esprimere per un luogo come questo si tramuta in una sensazione di sacro, come se stessimo veramente varcando le porte del tempo.
Francesco Sauro – Opinioni – Donna di La Repubblica – 25 marzo 2017- 

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